Capitolo 3

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Per mia fortuna, sono riuscita a non fare come nei film.

Mi sono messa davanti all'armadio, l'ho aperto, ho chiuso gli occhi, ho steso il braccio e la mia mano ha frugato a caso, come l'artiglio delle macchinette piene di pupazzi inutili dei luna park. Il risultato è degno di un Jackson Pollock. Proprio quello volevo.

La camicetta senza maniche che ho pescato è nera a quadri bianchi, con una taschina sul lato destro del petto; la gonna, invece, è lunga e gialla, ricoperta da cuoricini verdi -non sapevo neanche di averla una gonna così, e forse sarebbe stato meglio non scoprirlo. Fa talmente tanto pendant con il tailleur che ho deciso di mettermi anche qualche accessorio: oltre alla giacca fucsia di mia sorella -che per qualche mistero cosmico mi va-, ho preso una lunga collana di perle finte di mia madre, degli occhiali da sole enormi e maculati marroni, degli orecchini arancioni a clip sempre di Sarah e un cappello di paglia che ho comprato con mia mamma quando mi ha portato con sé alle Canarie.

Perfetto.

Sto rimirando soddisfatta la mia opera. La mia figura magrolina riempie il piccolo specchio che abbiamo in camera e, nonostante sia alta un metro e cinquantotto, la testa è tagliata fuori, per questo sono costretta ad abbassarmi per vedere il viso. Non mi sono mai reputata bella, perché non mi interessa esserlo o no, ma devo dire che stasera i capelli lunghi e castani mi risaltano gli occhi anch'essi marroni con le loro incasinate onde, ora bagnate dopo la doccia, incorniciandomi anche i lineamenti sottili del viso. Guardo la spruzzata di lentiggini che ho sul naso e mi vengo in mente le arachidi...

Mi sto ancora rimirando, quando sento suonare il campanello. Attraverso con passo veloce il corridoio grigio e apro la porta. Un Jeff in tiro con camicia blu a righe leggermente sbottonata, jeans attillati e capelli tirati in dietro col gel mi sorride sulla soglia. Ma appena mi vede la sua espressione diventa prima puro shock, poi disgusto.

<< Andiamo?>> chiedo sorridendo, facendo finta di niente. Lui mi fissa infastidito.

Sta davvero bene vestito così. I capelli tirati all'indietro gli danno un'aria seria ma allo stesso tempo giovanile e misteriosa, e il contrasto col perenne sorriso bianco crea un effetto a dir poco brillante.

<< Avrei dovuto aspettarmelo>> dice guardandosi l'orologio al polso << Ma ormai è tardi. Muoviti, ti sistemo strada facendo>>

<< Sistemare cosa?>> chiedo innocente sempre sorridendo. Sarà una serata interessante.

<< Taci>>mi prende per un braccio e mi trascina fuori dalla porta. Sono quasi le otto e un quarto e il crepuscolo si sta ormai avvicinando. La strada e le case intorno sono illuminate dalla fioca luce arancione del tramonto, mischiata a quella dei lampioni sui marciapiedi. C'è ancora della gente in giro, mamme con i loro figli, anziani che fanno la passeggiata serale, ragazzi che portano a spasso il cane. E tutti loro, non uno escluso, mi guarda. Anzi, ci guarda. Alcuni con interesse, altri con divertimento, altri ancora con disgusto. Ma i migliori sono i bambini, che con le mani in bocca o nel naso continuano a squadrarmi anche dopo averci superati e le madri che li trascinano per i polsi, mentre loro continuano a fissarmi girando la testa a occhi sgranati.

Mi viene in mente Sarah. L'ho lasciata con Rodnie in pizzeria che si guardava La Bella e la Bestia, il suo cartone preferito. Quando l'ho salutata mi ha fatto un inchino imitando Lumière, il candelabro.

Non mi accorgo di ridere finché Jeff non mi strattona in avanti dicendo: << Ti sembra divertente? Io sto per andare al mio primo appuntamento con l'amore della mia vita e tu ti vesti come se fossi una qualche stralunata convinta di essere una modella?>> Ci penso su. << Sì>> affermo infine. Lui fa un verso metà tra la tosse e un urlo disperato, facendo girare parecchi cani incuriositi.

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