Il sogno italiano

26 4 2
                                    

"C'era una volta una gatta
Che aveva una macchia nera sul muso
E una vecchia soffitta vicino al mare
Con una finestra a un passo dal cielo blu"

Le parole della canzone raggiunsero l'orecchio di Theresa, ma si ritrovarono ad uscire velocemente dall'altro.

Stava camminando per il lungomare di una piccola cittadella. Troppo assorta nei suoi pensieri per osservare i negozi, le persone in coda a lamentarsi per i tempi d'attesa, gli anziani, o impegnati a giocare a carte su un tavolino di un bar, con delle tazze di caffé che non erano mai vuote, o seduti su una sedia a prendere il sole.

Neanche le anziane, intente a guardare i passanti e nel frattempo sparlare con il vicino riguardo al governo di quei giorni o dell'ultimo pettegolezzo riguardante la vicina, erano sufficienti a distrarla.

Persino osservare il mare che si infrangeva sulla battigia o ricordarsi il nome stesso di quella città era diventata un'impresa.

I suoi pensieri erano incentrati su una persona sola.

Schulte Isaak.

Che ormai da dieci anni era legato a lei nel sacro vincolo del matrimonio.

Ma erano davvero passati dieci anni?

Le sembravano passati solo alcuni mesi, un anno al massimo, da quel giorno.

Nelle rare occasioni in cui si immaginava la sua vita, una volta finito il tour, pensava che tra lei e suo marito non ci sarebbero più stati segreti; eppure le sembrava di non aver scoperto nulla di più di quanto non sapesse il giorno del loro matrimonio.

Certo che avevano parlato, eccome se l'avevano fatto, ma per la maggior parte di episodi passati, richiamati da una certa situazione, e ogni volta erano raccontati in fretta o interrotti bruscamente, per poi essere ripresi in un secondo momento.

Si era immaginata una vita diversa, un'esperienza diversa, ma questa era solo la punta dell'iceberg che le impediva di godersi quel piccolo paesino.

Ciò che la tormentava era il dopo.

La loro relazione era sempre stata così.

Eccezione fatta per quella lontana primavera non avevano mai vissuto una vita normale; o almeno come la loro società la riteneva tale.

Non avevano mai avuto un posto da chiamare veramente casa, o dei vicini a cui chiedere lo zucchero e poi ridare il favore. Lei e Isaak non avevano mai deciso come arredare la loro casa, come sistemare i mobili, litigato per quei piccoli capricci domestici. Theresa non aveva mai cercato il negozio con i prezzi migliori o il cibo migliore. Non aveva mai ascoltato i pettegolezzi del quartiere per poi raccontarli a suo marito come sua madre, quando lei era piccola, faceva con suo padre.

Cosa sarebbe successo quando quella sarebbe stata la loro quotidianità?

La loro relazione sarebbe stata la stessa? Il loro rapporto avrebbe funzionato lo stesso? L'amore che provavano l'uno per l'altro sarebbe rimasto invariato?

Lei e Isaak non avevano nemmeno mai parlato di mettere su famiglia.

Sapevano entrambi che in quelle condizioni non era e non sarebbe stato possibile avere figli e crescerli, ma ora?

Theresa non aveva la più pallida idea se Isaak volesse o meno figli; non sapeva nemmeno lei cosa volesse.

Improvvisamente una melodia la portò fuori dai suoi pensieri.

Un violino.

C'erano persone che lo sapevano suonare?

Non poteva perdere un'occasione simile; doveva scoprire chi e dove fosse quel violinista.

I tre violiniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora