98-52-26

120 10 1
                                    

10

Chifuyu point of view:
Terminati i miei corsi, decisi di andare a prendere Hanako all'uscita di scuola, come solitamente facevo.
-Ci vediamo domani, Mitsuya!-.
Lo salutai sorridente, in attesa di vedere quella dolce ragazza, che da quando mi era piombata nell'appartamento era subito entrata nel mio cuore. Era così ingenua, pura, intelligente e bambinesca. Il mondo intero girava intorno a lei, o almeno il mio. Salii sulla mia Honda Hornet 600, a lei piacevano le moto, soprattutto la mia. Aveva prontamente riconosciuto il modello e ciò mi fece ricordare di Mikey e della sua officina, non potei fare a meno di paragonarli e riderci su.
Arrivai al di fuori dell'università di Keisuke, Emma e Hanako, ma vidi solo i primi due uscire dall'ingresso principale. Keisuke era esausto mentre Emma gli saltellava intorno sorridente, poi mi notarono.
-Come mai Hanako non è con te?-.
Mi chiese la biondina guardandosi poi intorno, cercando la ragazza dai corti capelli neri con lo sguardo.
-Non lo sai? Io credevo fosse con voi-.
Rivelai loro confuso. Dov'era? Che dovesse ancora uscire? Impossibile, quei tre erano in classe insieme.
-Chifuyu, andiamo al bar sotto casa mia, ti spiegherò tutto lì-.
Mi disse Keisuke salendo sul sellino posteriore della mia motocicletta. Salutammo Emma e andammo via. Mentre il motore della mia Honda rombava, fiumi di pensieri mi assalivano la mente, che le fosse successo qualcosa? Vidi Keisuke non particolarmente teso dallo specchietto retrovisore, così tentai di tranquillizzarmi.
Arrivammo al bar e ordinammo una Peyoung Yakisoba da dividere in due, proprio come quando eravamo ragazzini. Io e Keisuke ci conoscemmo alle medie, mi aiutò con un gruppetto di bulli, e poi dopo mi invitò a mangiare della Yakisoba a casa sua. Dato che ne era rimasta solamente una la dividemmo, è da allora che mangiamo sempre il Peyoung assieme.
-Hanako è a casa Haitani-.
La soba fredda mi scivolò dalle bacchette e rimasi a bocca aperta. Keisuke era il tipo di persona schietta e diretta, senza peli sulla lingua e soprattutto brutalmente sincera.
-Cosa cazzo dici?! È uno scherzo?!-.
Ero arrabbiato. Rindou stava di nuovo facendo ciò che non doveva fare. È dai tempi delle scuole medie che tra noi non corre buon sangue.
Mi alzai mettendomi la giacca che prima era posata sullo schienale della piccola sedia in plastica, ma una salda mano si posò sulla mia spalla prima che potessi infilare la manica sinistra del giubbotto.
-Non è così che risolverai le cose, Chifuyu-.
Mi disse Baji, alzandosi dalla sua sedia e sovrastandomi con la sua altezza, che per un ragazzo di diciotto anni era più che sufficiente (il tre novembre di quell'anno ne avrebbe compiuti diciannove).
-Perché è da loro-.
Gli chiesi in un sussurro guardando con furia il pavimento. Cosa cazzo ci faceva in compagnia di quello stronzo la mia dolce Hanako?!
-Cosa ti aspetti che sappia, l'ho solo vista salire sul retro della moto di Rindou-.
Tentò di alzarmi il capo e guardarmi negli occhi, ma al momento le mie iridi verdognole si erano tinte di rabbia e gelosia.
-Quel mentecatto, fa questo dalle medie...-.
Dissi digrignando i denti. Keisuke mi diede una pacca sulla spalla, sorridendo maliziosamente.
-Fa' credere a Neko-chan che tu sia il migliore tra i due, io penserò ad allontanarla da lui a scuola-.
Mi disse. Avevo sempre stimato e ammirato quel lato del corvino: sempre pronto ad aiutare e difendere i propri amici in qualsiasi momento, seppur con i suoi modi.
-Ora va' a casa, aspettala e preparale la cena, vedrai che sarà già mezza conquistata-.
Mi fece un occhiolino e uscimmo dal bar. Salutai Keisuke sotto il portone del palazzo di casa sua e poi, con feroce rombo di motore, corsi verso il mio appartamento. Per qualche ora rimurginai sull'accaduto furibondo, pensando a cosa Hanako stesse facendo in casa Haitani con quei due poco di buono. Poi, verso la tarda serata, sentii la serratura della porta in acciaio aprirsi. Corsi verso la porta, poggiando il braccio sinistro contro la sua anca in legno. Era lei. Indossava ancora la sua uniforme scolastica, era sistemata, con i suoi corti capelli neri sciolti e scompigliati, i suoi occhi ambra seducenti e puri, le sue labbra morbide, le avevo assaggiate. Cosa migliore della sua sola visione in questa vita non mi sarebbe mai potuta capitare. Ma ero ancora arrabbiato.
-Hanako, dove sei stata?-.
Tentai di mantenere il mio tono solare, ma la mia espressione mi tradiva egregiamente. Le sopracciglia corrucciate, le labbra serrate in una smorfia di disapprovazione, ero teso e parecchio irritato.
-I...io-.
Balbettò Hanako, sull'uscio della porta, disorientata, ebbi quasi l'impressione di incuterle timore.
-Perché non mi hai detto che te la fai con il minore degli Haitani-.
Rude e deciso, la stavo graffiando con le mie parole.
-Io non me la faccio con Rindou, Chifuyu-.
L'aveva chiamato per nome, con quel suo nome di merda e quel cognome che speravo lei non indossasse mai.
-A me sembra quasi ti faccia piacere la sua meravigliosa compagnia, di' la verità avete scopato a casa sua?-.
Le parole ormai andavano da sole, non avevo intenzione di ferirla in alcun modo, dovevo essere superiore a quel bastardo approfittatore.
Lei sembrò barcollare in avanti e le parole le morirono in gola. Si protese verso di me a testa china, per poi caricare uno schiaffo in mia direzione.
-Come puoi sono minimamente pensare che io abbia fatto una cosa del genere?! E poi con quello lì?-.
Il suo schiaffo mi prese in pieno viso sulla guancia sinistra, indietreggiai. Per lo meno, colsi nelle sue parole il significato del fatto che non avrebbe mai fatto sesso con quello lì, un senso di felicità mi pervase per un secondo.
-Vedo che da quando ha tentato di fare pace con te dopo quel bicchiere di vino, ti sei abbandonata a lui-.
Continuavo a graffiarla con le mie parole dolenti, ma non era mia intenzione. Non mi rispose, mi superò a testa bassa, strisciando i piedi al suolo e andando a dormire.
Hanako, mi dispiace.
Feci le quattro mandate per chiudere a chiave la porta dell'appartamento e andai verso camera mia. Sul comodino da tempo stanziavano vari tubetti di vernice, una tavolozza e un pennello nuovi. Accanto un cavalletto a tre piedi in legno, come quello del mio laboratorio e una grande tela, circa due metri per uno e cinquanta.
Mi distesi sul letto, in balia dell'agitazione. L'avevo ferita nel suo orgoglio, le avevo dato della ragazza dai facili costumi, come se la sua vita in qualche modo mi riguardasse. Noi eravamo capitati in quell'appartamento insieme per caso, perché il proprietario ci aveva truffato, non per nostra esclusiva volontà come certe volte credevo. Non aveva scelto personalmente di dividere l'appartamento con me, era stato il caso, il fato, il destino... Lei non aveva la minima voglia di condividere quell'appartamento con Matsuno Chifuyu.
Pensai a quella sera, quando in preda al desiderio di lussuria le avevo proposto quel gioco da ragazzini per rubarle un bacio. Le sue labbra morbide, i suoi capelli profumati, la calda atmosfera della sua camera da letto... Credo che quel ricordo resterà per sempre impresso nella mia memoria. Di quando ero corso la mattina presto da Baji per raccontargli di come ero ceduto alla tentazione.
-Merda-.
Sussurrai tra me e me mentre il mio avambraccio destro mi copriva gli occhi. Lo spostai guardandomi introno: la finestra aperta lasciava passare quei candidi raggi che la luna filtrava. Lei mi guardava raggiante, bianca, come un pezzo di groviera, vegliava su di me, sulle mie scelte, sulle mie azioni. La luna non dimentica chi si bacia sotto i suoi immacolati raggi. Ci aveva visto, guardato, osservato. Non si sarebbe dimenticata di noi, come anche io.
Mi alzai dal letto, prendendo tutto il mio materiale da disegno e dirigendomi verso la camera di Hanako. La sua finestra era aperta ma le tende non lasciavano passare la luce lunare. Posizionai il cavalletto e la tela per poi darmi al dipinto. Avevo finalmente trovato la mia musa ispiratrice. Dormiva beatamente su di un fianco, gli occhi chiusi, con le ciglia bagnate e le guance solcate dai segni del pianto. La faccia rilassata, le labbra schiuse, le braccia sotto il capo. Iniziai a dipingerla in tutto il suo splendore, come se fosse stata Venere per Botticelli. Avrei ritratto tutta la sua bellezza, anche se sapevo che non sarei mai stato in grado di riprodurre la sua angelicità in un unico  quadro. Spennellai fino a notte fonda, e alle quattro crollati, soltanto dopo aver terminato il mio dipinto. Speravo che le sarebbe piaciuto. Speravo lo guardasse incantata dalla mia bravura, ma purtroppo quelle erano soltanto fantasie.

[505, Matsuno Chifuyu] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora