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Era un freddo giorno di gennaio, il nuovo anno era da poco arrivato e io mi ero da non molto trasferita da Yokohama a Tokyo per via dei miei studi universitari.
Avevo avuto una bella faccia tosta nel dire a mia madre che mi sarei trasferita di punto in bianco, ma fortunatamente per me dato il poco amore reciproco da parte di entrambe, il cambiamento non le aveva fatto né caldo né freddo. Le mie due sorelle, entrambe maggiori Akiko e Koaru, avevano invece tentato di dissuadermi dall'idea di allontanarmi da casa, ma non ci riuscirono. Così, una volta pronta, inscatolai tutti i miei effetti personali e mi diressi all'appartamento che da tanto tempo avevo adocchiato e fittato. L'affitto non veniva nemmeno tanto per essere composto da due camere da letto, un bagno e una cucina con annesso il soggiorno. Piccola, calda e si sperava accogliente.
Nel lungo viaggio in treno durato più di quattro ore data la fitta neve del periodo invernale, con cuffiette sottomano, ripercorsi tutti i ricordi che avevo della mia infanzia. Della piccola Hanako che ero e di tutti i miei amici e compagni di avventure dell'epoca. Fermatosi definitivamente il treno, armandomi di tanta pazienza portai piano gli scatoloni in pullman, il pullman che mi avrebbe portato al quartiere di Shibuya, dove la mia futura casa si trovava.
Arrivata lì sotto, vidi il vecchio palazzo usurato dal tempo e sorrisi, beata indipendenza, vieni a me!
Salii a fatica le numerose rampe scale che separavano le fondamenta del palazzo all'ultimo piano, esse scricchiolavano sotto i miei leggeri passi come sotto i pesanti scatoloni trascinati a fatica. Poi, giunta all'ultimo piano, iniziai a cercare il numero dell'appartamento.
-Eccoti!-.
Dissi felice mentre i miei occhi ambra luccicavano contenti. Appartamento numero 505 ultimo piano.
Aprii la porta di legno e vidi la piccola casa in tutto il suo splendore. A destra una cucina dal grande cucinino, un frigorifero e una porta che conduceva alla prima stanza da letto. Di fronte a me una grande finestra alla quale sottostava un grande tavolo di legno massello con delle panche ai suoi lati, a sinistra due porte che conducevano rispettivamente alla seconda camera da letto e al bagno.
-Chi cazzo sei tu?-.
Un ragazzo dai capelli biondini momentaneamente bagnati, gli occhi verdi e a torso nudo, uscì dal bagno con asciugamano in vita, sconvolto nel vedermi.
-Huh?! Chi cazzo sei tu piuttosto!-.
Quello era il mio appartamento, cosa ci faceva lui lì?
-Io sono l'affittuario di questo appartamento, tu come fai ad averne la chiavi?!-.
Estrassi dalla mia borsa il contratto per poi mostrarlo al biondino sempre più confuso. Lo esaminammo assieme per bene, giungendo ad un'unica conclusione.
-Ci hanno truffato-.
Dicemmo in coro sbuffando. Poggiai la mano destra sulla mia fronte, rassegnata. Addio beata indipendenza.
-Ecco perché l'affitto veniva così poco, che fesso-.
Disse il biondino tra sé e sé, per poi rassegnarsi anche lui all'idea di dover condividere l'appartamento con un'estranea.
-Beh, credo sia inutile piangere sul latte versato, quindi piacere io sono Yukigaoka Hanako!-.
Gli dissi amichevolmente mentre, ancora a torso nudo, mi porse la mano stringendola.
-Piacere, Matsuno Chifuyu!-.
Quel bel faccino aveva finalmente un nome.
-Io ho già sistemato le mie cose nella stanza accanto al bagno, tu puoi prendere quella a destra-.
Mi sorrise, sembrava aver preso bene la mia intrusione in quell'appartamento e il fatto che ci avessero truffato. Annuii per poi portare tutti gli scatoloni nella mia nuova stanza e sistemarli con cura.
Avevo quasi terminato l'arredamento della mia nuova camera, mancava soltanto il mio nuovo letto a due piazze, provai quindi a montarlo da sola, ma qualcosa andò storto. Sembrava quasi un mostro di acciaio, così decisi di chiedere a Matsuno di aiutarmi.
Bussai alla porta di camera sua, una figura alta e possente mi aprì, scorgendola con una felpa azzurra e dei cargo beige, accompagnati a delle Vans basse di colore nero.
-Scusa il disturbo, Matsuno, ma vedi non riesco a montare il mio nuovo letto, se non ti reca disturbo potresti darmi una mano?-.
Gli parlavo come se fosse un aristocratico del 1700 soltanto perché era ben più possente della mia esile figura magra e bassa. Merda sembravo un nano da giardino paragonata a lui.
-Certo, ma ti prego chiamami pure Chifuyu, Hanako-.
Sorrise. Mi piaceva il suo sorriso, denti bianchi, labbra sottili e incurvate, il sorridere gli donava.
Così andammo verso la mia camera e lui iniziò a montare con praticità il mio nuovo letto. Nel frattempo iniziamo a parlare del più e del meno, conoscendoci. Lui si era iscritto all'università delle Belle Arti, mentre io avevo deciso di studiare lingue. Lui aveva molti amici che studiavano lì e disse che un giorno me li avrebbe fatti conoscere. Viveva da tempo lì a Shibuya ma aveva deciso di trasferirsi da solo per avere più autonomia. Terminato il montaggio del letto, ci sedemmo su di esso continuando a parlare.
Si fece tardi, circa l'una di notte, Chifuyu andò nella sua stanza e io rimasi a rimurginare per un'altra ora sul mio lettino all'accaduto della mattina stessa. Avevano truffato me e quel ragazzo tanto gentile per condannarci a vivere nella stessa dimora per tutta la vita, o almeno finché uno dei due o entrambi non ce ne saremmo andati. Cazzo chi è il mentecatto che fa cose del genere? Mi addormentai pensando che il tanto carino ragazzo dall'altra parte della casa fosse solo frutto della mia immaginazione per la solitudine che in quel momento provavo.
La mattina seguente, mi alzai molto tardi, erano le undici passate di un freddo giovedì di gennaio, in piena Tokyo. I corsi universitari sarebbero iniziati il lunedì seguente e per questo decisi che in quei quattro giorni sarei andata a fare compere per adornare la casa e la mia camera. Ancora convinta del fatto che il ragazzino biondo fosse soltanto un'illusione, continuai a girovagare per casa in intimo senza nemmeno pensare che potesse essere vero. Il flusso delle mie azioni venne interrotto da uno sguardo accanito che sentivo tranciarmi a metà. I suoi occhi verdi mi penetravano l'anima e mi linciavano il cuore, o magari l'involucro esterno ad esso.
-WHAAA!-.
Urlai sorpresa nel vederlo ancora in casa e in carne ed ossa. Non avrei mai creduto potesse essere reale. Gli lanciai contro il panno umido che avevo usato per pulire il cucinino e lui lo prese al volo con la mano sinistra.
-Avvisami quando sei... Così. Non vorrei che, insomma, accadesse qualcosa di...-.
Non riuscì a continuare la frase, diventando immediatamente rosso in viso e sulle orecchie. Un brivido gli traversò la schiena e poi si voltò in direzione di camera sua.
-Vestiti-.
Ordinò quasi. Così corsi in camera, rossa in viso quanto lui. Merda non sei affatto un'illusione!
Misi una gonnellina scozzese di colore giallo, una magliettina nera e una giacca abbinata alla gonna. Lasciai i miei corti capelli neri sciolti e uscii nuovamente da camera mia.Presi le chiavi dell'appartamento e senza dire nulla a Chifuyu andai verso il centro città in autobus, più precisamente nel quartiere di Harajuku, per trovare qualche soprammobile per la mia nuova camera da letto. Arrivai di fronte al centro commerciale ed entrai restando sulla difensiva. Non ero mai entrata lì da sola, ma sapevo che il primo passo verso l'indipendenza era rendersi autonomi anche per le compere più banali.
Presi un carrello e iniziai a fare il giro dei tanti negozi presenti all'interno della struttura. Uscii di lì con molte candele dalle svariate profumazioni, un piccolo quadro da appendere in camera che raffigurava il sole nascente giapponese, una lampada di sale, un portagioie a forma di divano (era troppo carino per lasciarlo al suo posto), una lavagnetta e dei gessetti, una sveglia e un peluche a forma di dinosauro. Il tutto contenuto all'interno di un'enorme busta che mi trascinai fino all'ultimo piano della palazzina, inutile dire che arrivai alla porta dell'appartamento con la fronte sudaticcia per lo sforzo.
Chifuyu, appena mi vide arrivare, si scusò per l'avvenimento della mattina, e si impegnò nell'aiutarmi a sistemare la mia nuova stanza per renderla più bella.
Terminato il nostro lavoro e resa la stanza come quella di un'adolescente in piena crisi ormonale (non che non lo fossi anche io, sia chiaro) Chifuyu decise di farmi dare un'occhiata alla sua.
Era grande quanto la mia, con un letto in legno massello sul fianco destro della stanza, un mobile dove teneva l'intimo sulla sinistra, il comodino azzurro accanto al letto e, come la mia stanza, una grande finestra parallela alla porta. Era parecchio spoglia a dire la verità. Niente soprammobili, niente quadri o ornamenti. Delle tende azzurre coprivano la finestra e delle lenzuola blu vestivano il suo letto.
-Hanako domani ti va se andiamo a mangiare qualcosa assieme? Credo che dovremmo convivere per molto altro tempo, diventiamo amici, ti va?-.
In quel momento mi chiesi se per un'amicizia si dovesse chiedere il permesso e poi mi balenarono per la mente le parole della mia vecchia nonna, morta ormai tanti anni or sono.
-Chiedere un'amicizia è come chiedere un bicchiere d'acqua ad una cascata-.
-Non devi nemmeno chiedere! Certo che si!-.
Gli sorrisi per poi preparare la cena per entrambi. Un bel ramen fresco di giornata che avevo comperato insieme ai mille aggeggi che adornavano camera mia.
-Non sei male ai fornelli-.
Disse il biondino sorridendo. Eravamo seduti uno di fronte all'altro sul tavolo di legno massello sottostante alla finestra, chiusa per il freddo.
-Rettifico, amo la tua cucina-.
Bevve in un sorso il resto del ramen sul fondo della scodella e poi mi sorrise a bocca piena. Era la prima volta che qualcuno si complimentava con me per il mio modo di cucinare. Rimasi contentissima nel sapersi che ciò che avevo preparato gli piaceva. Poi, una volta lavati i piatti, diedi la buona notte a Chifuyu e corsi a letto, pensando alle altre giornate e avventure che avrei trascorso e vissuto in compagnia di quel ragazzo tanto simpatico che in principio pareva un miraggio.
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[505, Matsuno Chifuyu]
Fanfiction-Chifuyu, ti ricordi della prima volta in cui ci siamo incontrati? Dato che sono un tipo che crede fermamente nel destino, credo sia stato proprio il fato. Ridi pure se vuoi-. •~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~• -Chi cazzo sei tu?-. Un ragazzo dai...