Capitolo 12

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Christian non era mai stata una persona particolarmente empatica nei confronti di quelle persone che non rientravano nella sua cerchia stretta di amici.

Mattia, lui, lo conosceva a malapena. Eppure non riusciva a non sentire una stretta soffocante allo stomaco quando gli rivolgeva anche solo un'occhiata, viste le condizioni in cui era.

Mattia.
Mattia, che sembrava una bambola di pezza, mentre stava seduto composto e rigido sul divano, con degli occhi che avevano un'espressione così vacua da mettergli i brividi.
Mattia, che era pallido come un cadavere, dopo la crisi che aveva avuto. Di tanto in tanto, intravedeva sulla sua fronte goccioline di sudore freddo, vista la situazione a dir poco stressante che aveva appena vissuto.
"Sto bene" aveva esordito piano, con un tono di voce così basso che, probabilmente, se non fossero stati a pochi centimetri di distanza in più, non lo avrebbe sentito di sicuro.
Gli occhi, ancora piantati sulle sue mani intrecciate sul grembo, trovarono il coraggio di puntare la loro attenzione su Christian, che aveva persino trattenuto il respiro per poter sentire ciò che l'altro aveva da dire, mentre quest'ultimo aveva continuato a parlare, "Non c'è bisogno che ti preoccupi o che ti infili in questo per dei meri sensi di colpa. Sto bene."

Ed al moro- al moro gli si mozzò il respiro nel realizzare che ciò che stava facendo non era dettato da senso di colpa, ma da genuina preoccupazione.
Non replicò alla sua affermazione, palesemente non veritiera. Piuttosto, gli porse un bicchiere colmo d'acqua fino all'orlo, "Bevi un po' d'acqua" lo incitò, forzando un sorriso malgrado il nodo alla gola, "Ti aiuterà un po', hai le labbra secche."

Mattia non replicò. Buttò giù il contenuto del bicchiere in un sorso, per poi ripuntare gli occhi a terra, "Posso andare, adesso?"

Christian era perfettamente consapevole di non poter fare niente per lui. Non lo conosceva, non sapeva come prenderlo (a meno che non si trattasse strettamente dell'ambito sessuale), non sapeva se lui fosse l'unica causa di questo suo star male, né come poter intervenire.
Non aveva senso che stesse da lui, sebbene fosse ciò che voleva più di ogni altra cosa, in quel preciso istante.
Voleva che stesse lì per poter vegliare su di lui, per potergli stare accanto.
Ma, dal punto di vista razionale, non aveva alcun senso.
Perciò, propose un compromesso, "Nessun problema" replicò, "Però ti accompagno io. Ovunque tu voglia andare, ti ci porto io. Nessun problema di distanza. Anche se volessi andare in Messico" continuò a parlare, concludendo il suo piccolo monologo con una battuta - anche se effettivamente veritiera, lo avrebbe accompagnato ovunque avesse voluto, in quel momento - nella speranza di farlo sorridere almeno un po'.
Per fortuna, ottenne l'effetto desiderato e sorrise di rimando.

"Voglio andare da Lu" aveva mormorato allora il biondo, con una voce così sottile che pareva cento volte più piccolo di quanto non fosse già, mentre si raggomitolava su se stesso.
Lu che Christian identificò immediatamente come Luigi, quel ragazzo che aveva incontrato in discoteca, che, all'inizio della serata, si era mostrato tanto gentile, affabile e cordiale, per poi deformarsi con rapidità in una maschera di rabbia, mentre lo picchiava con tutta la forza che aveva in corpo - E con ragione, aggiunse una voce della sua coscienza che, se possibile, lo fece sentire ancora più in colpa.

"E dov'è Luigi, adesso?"
"A casa."
"A casa sua?"
"No" lo corresse Mattia, "A casa nostra."
Nostra.
Christian non seppe darsi una spiegazione razionale, ma quel plurale gli fece provare una strana invidia nei loro confronti.
Lui, la condivisione, era reticente a viverla. Persino con sua sorella, che era la persona che adorava di più al mondo.

Si passò una mano sul viso, nel tentativo di scacciare quel pensiero, "E dov'è che vivete?" continuò a chiedere, cercando di mantenere un tono il più dolce possibile.
Eppure, il biondo pareva nuovamente impallidire, prima di scuotere la testa con frenesia - panico. "Non voglio andare a casa" gli aveva detto, con tono allarmato e gli occhi leggermente sgranati, "Non voglio."

E Christian sì, che se n'era accorto, ma aveva deciso di non fare domande in merito, per non risultare troppo inopportuno, "Okay" concesse, con tono calmo, "Ma vuoi Luigi."
"Non voglio Lu lì. Non ci voglio stare neanche io."
"Va bene, va bene. Fallo venire qui, allora. Chiamalo pure, non c'è problema."

Mattia sfilò il telefono fuori dalla tasca della felpa, per poi alzarsi a fatica. Il maggiore si avvicinò per aiutarlo, ma l'altro sorrise forzatamente e con un cenno della mano lo fermò, "Sto bene" lo rassicurò.
Ci mise un po', ma poi si dileguò nell'altra stanza.
Fece ritorno poco dopo, con il telefono in mano, in cui lampeggiava il fatto che la chiamata fosse ancora attiva, "Mi ha detto che sta arrivando" esordì, "E che vuole parlare con te" continuò a parlare, porgendoglielo.

Il moro forzò un sorriso, prendendo in mano il cellulare, "Pronto?"
"Che cazzo gli hai fatto?"
Christian avrebbe voluto fare una battuta sarcastica, chiedergli come fosse possibile che tutte le colpe ricadessero automaticamente su di lui. D'altro canto, la voce dall'altro capo del telefono non gli sembrava così ben disposta a sentirsi in risposta un qualcosa di ironico ed, inoltre, per quanto gli dolesse ammettere, fino a quel momento la colpa era davvero sempre stata la sua.
"Niente" si limitò a rispondergli, quindi.

"Non ti credo."
"Non mi credere pure, ma, anche se gli ho fatto qualcosa, non ne sono neanche consapevole."

In risposta, sentì un sospiro, "Lascia stare, sto arrivando" fu la replica, prima che il telefono gli venisse chiuso in faccia.

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Bella raga, buona Pasqua, buona Pasquetta e cose varie.

Sono alle cascate di Nulvi (un posto vicino a casa mia), quindi capirete che non ho tantissimo tempo per scrivere un angolo autrice, ma mi sono resa conto che in quello del capitolo precedente ho scatenato un po' il panico e ci tenevo a dire che le cose ora come ora le cose vanno meglio

Biscottini a tuttə,
Gaia

Lollypop || Zenzonelli/Matian AUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora