L'anteprima

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Il sole era alto nel cielo, il cui soffitto azzurro era occasionalmente interrotto da qualche nuvola.

I passerotti saltavano velocemente da un ramo all'altro, per poi spiccare il volo agitando le piccole alette.

Allo stesso modo Theresa, non riuscendo a stare ferma, camminava su e giù alzandosi, occasionalmente, sulle punte per poi passare a reggersi sui talloni.

Mancavano pochi minuti all'arrivo del treno, eppure le lancette dell'orologio della ferrovia sembravano non voler avanzare.

Aveva cercato in tutti i modi di distrarsi, contando le mattonelle della pensilina, osservando le persone che come lei stavano aspettando il treno, ma nulla funzionava.

Dopotutto stava solo aspettando Isaak, che nulla era più di un amico al quale aveva scritto per cinque anni e che aveva visto l'ultima volta quando erano entrambi ragazzini.

Non si erano mai inviati delle loro foto durante quel periodo, nessuno dei due quindi conosceva l'aspetto dell'altro.

In tutto quel tempo, mentre leggeva le sue lettere, immaginava il giovane violinista parlare, ma sapeva che ormai quella non era nient' altro che una rimembranza.

Chissà se ora aveva la barba o i baffi; non sembrava il tipo, ma chissà.

Anche lei, tempo addietro, giurava che non si sarebbe mai tagliata i capelli solo per seguire la moda, ed ora eccola con dei capelli che arrivavano a malapena alle spalle.

Il fischio del treno, che annunciava il suo imminente arrivo, riportò la mente di Theresa, e le punte dei suoi piedi, a terra; assieme all'ansia che fino a quel momento era rimasta celata sotto forma di impazienza.

Le gambe avevano iniziato a fremere e le mani sfregavano rapidamente la stoffa della giacca che copriva le sue braccia; come d'inverno quando il freddo è talmente pungente da rendere vano qualsiasi indumento indossato.

Il treno si fermò con uno sbuffo, il cui rumore sovrastò la voce del capostazione che annunciava ai viaggiatori del treno di essere arrivati al capolinea.

Man mano i passeggeri iniziavano a scendere dalle carrozze.

Nonostante la tentazione di iniziare a cercare tra quei tanti il volto che proprio lì aveva visto l'ultima volta Theresa si ritrovò impossibilitata a muoversi.

Onestamente non poteva dire se fosse il suo orgoglio, la trepidazione o il nodo che le si era formato nello stomaco mettendolo sotto sopra.

Presto la pensilina iniziò a svuotarsi, lasciando con lei solo coloro che, probabilmente, dovevano prendere un'altro treno che sarebbe arrivato sugli stessi binari.

Theresa non si era mossa di un centimetro, ma i suoi occhi vagavano velocemente da un viso all'altro.

Vedendo un uomo continuare a guardarsi intorno ipotizzò fosse lui quel ragazzo che cinque anni fa la salutava dalla carrozza.

Era più alto dall'ultima volta che si erano visti, i capelli decisamente più corti, i lineamenti si erano induriti e la parte inferiore del volto era ricoperta da dei piccoli peli.

Quel dettaglio le fece storcere il naso; sapeva che la stava per rivedere dopo tanto tempo e non si era nemmeno preoccupato d farsi la barba. Magari, per ripicca, avrebbe potuto continuare a non parlare per i primi momenti della loro conversazione.

Fece per avviarsi verso di lui, ma dovette retrocedere quando vide la figura di un bambino, che doveva avere a malapena tre anni, correre verso quell'uomo saltandogli in braccio; seguito da una donna anziana che aveva poggiato sul braccio destro un cesto di vimini.

I tre violiniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora