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Misi qualcosa di leggero e comodo e lasciai i capelli sciolti, guardai in direzione di Chifuyu che stava facendo i lacci alle sue scarpe. Sorrisi in sua direzione, pensando ancora al bel gesto della mattina precedente. Si alzò in piedi, sovrastandomi alto, slanciato e magro, prendendo velocemente le chiavi della sua Honda e correndo giù per le scricchiolanti scale di legno.
-Hanako se ti piace qualcosa non esitare a dirmelo-.
Sorrise facendomi salire sulla sua motocicletta e partendo verso il centro di Yokohama. Il vento mi passava tra i capelli scompigliandoli e rendendoli crespi. Pensai a lui e se fosse ancora lì, nel cuore della mia città natale, insieme al nostro amico dalla cicatrice peculiare. Ricordavo ancora i suoi occhi viola e i suoi capelli chiari, platino, ma la sua voce forse era cambiata, sarebbe stata probabilmente più bassa, roca e profonda.
Arrivammo rapidamente al centro di Yokohama, parcheggiando la moto proprio accanto all'entrata del China Town. Appena misi la pianta del mio piede destro sul suolo, quell'odore di diverso, di spezie, peperoncino piccante, salsa barbecue e cuscus mi inebriò le narici solleticandomi dolcemente il naso. Ormai conoscevo quel posto come le mie tasche. Guardando a destra e a sinistra riconobbi tutte le bancarelle e i negozietti che in precedenza si trovavano lì. Ricordai con piacere i momenti di svago, gioia e divertimento della mia infanzia insieme ai miei amici, quando poi mi soffermai attentamente sulla figura di un ragazzo a qualche metro di distanza da me. Era di spalle, indossava una maglia bianca e dei pantaloni che calzavano larghi, capelli platino, quasi bianchi, quella tinta... Gliel'avevo fatta io.
-Hanako prendiamo qualcosa da mangiare?-.
Sentii Chifuyu girarsi in mia direzione, ma già camminavo a passo incerto e veloce verso il ragazzo. Spalle larghe, carnagione lievemente scura, orecchini rossi rettangolari... Non poteva essere che lui.
Lo guardai intensamente per qualche altro attimo, prima che si voltasse verso di me e i suoi occhi glicine incontrassero i miei ambra. I nostri sguardi si mescolarono, le sue labbra si schiusero in una smorfia di stupore, prima di gettare al suolo le buste che portava tra le braccia e lanciarsi su di me.
-Hanako!-.
Come sospettavo, la sua voce era ormai cambiata, più profonda, da adulto, non più da ragazzino sprovveduto.
Spiazzata lo abbracciai forte, stringendomi al suo petto, mentre lui mi sovrastava dolce con la sua aura oscura.
-Izana... mi sei mancato-.
Lui lo conoscevo su per giù dalle elementari, avevamo passato i migliori momenti della nostra adolescenza insieme, le più grandi stupidaggini e l'esperienze più assurde le avevamo tenute segrete, celate agli occhi di chi ci stava intorno. Io gli avevo decolorato i capelli e lui mi aveva fatto il mullett che portavo quando avevo circa dodici anni.
-Sei... Cresciuta-.
Disse alludendo al mio corpo, pressoché di uguale statura rispetto a quando lo avevo salutato l'ultima volta. Ma tentando di guardarlo negli occhi, dedussi che non stesse minimamente parlando della mia altezza. Arrossii.

-Brutta stronza potevi dirmi che saresti tornata-

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-Brutta stronza potevi dirmi che saresti tornata-.
Mi aveva detto, riprendendo dal suolo il suo zaino nero a scacchi, frenando le lacrime di gioia. Nel frattempo, Chifuyu guardava la scena attonito, non capendo nulla.
-Scusami Hanako, lui chi è?-.
Mi aveva domandato il biondino avvicinandosi al mio orecchio, sussurrando.
-Lui è il mio amico d'infanzia Izana Kurokawa-.
Gli spiegai, posando nuovamente lo sguardo su di lui. I suoi lineamenti, simili a come li ricordavano, adesso appartenevano ad un giovane uomo, un adulto, non più ad un ragazzino dalle idee fuori dagli schemi e gli atteggiamenti da duro.
-Piacere-.
Gli disse sorridente porgendo la mano a Chifuyu. Vidi subitamente improntare tra i due un innato astio.
Camminammo assieme per il China Town, ripercorrendo i vecchi ricordi, scambiando quattro chiacchiere e ridacchiando ai vecchi pensieri, mentre Fuyu ci guardava scontroso a testa bassa con la bocca serrata e lo sguardo tordo.
-Piuttosto, Kakucho come sta? È da tanto che non lo vedo-.
Chiesi ad Izana. Mi guardò sorridente per poi ritornare a guardare la strada.
-Propio come te è andato fuori città... Lui adesso però è negli Stati Uniti-.
Spiegò. Evidentemente stava facendo l'anno all'estero come exchange student.
-Che figoooo-.
Mi brillarono gli occhi. Anche io sognavo di viaggiare per l'America, per questo ero proprio ricaduta su un'università di lingue, il solo fatto che uno dei miei più cari amici avesse avuto quest'opportunità mi fece credere che anche io potessi.
-Si ma sono rimasto solo soletto-.
Si lamentò per poi ridacchiare accompagnato da me. Passammo l'intero pomeriggio al China Town a parlare dell'ultimo periodo di tempo trascorso lontano, poi Izana mi porse una bustina.
-So che sono passati circa cinque, quasi sei mesi da gennaio, ma ci tenevo a darti il mio regalo di compleanno. La mia intenzione era quella di spedirlo, ma non sapevo quale fosse il tuo indirizzo-.
Ridacchiò. Subito pensai che se lo avesse spedito sicuramente sarebbe stato prima tra le mani di Chifuyu che nelle mie, proprio come l'uniforme scolastica. Lo ringraziai, aprendo quel sacchetto verde di media grandezza. All'interno sembrava esserci uno scatolo. Appena ne intravidi il contenuto, saltai sul posto avvinghiandomi al suo busto, colma di gioia. Mi aveva regalato una Polaroid. Sapeva quanto potessi tenere a quel regalo. Sin da piccola mostrai una passione innata per la fotografia. Più che altro, amavo catturare momenti, attimi, incastrarli e congelarli per poterli guardare mentre li tenevo saldi tra le mani.
Gli saltai addosso ringraziandolo.
-Inauguriamola-.
Dissi sorridendo e puntando la camera verso di noi. Presi Fuyu per la manica della giacca e gli misi il braccio attorno al mio collo. Izana aveva una mano sulla mia spalla sinistra e con la sua guancia destra toccava la mia. Il biondino era invece attaccato a noi dall'altro lato, non particolarmente contento. Scattati facendo fuoriuscire un forte flash e un foglio di plastica ancora bianco.
-Guarda Chifuyu!-.
Dissi emozionata mentre sulla pellicola compariva la nostra immagine, con lui imbarazzato e con gli occhi rivolti verso il suolo, le labbra di Kurokawa che si schiudevano in un sincero sorriso e la mia faccia leggermente schiacciata tra le loro. Mi commossi. Dopo aver ringraziato nuovamente Izana e avergli ripromesso che ci saremmo vesti più spesso, tornammo a casa. L'Honda Hornet 600 correva come non mai, rapida e scaltra verso casa, era tardi oramai. Arrivammo ai piedi della palazzina e parcheggiammo la motocicletta, Chifuyu avvolto dai raggi della luna piena mi lanciò le chiavi del veicolo che presi al volo.

 Arrivammo ai piedi della palazzina e parcheggiammo la motocicletta, Chifuyu avvolto dai raggi della luna piena mi lanciò le chiavi del veicolo che presi al volo

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Salimmo velocemente le scale, contenti, giocherellando e tentando di spingerci entrambi per arrivare prima alla porta di casa. Ridemmo per un bel po' dopo esserci accasciati al freddo pavimento dell'appartamento per la corsa. Era divertente la sua compagnia, era divertente stare con lui. Lui era tutto ciò che in quel momento avevo. Tutto ciò che mi era concesso avere. Mi chiesi più volte se questa fosse stata opera del fato, data la veridicità che nutrivo nei suoi confronti.
Tra le risate, mi persi a guardarmi riflessa nei suoi occhi colmi di gioia infantile. Occhi verdi, ricordavano tanto una laguna. Pozze di alghe impantanate in un laghetto dove carpe e tartarughe dimoravano. E tu, Chifuyu? Cosa vedevi nei miei occhi? Restammo a guardarci per un periodo di tempo non definito. Credo quanto basti per innamorarsi. Anche se probabilmente lo ero già e, mi duole dirlo, il mio cervello faticava ad ammetterlo a sé stesso. Quella sera ci rubammo qualche bacio a vicenda, senza parlare o dare spiegazioni. Finimmo poi nella sua camera spoglia, fredda e umida, nessuno ci aveva mai dormito più di due notti di fila. Le lenzuola gelide al tatto e i respiri caldi che si fondevano nell'aria circostante della camera. La finestra semichiusa, in modo tale da essere illuminati solo dalla luce della luna e dei lampioni.
-Fuyu...-.
Mugugnai interrompendo uno dei quei baci casti e lesti, veloci e colmi di infantilità.
-Mh?-.
Disse a fior di labbra.
-Perché non ammetti che mi vuoi?-.
Gli chiesi, evidentemente il buio mi aveva dato la forza per dare sfogo alla mia spavalderia.
-Non l'ho mai negato-.
Rispose semplicemente, con le labbra schiuse e gli occhi languidi per poi rendersi in avanti e lasciare un altro bacio sulla mia pelle. I suoi baci erano stregati, come maledizioni, dal dio Amore che, cieco, ci aveva congiunti. Baci velenosi, erano i suoi, intrisi del più potente siero d'amore, l'ossessione.
La mia ossessione nei suoi confronti, la sua nei miei, la gelosia, la possessività. Senza mai dire una parola, senza mai esprimerci o dare giudizi e opinioni. Io sapevo di appartenergli e, nel profondo del mio cuore, lo speravo anche.

[505, Matsuno Chifuyu] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora