XV Magnolia

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Una leggenda narra che una volta esisteva una sola magnolia. All'esterno era alta, forte e con pochi fiori; all'interno del tronco invece c'era la magnolia stellata, con tantissimi fiori bianchi profumati. La prima era il corpo, l'altra l'anima e fiorivano insieme, l'una nell'altra, dando serenità all'intero giardino. In un giorno di pioggia un'azalea gialla sfiorò l'albero, la magnolia non si accorse che era causa del vento, credette che quel tocco fosse legato ad un interesse che decise di contraccambiare e spinse sempre di più i fiori a sbocciare dal suo cuore stellato verso l'azalea.

La leggenda delle due Magnolie. La leggenda delle due Magnolie. La leggenda delle due Magnolie.Ma l'azalea non nutriva nessun sentimento e con il passare del tempo l'albero di magnolia comincio a sentirsi sempre più triste finché il suo cuore si spezzò, separandosi dal corpo: così nacquero due alberi, la magnolia alta che tende i suoi rari fiori sui rami ricoperti di foglie verdi per mostrare la sua forza; e la magnolia stellata senza foglie, con i suoi fiori bianchi fragili some il suo cuore senza speranza. *


Quando quella mattina aprì gli occhi, Federico si sentiva una persona nuova. La febbre era definitivamente scesa e aveva ripreso le forze.
Con un nuovo vigore, decise di concedersi una doccia, così da lavare via il sudore e i pensieri che lo avevano attanagliato nel dormi-veglia costante dei due giorni precedenti.
Mentre l'acqua gli scorreva giù per il corpo, Federico decise di affrontare la sua giornata – o meglio, la vita da quel giorno in poi – rivestendosi nuovamente dell'apatia che aveva sempre usato come scudo. Si era sentito debole, fragile, aveva pianto come non faceva da troppo tempo, si era sentito spezzato: sapere che Emma fosse solo un'immagine proiettata dalla sua fervida immaginazione lo aveva ferito, distrutto quasi; tuttavia, lui non voleva più sentirsi debole di fronte alla verità, ai fatti, voleva reagire.
Incerto sul motivo per il quale fosse successo quel che era successo, decise che da quel momento in poi non gli sarebbe più importato. Tutto ciò che davvero desiderava era serenità, che niente lo turbasse più. Non avrebbe più consentito alla sua testa di fargli simili scherzi, non sarebbe stato più tanto fragile da pensare a Emma, da desiderarla. Semplicemente, lei non esisteva, lo aveva capito.
D'altronde, una parte di lui era persino convinta che Emma non si sarebbe più ripresentata: la notte prima l'aveva scacciata definitivamente.
Aveva messo un punto a quella storia, era il momento di andare avanti.
Con quelle nuove certezze nel cuore, scese al piano di sotto per concedersi una colazione abbondante.
-Tesoro, buongiorno! – disse Simona, vedendo il figlio fare il suo ingresso in cucina. Aveva ancora il tono apprensivo che le aveva sentito utilizzare il giorno prima.
-Ciao – disse lui, sbrigativo, versandosi una tazza di caffè.
-Come ti senti oggi? – proseguì sua madre, studiandogli con attenzione il volto.
Federico sapeva che era preoccupata. Del resto, neanche lui si immaginava di reagire così male.
Non si vergognava di quel che era successo, era pur sempre un essere umano con le sue debolezze, ma non voleva sentirsi sotto interrogatorio, o compatito.
-Bene, ti ringrazio – la liquidò.
Sapeva che quella risposta data con convinzione non fosse sufficiente a sedare definitivamente i dubbi della madre.
Simona, infatti, dopo averlo osservato mangiare il suo yogurt in silenzio, incalzò nuovamente la conversazione: -Ieri non facevi che ripetere di essere pazzo.
