Mirko's pov
Indossa una camicetta rosa che le incornicia il volto. E' aderente, s'intravedono le forme sinuose del suo corpo e la vita sottile. Ha un paio di jeans neri e delle scarpe aggressive con le borchie abbinata alla cintura . Anche dall'abbigliamento si capisce che la sua, di certo, è una personalità particolare. Da una parte una camicetta rosa femminile, dall'altra un paio di pantaloni aggressivi: come se volesse mostrarsi come una tosta, ma in realtà nasconde un'anima più fragile. Esattamente come quei dolci buonissimi che adoro: fuori sono croccanti, ma dentro nascondono un cuore di crema al cioccolato, una sorpresa morbida, tutta da assaporare, anche lei è così, tutta da scoprire, assaporare. I capelli sono arruffati, legati in una coda fatta male, di fretta sicuramente. Le cade un ciuffo sul viso. E' inchinata, tiene lo sguardo verso il quaderno, una mano sulla testa e nell'altra una matita. Si mordicchia le labbra, tentando di capire la soluzione di quegli esercizi che, dalla sua espressione, non sembrano affatto facili. Sposta la lingua, leccandosi il labbro. Oddio, quelle labbra rosa, leggermente bagnate e così carnose. Un movimento così naturale, spontaneo, ma così stupefacentemente seducente. Poi sposta la sua mano delicatamente sui capelli, arruffandoli e poggiando la matita sul banco. A un certo punto alza la testa, i suoi occhi s'incrociano con i miei. Non si era accorta della mia presenza. Lo intravedo dalla sua espressione stupita. Ha una carnagione rosea, come quella delle bambole di porcellana che stanno nella camera di mia sorella. Ha anche una leggera sfumatura di lentiggini sugli zigomi che non sarebbero più adatte se non al suo volto. E i suoi occhi sono fulminanti, chiarissimi e enormi, sono verdissimi, non tendono al celeste o al marrone, proprio verdi smeraldo. Ora capisco il perchè del suo nome, i genitori l'avranno fatto a posta a chiamarla così? Il suo sguardo penetra nel mio, quasi mi acceca e ha una luce tutta sua. Mi sento accaldato e sto iniziando a sudare, come se la temperatura del mio corpo stesse aumentando. Vedo le sue guance cambiare colore, sono diventate fucsia, sta arrossendo, come me.
''Buon pomeriggio, Ranieri, che ci fa qui? la voce della professoressa interrompe quegli attimi. Mi rendo conto di averla fissata a lungo, dimenticandomi anche di salutare la prof quando sono entrato nell'aula.
''Sa sa salve prof, sono venuto a salutarla e a chiederle aiuto'' rispondo ancora un po' stantonato dall'imbarazzo. Quella ragazza mi fa un certo effetto; io che sono sempre sicuro di me e prendo tutto sul ridere sto reagendo più timidamente del solito e mi sto un po' chiudendo in me.
''Si? Tutto a posto, Ranieri? La vedo un po' turbato"
"Tutto ok!"
"Siediti, vi conoscete già con Smeralda, vero? Ho visto che vi stavate guardando"
"Non ci conosciamo" interrompe lei, rivolgendosi alla prof.
Che bugiarda! Non è vero che non ci conosciamo, ci siamo visti tre volte e ci siamo parlati anche in pullman. Si, vabbè, mezzora, Mirko! Non vi conoscete bene, quella mica si mette a pensarci tutti i giorni che vi incrociate come te, mica si fa le fantasie perverse di uno che ha visto a malapena un paio di volte. Sono proprio un deficiente, neanche un quindicenne si fa i viaggi mentali che mi faccio io. Neanche la conosco, non so nemmeno come è fatta e per Mirko Smeralda è già una dea! Non sa neanche il mio nome! Inutile nascondere, però, che un po' ci sono rimasto male quando ha risposto alla prof che non ci conosciamo.
Prendo una sedia da un altro banco e mi avvicino alla cattedra dove ci sono la prof e Smeralda. Avvicino la sedia a quella di Smeralda e mi siedo. Sbircio nel suo quaderno, una serie di disequazioni goniometriche non ancora svolte. Si accinge a farne una, prova, ma non le torna, controlla il risultato nel libro e sbarra l'esercizio sul quaderno. Sbarra tutto, ma proprio tutto, quando invece il procedimento è giusto. Io lo so cosa ha sbagliato, l'ultimo passaggio. Guardo gli altri esercizi che fa e il problema è sempre quello: l'ultimo passaggio. Non studia i valori delle funzioni goniometriche degli angoli noti. Voglio dirle dove sbaglia, ci penso un po' e formulo le parole esatte con cui spiegarle cosa sbaglia, ma mi mancano le parole. Come se mi venisse a mancare la voce, non riesco a spiccicare una parola, sebbene continui a pensarci e avere gli occhi incollati sul suo quaderno. La prof si allontana per prendere il gesso e andare in bagno. Rimaniamo soli, io e lei, io e il silenzio, io e l'imbarazzo, io e la voglia di parlarle. A un certo punto, mi guarda e mi dice:
''Sai come si fa? Non le so proprio fare"
"E' giusto, l'unica cosa sbagliata è l'ultimo passaggio''
''E come si fa?''
''E' una cosa complicata, se vuoi te lo posso spiegare dopo questo recupero perché a casa ho un libro dove sono segnati tutti i valori delle funzioni che devi sapere''
''Certamente''
Ovviamente non era vero che era una cosa complicata, anzi, lei sapeva già fare gli esercizi, le mancava solo l'ultimo accorgimento e il risultato tornava. La mia era tutta una tattica per uscire con lei, per conoscerla e lei stava iniziando ad abboccare.
Erano già le quattro e mezza, un'altra mezzora per uscire dalla scuola e portarla a fare un giro. Non vedo l'ora che quest'orologio segni le cinque.