Capitolo 4

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Quelle quattro ore mi ammazzarono. Inutile dire che quello fu il giorno più brutto della mia vita. No, che dico! Quello fu il giorno SCOLASTICO più brutto della mia vita. Ho passato momenti più tristi di una sgridata e di una certa, quasi sicura, bocciatura.

Chissà perché quando penso a queste cose, mi si piomba nella testa sempre la solita immagine. Un volto, giovane, pallido, sciupato, a tratti privo di espressione. Un ragazzo dagli occhi tristi, a volte fissi, che lasciano intravedere una fragilità d'animo notevole. Un sorriso bellissimo, non bello perché i denti sono perfetti, ma bello perché sono rare le volte in cui viene mostrato, l'ho sempre definito un sorriso ''conservato''. Conservato come i calzini di lana che ritrovi nel cassetto di camera tua qualche anno dopo: sono lì, ma tu non te ne accorgi, li vedi solo dopo tanto tempo, sorpresa te ne ricordi, ma poi li rilasci lì, da una parte. E lui, quel ragazzo, veniva sempre messo da una parte e ciò lo capivi solo dal suo sguardo basso quando camminava. La gente lo definiva depresso, probabilmente lo era. Non quando era con me, però. Kevin. Kevin di bassa statura, magro fino ad intravedersi le ossa, ribelle come un pitbull che viene slegato dal guinzaglio dopo tanto tempo. Faceva una strage quando qualcosa non gli andava giù. Kevin che aveva sempre una sigaretta in mano, che era rimasto solo. Ne aveva combinate parecchie, era entrato in un circolo che neanche lui stesso sapeva gestire. Il male interiore si riversava sulle droghe. In paese venivano sparse strane voci sul suo conto, ma non ci avevo dato molta importanza, fino al giorno in cui qualcosa ci legò. Non era un'amicizia, non era un amore, non so definire ancora oggi cosa sia stato. So solo che, in alcuni istanti, sento la mancanza di Kevin fin sopra le vene. Sento il sangue raggelare solo quando mi entra, per caso, il suo nome tra i pensieri. Cerco di non pensare a lui, ma quando ci penso mi scende la malinconia perchè mi rendo conto che è stata una delle poche persone che mi ha dimostrato che posso avere un minimo di importanza per qualcuno. E' quel ragazzo che non capivo, ma che era l'unico in grado di capirmi. L'ho capito solo dopo, dopo quell'avvenimento che mi fece stare male, male dentro. Sento i suoi errori, i miei, dentro di me e sento che ora vorrei parlargli. Cosa vorrei dirgli? Beh, che tutto nella vita si può risolvere, che ci si può aiutare. A parer mio era questo di cui aveva bisogno Kevin: aiuto, sostegno, affetto. Purtroppo il destino ha fatto il suo corso e voleva che Kevin diventasse un angelo. Un angelo splendente. Lo ricorderò nel cuore, sempre. E ciò mi ha insegnato tanto. 

Non bisogna abbattersi al primo colpo, bisogna sfogarsi, piangere, urlare, quando si sta male. Non bisogna mai lasciarsi tutto dentro, ci sarà qualcuno che ti potrà aiutare nei momenti di difficoltà, sta solo a te chiedere aiuto. Non puoi fuggire dal tuo male interiore se prima non lo affronti. Tutto questo mi ha insegnato che, spesso, ci demoralizziamo per cose che sono risolvibili. Tutto è risolvibile e se una cosa va male si può sempre recuperare. Non ci rendiamo conto delle persone che stanno male dentro, le evitiamo perché non riusciamo a capirle. Dovremmo affrontare la vita diversamente, con più fiducia in se stessi, negli altri e tendendo la mano a chi ne ha più bisogno di noi. Bisognerebbe alzarsi la mattina felici, come nelle pubblicità delle merendine Kinder. Che poi di mattino puoi essere tutto tranne che felice perché vuoi continuare a dormire, ma bisognerebbe alzarsi dal letto pensando che, se vuoi, solo se tu lo vuoi, potrebbe essere una bella giornata!


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