𝘾𝙤𝙢𝙥𝙖𝙜𝙣𝙤𝙣 𝙙𝙚 𝙫𝙤𝙮𝙖𝙜𝙚

140 10 7
                                    

𝘾𝙤𝙢𝙥𝙖𝙜𝙣𝙤 𝙙𝙞 𝙫𝙞𝙖𝙜𝙜𝙞𝙤

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

𝘾𝙤𝙢𝙥𝙖𝙜𝙣𝙤 𝙙𝙞 𝙫𝙞𝙖𝙜𝙜𝙞𝙤



Celine lo aveva letteralmente gettato via, rinunciando a concedergli un'occasione per poter tornare alla sua insulta vita. Dopo si era disteso sull'asciugamano, provando ad abbozzare qualcosa che le sue mani non sembrarono stimolate a creare. Intanto la osservava distesa vicino alla battigia, con un romanzo aperto sulla faccia per potersi proteggere dal sole. "Perché sei così testarda, Celine?" pensò tra sé, andandosene via poco dopo. Quella sera non riuscì a fare nulla, e anzi recuperò le ore di sonno della notte precedente che aveva trascorso con gli occhi fissi sulla tela. Nella sua mente si risvegliò qualcosa, e gli parve di vedere un volto. Non era Celine, e nemmeno tutte le altre ragazze che aveva incontrato negli anni. Lo richiamò nell'oscurità, chiedendogli di avvicinarsi ma Georges allungando la mano non riuscì a raggiungerla, impossibilitato a muoversi. "Mi dispiace" soffocò queste due parole tra i denti intanto che si risvegliava dall'incubo. Si sentì come stordito, e dispiaciuto soprattutto, per aver allontanato Celine con quelle parole che lui non pensava affatto. Erano derivate da un più profondo turbamento che avrebbe dovuto placare presto. Alle prime luci dell'alba era già in piedi, intimorito nel riprendere sonno per non ritornare a quello strano sogno. Jacques e Philippe gli fecero visita, ammirando il nuovo lavoro ancora appoggiato al muro.

"Amico, questo sì che è un quadro degno di nota" dichiarò Jacques, prendendolo tra le mani. "Davvero lo apprezzate?".

"Certo. Dovresti presentarlo al Salon. Questa volta non ti rifiuterebbero l'esposizione. Ci potrei anche scommettere" replicò Philippe, sogghignando. "Non lo so. Non mi convince". I suoi due amici si guardarono tra di loro, trovando Georges di pessimo umore. "Così non puoi lavorare. Siamo stanchi di vederti avvilito. Tu sei Georges-Pierre Seurat. Non un provincialotto qualsiasi che dipinge con i piedi. Avanti! Tirati su!".

"Ho bisogno prima di parlare con qualcuno. Devo schiarirmi le idee, dopodiché mi dedicherò alla mia prossima tela, e sarà grandiosa!" Georges sembrò finalmente determinato a lavorare sodo. Si sistemò la camicia, indossò il panciotto e scese le scale. "Devo chiamare una carrozza".

"Ho la mia..." spiegò Jacques, indicandone una infondo alla rue de l'Arbalete "...Jean ti accompagnerà. Io ho da fare le mie cose a Place Pigalle. Philippe, mi accompagni?" i due amici si allontanarono, lasciando salire Georges sulla carrozza diretta a Montrouge. Il tragitto sembrò frastagliato ed eterno, intanto che lui trastullò con le mani per l'inquietudine di rincontrare Celine dopo quello che le aveva detto. Ad un certo punto il cielo si incupì, e iniziarono a cadere enormi gocce di pioggia che mandarono fuori rotta la carrozza, facendo ricadere le ruote in profonde pozze di fango. "Continuo a piedi, Jean..." asserì Georges, coprendosi la testa con la giacca per poter raggiungere la casa nel bosco. Appena si ritrovò davanti alla porta, bussò dal batacchio sentendosi infreddolito. La domestica gli aprì, chiedendogli chi stesse cercando. Claudette apparì alle sue spalle prima che potesse rispondergli. "Signor Seurat, che ci fa qui?".

𝙐𝙣 𝙙𝙞𝙢𝙖𝙣𝙘𝙝𝙚 𝙖𝙥𝙧è𝙨-𝙢𝙞𝙙𝙞 | 𝙏. 𝘾Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora