E ora siamo qui, a tastare le pareti come due emeriti idioti che hanno perso le lenti a contatto... sul muro.
Il biglietto dice che dentro c'è qualcosa... E noi stiamo cercando quel misterioso qualcosa. Anche se non sappiamo bene cosa. Ci stiamo comunque basando sull'ipotesi che il messaggio sia per noi e per questa precisa situazione, ma nessuno dei due ne è del tutto convinto. E' solo l'unica cosa che al momento potrebbe farci muovere a un passo in più dallo scoprire cosa ci è successo, ma solo idealmente. Idealmente, sì, a meno che non troviamo davvero qualcosa nelle pareti.
Da dietro la porta non arriva nessun rumore da un po', e noi abbiamo continuato a ispezionare il muro in silenzio. Non ho voglia di parlare, sono ancora mezza agitata da prima e questo fatto del messaggio non ha migliorato la situazione; in più, c'è da ricordare che sono stata aggredita per poi essere stata rinchiusa in una stanza e bla bla bla... Ormai l'agitazione è parte di me.
Andiamo avanti a cercare per qualcosa come mezz'ora, con i miei piedi che gridano pietà. In effetti, tra la corsa assurda di prima, l'agitazione e l'ora che abbiamo passato a strisciare lungo le pareti mi sono stancata un po'. Li posso sentire gridare in questo silenzio assurdo.
All'immagine dei miei piedi personificati che urlano mi lascio scappare una risatina isterica.
Non ce la faccio più.
<< Cos'hai da ridere? >> dice Nate rompendo il silenzio bruscamente. Anche lui dev'essersi stufato.
<< Non te lo dico. >> replico calma.
<< Uh? >> mi guarda confuso, << E perché? >>
Non ho intenzione di dirgli "be', niente. Stavo solo pensando ai miei piedi che spalancano la bocca per urlare, stile Urlo di Munch", perciò svio il discorso. << E perché? >> gli faccio il verso << Invece di interessarti alle mie risate, pensa al muro. Siamo qui da un'ora; dalla porta non è arrivato nessun segno di vita e dalle pareti non è sbucato fuori nulla. Cosa dobbiamo pensare? >>
<< Forse il biglietto non c'entra nulla... >> sussurra corrugando la fronte, cosa che faccio anch'io. Se davvero fosse così, non avremmo più una pista da seguire e tutto questo tempo sarebbe sprecato.
Tempo. Non so come, ma mi ritrovo a pensare a Jeff. Forse avrei dovuto assecondare Matt, quando voleva accompagnarmi a casa quella sera; se l'avessi fatto, a quest'ora è probabile che sarei sul divano con Sarah e Rodnie, ad ascoltare il monologo di Jeff al telefono sul suo appuntamento.
Il tono frustrato di Nate mi riporta bruscamente alla realtà<< Ma allora che vuol dire?! Mi sembra troppo strano che te lo sia ritrovata così, per caso, in una felpa non tua che... ahhh! >> Non finisce la frase, ma non c'è bisogno che lo faccia. Insomma, la situazione è troppo assurda da sé, non ci sono parole altrettanto assurde per descriverla.
Mi sto seriamente stufando di questa storia, e se ci fossero finestre penso che mi butterei giù. Invece mi siedo per terra, mentre aspetto guardando la moquette piena di pelucchi. Che cosa aspetto? Boh... immagino dei rumori o altre urla... qualche segno divino...
Clock.
Alzo la testa di scatto, puntando lo sguardo su Nate appoggiato alla parete. << Cos'hai fatto? >> chiediamo insieme. << Non sono stata io! >> esclamo allora alzando le mani. Dio?
<< Come fai a saperlo? Magari uno dei due ha fatto qualcosa involontariamente >> dice Nate staccandosi dalla parete, per poi girarsi a guardarla e ricominciare a tastare. Mi alzo anch'io e mi avvicino.
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The Genes
Science FictionTaryn è una ragazza di sedici anni che è cresciuta da sola, diventando molto indipendente. Nonostante creda di essere una qualunque monotona persona del mondo, viene a scoprire, dopo un'aggressione, che il suo sangue serve proprio al nostro pianeta...