Federico guardò la madre per la prima volta da quando aveva fatto il suo ingresso nella stanza: aveva gli occhi cerchiati da occhiaie scure, un sorriso tirato, i capelli disordinati. Realizzò che probabilmente la donna aveva amorevolmente vegliato su di lui mentre stava male e quella consapevolezza gli impedì di darle una risposta lapidaria. Non voleva essere brusco o scortese.
Erano anni ormai che Federico tagliava fuori dalla sua vita la madre, punendola ripetutamente per le sue colpe. Non si era mai pentito, lo sdegno che le aveva sempre dimostrato riteneva che lei se lo fosse meritato, così come la sua indifferenza. L'aveva tagliata fuori dalla sua vita per ripagarla con la stessa moneta.
In quel momento, tuttavia, pensò che il senso di una fantasia come Emma ci fosse: lei gli aveva dato una piccola scossa per cambiare, per guardare gli occhi in modo nuovo, differente, come gli aveva detto Annamaria tempo prima.
Federico realizzò di essere pronto ad aprire la porta alla madre, dopo averla tenuta fuori dalla sua vita a lungo. Almeno Emma, dopotutto, gli aveva insegnato qualcosa.
Si alzò dalla sedia e la abbracciò.
Simona fu inizialmente rigida a quel gesto, più per la sorpresa che per altro. -Ma che ti prende – bisbigliò.
-Sto bene – fece lui con un tono dolce che non le aveva mai dedicato. -Grazie per esserti presa cura di me, mamma, ora sto bene.
La madre a quel punto ricambiò l'abbraccio con vigore, grata di ricevere un simile slancio fisico di affetto dopo anni di atteggiamento distaccato.
Federico sentiva che sua madre non fosse convinta di quel che le aveva detto, ma non insisté più. -Grazie – si limitò a dire.
Fu in quel momento che Giancarlo fece il suo ingresso nella stanza.
-Oddio ma che mi sono perso! – gracchiò con il suo vocione.
Simona e Federico risero all'unisono, sciogliendo l'abbraccio amorevole in cui si erano intrecciati.
-Ma va', immagino siano segreti vostri – proseguì diplomaticamente l'uomo, come a voler preservare un momento di complicità tra madre e figlio. -Simona le posso piantare le Magnolie? Le metto vicino alla pianta di Gelsomino.
Giancarlo sventolò il grosso vaso marrone che teneva in mano senza sforzo sotto gli occhi attenti dell'ex-moglie.
-Ma certo – lo assecondò Simona con un sorriso, bevendo un sorso dalla sua tazza di caffè.
Federico, dal canto suo, prese il telefono in mano e si premurò di rispondere al messaggio che aveva ricevuto da parte di Annamaria.
-Quando stai bene fammelo sapere – recitava.
Mentre si apprestava a digitare una risposta, una vigorosa pacca si infranse tra le sue scapole, facendolo trasalire.
-Ti vedo in forma – scherzò Giancarlo, complice.
-Altroché, son pronto per aiutarti con quel cespuglio che vuoi piantare – confermò lui con un sorrisetto, poi digitò la risposta all'amica: -Sto benissimo.
-Nel pomeriggio sono da te – fu la celere risposta della bionda.


Annamaria iniziò a studiarlo indagatrice fin dal momento in cui le aprì la porta di casa.
-Come stai? – gli chiese subito, mentre percorrevano le scale verso il piano di sopra.
Aveva i capelli biondi spettinati ed era vestita a casaccio, segno che aveva avuto da fare prima di raggiungerlo.
-Una meraviglia – borbottò lui con una risatina. Sapeva che avere un atteggiamento scanzonato sicuramente contribuiva a fornire maggiore rassicurazione all'amica.
Tuttavia, la bionda non sembrava per nulla convinta. Una volta raggiunta la camera di Federico, scaraventò la pesante borsa in pelle sul suo letto ed iniziò a rovistare dentro.
-Ma che combini? – le chiese lui, chiudendosi la porta alle spalle.
Anna, in risposta, si voltò a guardarlo, a metà tra il curioso e il confuso. -Non mi venire a dire che non è successo niente, mica sono scema sai?
