Il concerto

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"Theresa?"

"..."

"Theresa!"

"..."

"Theresa, per l'amor del Signore, scendi da quell'albero! Devi prepararti per il tuo matrimonio ed è già tardi!" esclamò la madre marcando con particolare attenzione l'aggettivo "tuo".

Era infatti da quella mattina, o almeno da quando la madre si era svegliata, che Theresa era rimasta appollaiata su un ramo della quercia, senza dare segni di vita o di voler scendere da quel ramo.

Continuava a guardare il cielo, le nuvole che vi scorrevano, gli uccellini sui rami che cinguettavano allegri, le foglie nate da poco illuminate dai raggi del sole; o almeno così sembrava alle persone che passavano per il giardino e la scorgevano.

La sua mente, completamente distaccata dal suo corpo, era intenta a rivivere gli avvenimenti della sera precedente.

Si era alzata nel bel mezzo della notte, quando finalmente tutte le voci che quel pomeriggio avevano invaso la casa si erano spente.

Lentamente si era alzata dal letto e, rimanendovi seduta, aveva fissato ogni angolo di quella camera.

Le sarebbe piaciuto poter dire che in quel momento iniziava a rimembrare quando, nei giorni di pioggia della sua infanzia, giocava in quella stanza allegra e spensierata, ma sarebbe stata solo una grande bugia.

Quelle memorie appartenevano a delle mura che, ormai, non erano che macerie.

Fu in quel momento che Theresa realizzò di non avere dei ricordi speciali legati a quel posto; l'unica cosa che le veniva in mente erano le sere passate a fissare il soffitto mentre aspettava che Morfeo l'avvolgesse nel suo morbido abbraccio e la trasportasse nel suo regno dei sogni.

Così si alzò definitivamente dal letto, camminò fino alla porta e, dopo aver dato un ultimo sguardo a quella stanza, se ne andò.

Passò un buon quarto d'ora a girare per la casa, entrando nelle stanze, fissandole a vuoto per qualche minuto per poi uscire e passare alla stanza successiva.

Una persona esterna, vedendo quella scena, non si sarebbe fatta problemi a prenderla e portarla in un manicomio; ma Theresa non era pazza.

Stava semplicemente salutando la sua casa; sapeva che il giorno dopo sarebbe stata troppo impegnata e accerchiata per farlo propriamente.

Lasciò per ultima la sua stanza della musica.

Un onda di ricordi la travolse appena vi mise piede.

La prima volta che le corde del suo violino erano state sfiorate dall'archetto, la frustrazione che aveva provato ogni volta che non era stata in grado, all'inizio, di suonare una melodia; subito sostituita dal desiderio e determinazione di farcela. I pomeriggi passati ad improvvisare, a mescolare melodie famose; una volta aveva addirittura provato a scriverne una sua, ma vi aveva rinunciato subito dopo essersi resa conto di non essere portata per comporre.

Era talmente presa nei ricordi che le sembrava di poter udire tutte le melodie che avevano riempito quella stanza; non tutte insieme, ma una dopo l'altra, aspettando ordinatamente il loro turno.

Solo quando si strofinò gli occhi per scacciare la stanchezza realizzò di avere le guance solcate dalle lacrime. Non se ne era resa conto.

Non aveva nemmeno realizzato di aver passato un'ora abbondante in quella stanza.

Il sole sarebbe sorto a breve; era tempo di lasciare quella stanza per sempre.

Theresa sapeva che non era vero, non totalmente almeno, ma aveva sempre preferito immaginare la peggiore delle ipotesi per poi essere smentita, che farsi illusioni che avevano poche possibilità di diventare realtà.

I tre violiniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora