Ogni notte, prima di andare a dormire, mi affaccio alla finestra. Guardare il cielo così oscuro nella tranquillità e solitudine della mia piccola stanza mi rilassa. E' così che passo il tempo a riflettere sulla mia vita e, allo stesso tempo, mi incanto a quella straordinaria bellezza. Se ci pensi è una cosa normale, banalissima, ma credo che quel manto blu scuro costellato di stelle nasconda qualcosa di magico e misterioso. Ho sempre amato osservare la luna.
Ma ora si è fatta mezzanotte e, dato che domani c'è scuola, sono costretta ad andare a dormire se non voglio perdere l'autobus e fare ritardo come ogni mattina. Mi sdraio, chiudo gli occhi, in attesa di prendere sonno, ma niente, non riesco ad addormentarmi. Mi giro dalla parte destra per stare più comoda, eppure la situazione con cambia. Continuo a rigirarmi nel letto per un'altra ora. Guardo il cellulare che sta sopra al comodino e segna l'una e ventiquattro. Non chiudo occhio per tutta la notte.
La mattina mi sveglio, corro in bagno e mi preparo di fretta. Mi metto un paio di jeans neri strappati, gli anfibi neri e una maglietta bucherellata. Sono in ritardo anche oggi. La fermata dista un sacco da casa mia, percorro quella strada correndo, eccolo il mio autobus. Una decina di passi e non mi scappi. Rallento il passo contenta di non averlo perso, ma, esattamente due secondi dopo, parte di fronte ai miei occhi. Non ci posso credere, allora sono proprio sfigata. Aspetto in fermata il secondo autobus, come al solito. Come arrivo salgo, di solito è vuoto, ma c'è anche un tizio all'ultimo posto. Oh, no, aspetta, il mio posto. Mi siedo lì dalla prima superiore, quel posto è sempre stato mio da ben quattro anni. Lo guardo, ha la faccia inclinata verso il cellulare e non riesco a vederlo in volto. Poi alza lo sguardo e si accorge che lo sto fissando. Beccata! Merda! Ma lui non è...? Oh no! E' il ragazzo che ieri ha aiutato mia mamma a salire le buste della spesa in casa mia e mi ha visto in reggiseno. Presa dall'imbarazzo, mi giro di scatto, sento le mie guance bruciare. Slego le cuffie, ma sento il ragazzo dire: "Guarda che ti ho beccata!" con un'aria soddisfatta. A chi sta dicendo? Non a me, spero. Nel pullman ci siamo solo noi, è vero. Faccio finta di nulla, intenta a scegliere che canzone ascoltare, ma continua ad urlare: ''Smeralda, è così che ti chiami, giusto?''. Mi giro e rispondo di si, così iniziamo a parlare a distanza. Io dal primo sedile e lui dall'ultimo. ''Smeralda, vieni vicino al mio sedile''. Veramente è il mio, penso, ma continuiamo a parlare e mi avvicino.
''Vai all'Alberti?'' mi chiede con un'aria maliziosa.
''Si, sono in quarta'' rispondo freneticamente.
''Figo, anche io frequento quella scuola, ma non ti ho mai vista, giuro''
''Neanche io, a dir la verità! Quanti anni hai?"
"20, si, sono stato bocciato due volte, non chiedermelo"
La conversazione si conclude così e il pullman si ferma alle fermata. Quel ragazzo sembra avvicinarsi a me, quando scendiamo dal mezzo. Ma ha un passo un po' incerto e mi guarda con aria ambigua. Ho la sensazione che, forse, voglia camminare fino alla scuola insieme a me. Ma continuo a camminare dritta per la mia strada, qualcosa mi fa accelerare il passo. Che è? Come se mi avessero dato una spinta da dietro, il mio passo prende un andamento decisamente più veloce del solito. Mi sento rigida, neanche se mi stessero inseguendo. Non lo so che mi succede, voglio arrivare a scuola il prima possibile. Mi domando il perché di questo mia reazione, forse non mi va e basta parlare con quel ragazzo. Allo stesso tempo, però, vorrei sapere il suo nome, la classe in cui sta e altre cose perché mi incuriosisce. Ma io sono questa, quando qualcosa inizia ad incuriosirmi scappo.