Aveva il viso candido stanco, un paio di occhiaie violacee sotto gli occhi.
Federico fece spallucce e si stravaccò sul letto, di fronte a lei. -Cosa ti vuoi sentire dire?
-Voglio che ti apri un po'- lo incoraggiò bonariamente, mettendosi comoda, in modo da poter avere un contatto visivo con lui. -Ho capito quello che è successo, sai?
Uno sbuffo seccato. - E allora perché vuoi sentirtelo ripetere?
Annamaria sembrava più che motivata a eviscerare la questione e ad esorcizzare la tristezza che gli vedeva addosso. Si era rivestita da sola di un compito che lui avrebbe voluto non avesse affatto; voleva solo starsene in pace.
-Perché so che stai soffrendo, non c'è bisogno che fai il gradasso con me.
-Non sto facendo proprio niente.
La bionda, stufa, lo zittì con un gesto perentorio della mano, come a voler scacciar via una mosca fastidiosa. Riprese a rovistare nella sua borsa color panna, tirando fuori un pesante libro di pelle marrone.
-Allora, io ci ho riflettuto un po' su e ho fatto le mie ricerche.
Federico la studiò. Voleva stroncare subito quel discorso, ma Anna sembrava così motivata da non averne la forza. -Ricerche su cosa?
La bionda parve inizialmente timorosa all'idea di parlare, ma si fece coraggio: -Tu Emma l'hai vista, no? In carne ed ossa, intendo.
-Ma certo – borbottò lui con un groppo in gola. -Così credevo.
-Mica sei pazzo – lo rincuorò lei, facendogli una carezza sul braccio. Era come se Annamaria volesse fornire una spiegazione razionale a tutto quello che era successo, di modo che potesse usare la verità dei fatti per poter rincuorare l'amico.
-Che ne sai? – biascicò lui. -Magari lo sto diventando.
Anna insisté: -E ti sei immaginato una relazione con una persona che non esiste o, peggio, con un fantasma? Ti senti in un libro di Nicholas Sparks?
L'irrazionalità della cosa era evidente, non c'erano dubbi, ma lui era convinto di ciò che aveva visto e vissuto, così come era conscio di quanto Emma fosse estremamente sfuggente e vaga sulla sua vita, quasi come se non ce l'avesse affatto. Era difficile convincersi che lei non esistesse per una persona esterna ai fatti, ma più Federico ci pensava più lo riteneva plausibile. Più si sentiva confuso sul perché di tutto.
Emise un altro sbuffo, incerto su dove lei volesse arrivare con quella premessa. -Quindi?
In risposta, la ragazza gli sventolò sotto il naso il libro di pelle marrone, che aveva l'aria di essere piuttosto vecchio. -L'ho preso tra le cose del trasloco di quella casa – spiegò con timidezza.
Per la prima volta in quella giornata si sentì in vena di scoppiare in una fragorosa risata: -Vuoi dirmi che sei tornata da quella megera e hai rovistato senza farti vedere nella loro roba per prendere un libro?
Annamaria non lo guardò in viso nel rispondere, le guance tinte di rosso per l'evidente imbarazzo: aveva rubato e non voleva ammetterlo. La cosa più dolce era che lo aveva fatto per lui, aveva perseverato per farlo stare meglio.
-Innanzitutto, è un album – lo corresse con un bisbiglio. -E poi mica potevo lasciare le cose come stavano.
Federico perse un battito a quelle parole. Si sentì per la prima volta sopraffatto dall'affetto di Anna, ben voluto. Nessuno aveva mai fatto una cosa tanto tenera per lui e si sentì lusingato che lei ci tenesse a tal punto da spingersi a rubare.
Certamente anche lui aveva fatto molto per lei nelle settimane precedenti, ma vedeva nello sguardo di lei che non si trattava solo di riconoscenza, di un ricambio, ma che c'era del sincero interesse. Lei voleva farlo stare davvero meglio: anche solo il gesto dell'amica, lo riportava alla realtà con una maggiore serenità.
Le fece una carezza sul viso arrossato, spingendola dolcemente a guardarlo. -Grazie – le bisbigliò con un sorriso.
Annamaria, ancora imbarazzata, si fece ancor più rossa di prima, ma si sforzò di sorridere. -Di nulla – disse con la voce roca. A quel punto sfuggì al suo tocco e si rischiarò la voce, così da poter riprendere il loro discorso: -Insomma, mi sono detta che le possibilità che la Emma morta nipote della megera e la tua Emma fossero la stessa persona fossero infinitesimali, così ho preso questo per vedere qualche foto. Sono convinta che tra gli scatti di famiglia non c'è traccia della tua Emma. Così vedrai che non sono la stessa persona!
La bionda iniziò a sfogliare le pagine dell'album, pieno di foto di sconosciuti scattate nel giardino della casa ormai fatiscente. Un tempo, era stata bella, con un giardino verde e rigoglioso stracolmo di fiori, come era quello di casa Visconti.
Mentre studiavano insieme le vecchie fotografie, Federico si sentì nuovamente un groppo in gola. Certamente Annamaria aveva ragione a voler razionalizzare tutta quella faccenda, era normale volersi dare una spiegazione con la logica. Tuttavia, lui sapeva che quell'ennesima ricerca di spiegazioni lo avrebbe portato a realizzare quanto lui stesso si fosse spinto oltre i confini della razionalità.
-Questo dovrebbe essere il padre della megera – disse Anna, indicando la foto con un uomo anziano dagli enormi occhi verdi. Lo stesso verde che aveva già visto moltissime altre volte.
Man mano che andavano avanti a sfogliare le pagine, Federico si sentì sempre più sopraffatto dalla situazione. Stava vacillando, ma non voleva cedere nuovamente.
-Ecco! – si illuminò Annamaria, indicando una foto di gruppo piena di gente. -Può essere una di loro?
Federico studiò con attenzione i volti ritratti nell'immagine, ma nessuno era Emma. -No- scosse la testa, sempre con l'ansia addosso.
La bionda annuì soddisfatta, convinta di aver fogato i dubbi del suo amico. -Neanche questa immagino, vero? – disse, indicando un'altra foto.
Un tuffo al cuore. Stretta in un abbraccio all'anziano nonno, dietro ad uno sfondo di verde rigoglioso, c'era proprio lei. Emma.
Avrebbe riconosciuto le lentiggini e gli occhi verdi ovunque, tra milioni. Era lei, a conferma delle sue più intime paure: la ragazza morta di cui si era innamorato, con uno dei suoi abiti svolazzanti, i capelli acconciati in modo buffo, le labbra di fragola.
Federico si sforzò di apparire imperturbabile anche se dentro si sentiva esplodere come un vulcano. -No – scosse la testa. -Non è neanche lei.
Annamaria a quel punto rise vittoriosa, prendendogli entrambe le mani. -Allora non era lei, visto? C'era stato un malinteso!
Deglutì, ma si sforzò di stirare i lati della bocca in un sorriso. -Avevi ragione – confermò, cercando di non esitare ulteriormente sull'immagine davanti a loro.
-Non c'era più nessuno da esaminare – disse la bionda, sfogliando ancora l'album di fotografie: da quella pagina in poi c'erano una miriade di fotografie che ritraevano Emma con il nonno nelle situazioni più disparate. In giardino a piantare fiori sporchi di terra, in cucina a sorseggiare un caffè, un semplice selfie. Alla fine, Anna chiuse l'album con un tonfo: -L'ho rivisto diverse volte, a parte quelli che ti ho mostrato non c'è più nessuno – gli sorrise.
-Ottimo – commentò lui, neutro.
Annamaria gli prese di nuovo una mano. -Tu non sei pazzo e hai frequentato una persona perfettamente normale con la quale puoi avere una relazione altrettanto normale.
-Mi ha comunque lasciato – disse lui istintivamente. Sperava che rimarcando quell'aspetto, Annamaria smettesse di parlare di lei.
La verità era che lui era impazzito, eccome, ma non sapeva spiegarsi perché.
-Oh – disse la bionda, triste. -Vero.
-Ed io non credo di volerla rivedere.
-No? – fece lei, confusa. -Ma se eri così preso!
Federico scosse la testa e cercò di fare in modo di apparire convincente: -No, tutta questa storia credo che mi abbia fatto capire quanto lei mi abbia scombussolato. Non è un'influenza positiva nella mia vita se mi ha fatto stare così male.
Annamaria lo fissò intensamente, pungolandosi il mento con un dito. Lei stessa, qualche settimana prima, gli aveva detto che frequentare Emma lo aveva maggiormente aperto nei confronti del mondo, motivo per il quale lei non era d'accordo con ciò che affermava lui.
Federico sapeva, però, che lei non avrebbe ulteriormente insistito di fronte ad una bugia detta con quella convinzione.
-Come vuoi – fece lei, riponendo l'oggetto rubato nella sua borsa. -Sono contenta solo di aver chiarito la faccenda.
-Ti offro una birra come ricompensa? – disse lui con un sorriso, sentendo il bisogno di fare qualcosa di normale dopo quel continuo trambusto emotivo che aveva subito. Non voleva più pensare a quella faccenda, voleva dimenticarla. Sperava che stare con Annamaria sortisse proprio quell'effetto.
-Sì! – annuì lei, afferrando la borsa, pronta ad andare.


Alla fine, una semplice birra si era trasformata in una bevuta di tutto rispetto: erano rimasti seduti al Bangladesh per ore, scherzando sugli argomenti più diversi, leggeri come non lo erano mai stati.
L'obiettivo di Federico era infatti scacciare via la pesantezza che si era sentito addosso, anche solo per una sera, approfittando della compagnia di Annamaria. Quest'ultima, dal canto suo, pareva assecondare in tutto e per tutto le intenzioni dell'amico, ignara della bugia che lui le aveva raccontato per rassicurarla.
-Oddio, guarda – bisbigliò Annamaria, indicando un punto alle spalle di lui che lei aveva perfettamente sott'occhio.
Quando Federico si voltò, notò che il locale si stava riempiendo sempre di più di persone e, tra queste, c'era anche Marco. Il biondo era in compagnia di un gruppo di ragazzi con cui non lo aveva mai visto e di altrettante ragazze. Delle gemelle non c'era più traccia, probabilmente lo avevano stancato.
-Ignoralo – disse Federico, voltandosi nuovamente verso l'amica. -Non si merita un briciolo della tua attenzione.
Annamaria annuì, un po' turbata. -Presumo di sì.
Sapeva che l'amica era troppo sensibile per restare impassibile davanti a Marco e alla sua faccia da schiaffi, ma non era in suo potere entrare nella sua testa. L'unica cosa che poteva fare era esserle di supporto.
-Se vuoi andiamo via – le disse, dopo aver notato che la musica del locale si era fatta più alta, al punto da essere costretto a urlare per farsi sentire.
Alcuni ragazzi avevano preso a ballare nello spazio centrale, sgomberato da sedie e tavoli dallo stesso staff del bar.
La bionda scosse la testa, ma senza troppa motivazione. -Se ce ne andassimo avrebbe vinto lui – disse, anche lei aumentando il volume della voce per potersi fare sentire. -Marco ha sbagliato, io non ho vergogna a mostrarmi in giro, lui dovrebbe!
Federico annuì soddisfatto. -Hai ragione!
-Lo so – sorrise lei, riacquistando un po' di calma. Bevve d'un fiato l'ultimo sorso di birra che le era rimasto e si alzò in piedi, tendendogli la mano: -Balliamo anche noi!
Di solito, Federico non era il tipo di persona che si gettava nella mischia per divertirsi. Tuttavia, in quel momento, sapeva che accettare l'invito di Annamaria significava darle supporto in una situazione che la metteva in difficoltà e, allo stesso tempo, dimostrare qualcosa a Marco, così le prese la mano.
La bionda lo guidò in mezzo alla calca e iniziarono anche loro a ballare sul ritmo della musica ormai assordante. Federico le sorrise complice, perlustrando la stanza con la coda dell'occhio alla ricerca di Marco.
Lo adocchiò alla sua sinistra: il biondo li guardava con un certo imbarazzo, a testimonianza del fatto che la loro azione aveva sortito esattamente l'effetto desiderato. Del resto, era come diceva Annamaria, lui doveva sentirsi in difficoltà nell'incontrarla, non viceversa.
Soddisfatto, Federico si lasciò andare maggiormente al ritmo della musica, ridendo insieme all'amica. I capelli biondi di lei ondeggiavano, rilasciando un fresco aroma di albicocca, mentre gli occhi le si illuminavano nuovamente per l'allegria e la leggerezza del momento.
Annamaria gli mise le braccia attorno al collo giocosamente e lui rise di rimando, osservando il modo in cui la fronte le si imperlava di sudore. Si rese conto con un certo stupore di trovarla bella: lo aveva sempre pensato, anche quando andavano a letto insieme, ma non si era mai trovato ad indugiare sul suo viso. Probabilmente, la complicità di quel momento, unita agli eventi che avevano rafforzato la loro fiducia reciproca, lo avevano portato a guardarla in modo diverso.
Federico pensò che, con il senno di poi, tutta la storia di Emma gli era servita a qualcosa: con sua madre, i suoi genitori, con la sorella... e con Annamaria.
Mentre realizzava quel pensiero, scorse alle spalle della bionda un'acconciatura sbarazzina e un paio di enormi occhi verdi su un viso punteggiato di lentiggini. Emma, sopracciglia folte aggrottate e nasone storto, lo guardava con sospetto, totalmente estranea all'atmosfera festaiola della folla.
Federico perse un battito nel vederla: pensava che l'immagine di lei non si sarebbe più palesata. Invece, a contraddire le sue convinzioni, il suo spettro era proprio lì a fissarlo corrucciata mentre lui si divertiva con Annamaria.
Il cuore prese a battergli fortissimo al punto che la sua bionda amica se ne accorse.
-Che succede? – gli disse, vicinissima all'orecchio.
Federico se la ritrovò ad un palmo dal naso, lo sguardo di lei confuso e preoccupato.
Nella confusione dei pensieri che lo attanagliavano e della situazione stessa, lui fece l'unica cosa che gli pareva sensata tra un mare di molte altre: baciò Annamaria.

Si racconta nelle cronache botaniche dell'epoca che per diversi anni dopo la sua importazione in Europa essa venne coltivata in serra perché considerata una pianta molto delicata. Solo dopo qualche tempo un intrepido botanico decise di piantarlo all'esterno: la sua pianta non solo crebbe forte e maestosa, ma visse per oltre 100 anni. Nel linguaggio dei fiori, la magnolia è simbolo di dignità e perseveranza.


*Fonte: www.cosamimetto.net

Buongiorno miei cari lettori! In questi giorni sto finendo di scrivere questa storia con molta nostalgia: non mi aspettavo potesse farmi così male finirla dopo tanti anni che era in cantiere. Credo che ogni storia che scriviamo lasci qualcosa, nel bene o nel male, e questa in particolare mi ha arricchita molto e resa molto fiera di chi sono e di cosa ho fatto nella vita. Ringrazio chiunque si sia spinto fino alla lettura di questo capitolo, mi auguro che il mio impegno sia da voi apprezzato. Aspetto come sempre vostri feedback: vedere ipotesi sulla storia mi riempie di orgoglio. A presto!

La ragazza dei gelsominiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora