Secondo la leggenda si narra che un giovane pastore si innamorò follemente di Diana, che aveva, però, fatto il voto della verginità, questa dopo avergli dato delle false speranze d'amore lo abbandonò. Il giovane morì dalla disperazione poco tempo dopo e, dalle lacrime che aveva versato per il suo amore nacquero i garofani bianchi. *
Quella sera, per poter smaltire la tristezza, Emma aveva deciso di fare una passeggiata: se ne stava rintanata in casa, in solitudine, da un tempo che ormai le pareva infinito, e voleva lasciarsi andare ad un po' di spensieratezza. La feriva l'idea di perdere la casa dove c'erano tanti ricordi, ma Patrizia le aveva promesso di farle avere i soldi che Enzo le aveva lasciato... Probabilmente sarebbero stati sufficienti per ricominciare.
Nel vialetto alberato, scorse una casa il cui giardino le parve curato come un tempo lo era stato anche quello di casa sua. In prossimità del cancelletto di ingresso, troneggiava una profumatissima pianta di gelsomino dalla quale si era sempre sentita attratta: fin da bambina, aveva sempre chiesto al nonno di coglierle un paio di fiorellini. Enzo aveva sempre acconsentito, dicendo che probabilmente non se ne sarebbero accorti e che, del resto, lo facevano tutti.
Si chinò in prossimità della base della pianta, iniziando a raccattare qualcuno dei fiorellini.
-Che stai facendo? – bisbigliò una voce alle sue spalle.
-Oddio! – aveva ribattuto lei in un gridolino spaventato.
Senza smettere di cogliere i fiori, studiò il suo interlocutore con la coda dell'occhio: folti capelli castani, occhi così scuri da sembrare pozzi profondissimi, un velo di barba spinosa a dargli un'aria deliziosamente trasandata.
-Mi hai spaventata.
Federico la accompagnò fino al fatiscente portone di casa.
Quasi si vergognò di mostrargli dove abitava, ma del resto non lo avrebbe mai più visto in vita sua. Gli aveva sciorinato bugie perché non si era resa conto quanto le mancasse chiacchierare con qualcuno del più e del meno, e di certo non poteva raccontargli la verità: la gente tendeva a fuggire dalle questioni complicate. Non era necessario intavolare una conoscenza con un passante incontrato per caso, nonostante comunque lui fosse indubbiamente curioso.
Non era solo bello, con i suoi zigomi spigolosi e il naso pronunciato, quel modo scanzonato di parlarle, sfidandola con le parole e con lo sguardo, le rivelò la scorza dura, mentre la dolcezza del suo cuore era dietro i modi gentili, seppur freddi e distaccati.
Federico era una conoscenza invitante, e non solo perché era la prima persona con cui si relazionava da anni, ma Emma non aveva tempo di dedicarsi alle relazioni interpersonali. Le complicazioni della sua vita erano troppe e lei aveva solo bisogno di ricominciare. Entro poco tempo avrebbe compiuto ventuno anni e se ne sarebbe andata via, il più lontano possibile.
La sera successiva, mossa nuovamente dalla volontà di fare una passeggiata, uscì di nuovo: era come se Federico avesse risvegliato in lei i suoi desideri più adolescenziali, come quello di concedersi una serata fuori, anche se non aveva compagnia.
Emma aveva indugiato davanti casa di lui nonostante l'obiettivo che si era prefissata, ma era passata oltre poco dopo: non voleva farsi trovare lì appostata e dargli l'idea di essere una specie di stalker. Indubbiamente pensava a lui, ma le cose dovevano restare così com'erano.
Rimase sorpresa quando scorse Federico in spiaggia, bello come la sera precedente, a interloquire animatamente con una ragazza dai capelli biondi. Incuriosita, Emma li aveva seguiti quando si erano allontanati, rintanandosi in una macchina per fare sesso.
Appollaiata sopra un albero, Emma si sentì delusa che Federico avesse una ragazza, anche se dal modo con il quale si approcciava a lei non aveva visto alcun tipo di delicatezza e amorevolezza.
Nonostante fosse motivata a sedare quella piccola ossessione per lui, non riuscì a resistere all'idea di scendere dall'albero appena in tempo perché Federico la vedesse, così da potergli parlare.
-Che stavi facendo lassù? – le chiese lui, avvicinandosi.
Il modo in cui gli occhi del ragazzo si illuminarono nel vederla le fece capire che l'interesse che sentiva lei era tutt'altro che non corrisposto, ma Federico aveva una fidanzata e non c'era da fidarsi di uno che faceva il cascamorto con la prima che passava.
Così, Emma decise di ergere un muro tra lei e lui.
Giorni dopo, fu paradossale per Emma svegliarsi in camera di Federico, proprio sul suo letto.
Aveva deciso di non avere nulla a che fare con lui, ma non poteva fare a meno di cercarlo, di volerlo. E, dopotutto, lui era meno biasimabile di quanto non avesse pensato inizialmente: Annamaria non era la sua ragazza, sebbene quello che facesse con lei fosse discutibile, e lui non riservava le stesse attenzioni che dava a lei a tutti.
Al contrario, Emma si sentiva quasi una privilegiata per il modo amorevole con il quale lui si era preso cura di lei; nessuno lo faceva da anni.
Dopo essere stata svegliata bruscamente da delle urla al piano di sotto, Emma prese a massaggiarsi le tempie, pensando vergognosamente al fatto di aver vomitato dopo che lui l'aveva baciata. Voleva baciarlo bene, non in quel modo.
Il disagio che sentiva venne però annullato definitivamente dall'apparizione di Federico, poco dopo, i capelli più spettinati del solito e gli occhi cerchiati da occhiaie. Sebbene fosse più stanco e trasandato di come lo aveva incontrato abitualmente, riusciva sempre ad essere bello in una maniera così spudorata che Emma sentì quasi caldo a guardarlo.
-Ciao – le disse, chiudendosi la porta alle spalle.
Quando Federico l'aveva baciata, nel buio del suo giardino, Emma aveva sentito i fuochi d'artificio dentro lo stomaco, la magia nell'aria. Il modo in cui le aveva accarezzato il viso, esplorando la sua bocca con la lingua, l'aveva fatta sentire desiderata come non si era mai sentita.
Aveva chiuso gli occhi, la barba di lui a pungerle deliziosamente il viso, ma prima ancora di potersi abbandonare alla realtà di quel momento un pensiero la riportò bruscamente sui suoi passi.
Il coinvolgimento che sentiva per lui era molto più di quello che si aspettava e non poteva concedersi il lusso di un innamoramento, non perché non lo volesse, ma perché la sua vita era troppo complessa da concederglielo. La precarietà della sua situazione non le consentiva di coltivare qualunque cosa ci fosse con Federico.
Così, con grosso rammarico, aveva interrotto quel bacio ed era corsa via, verso casa, consapevole della delusione di lui dopo essersi sentito respinto per un'altra volta.
Si era arrampicata nella sua stanza dagli alberi sul retro, come era ormai sua abitudine, e silenziosa come un gatto era scesa al piano di sotto, trovando la luce accesa e sua zia Patrizia a studiare un portagioie zeppo di gioielli appartenuti a sua nonna.
-Ragazzina, credevo di averti detto che non volevo trovarti qui – brontolò la donna, sorseggiando un bicchiere di vino.
Emma si sentì più motivata e coraggiosa del solito: -E dove credi che possa andare? Abito qui!
Patrizia la studiò con la stessa attenzione che si riservava ad un insetto. -Non è mica un problema mio se sei un'orfana senza casa.
Quelle parole non la ferirono anche se riservavano una grande cattiveria. -Non è mica un problema mio se il nonno non ti ha lasciato nulla.
-Cosa fai, mi sfidi? – rispose sua zia, riducendo gli occhi a due fessure.
-Stai già facendo tutto quello che è in tuo potere per rovinarmi la vita, non credo che la situazione possa peggiorare sfidandoti – rispose lei, piccata.
-Non ne hai idea – rise la donna, lasciando che la conversazione cadesse nel vuoto.
Il bisogno di vedere Federico la fece sentire sopraffatta.
Emma non faceva altro che pensare al modo in cui lui l'aveva baciata, scombussolandole lo stomaco deliziosamente.
Divisa tra ciò che davvero voleva e la sua prossima fuga dopo il compleanno, Emma aveva deciso di affrontare Federico, di dirgli che non potevano stare insieme, per quanto le dispiacesse.
Conscia delle abitudini che aveva, quella sera lo attese poco distante dalla sua casa e lui non si fece attendere molto.
Le scoccò un'occhiata silente, esibendo della rabbia e il suo essere ferito come uno stendardo.
Emma, in quell'occasione, scelse di usare un tono falsamente leggero, cercando di apparire disinvolta per smorzare la situazione: - Non mi saluti neanche?
-Oggi non sono in vena – aveva borbottato lui in risposta e dietro quella frase lei capì che c'era molto di più.
-Sei arrabbiato.
-Non ci voleva molto a capirlo.
A quel punto lei gli prese la mano, incapace di resistere all'impulso di toccarlo. -No infatti – constatò, prendendo un bel respiro. -Beh, io...
Nonostante fosse pronta a scaricarlo, le parole le morirono in gola nel vedere l'espressione di lui cambiare, gli occhi illuminati da un infantile speranza.
-Tu? – la incoraggiò, forse pensando che lei ritrattasse il suo comportamento.
Emma si sentì sconfitta nel guardarlo in quel momento, incapace di comunicargli ciò che aveva deciso con tanta fatica: voleva stare con lui, non fuggire via; voleva aprirsi, non ergere un muro.
Dopo qualche mugugno confuso, Federico mise nuovamente la maschera dell'indifferenza. -Ho capito.
-Che hai capito?
-È stato un errore, hai ragione, non succederà più. Solo un bacio accidentale.
Lei sapeva che una simile affermazione proveniva dal suo cuore ferito, ma questo non bastò a farla apparire meno confusa. -Ma che s...
Lui non la lasciò finire: -Ora scusami, devo andare.
Nel vederlo allontanarsi, Emma si sentì un'altra piccola crepa sul cuore. Teneva a quel ragazzo molto di più di quello che aveva pensato fino a quel momento.
Decise che forse una chance con Federico se la poteva dare, non doveva mettere un punto per forza.
-Potevate tenerla un po' meglio quella dannata casa – aveva ruggito Patrizia al telefono quella sera.
Emma, seduta sulla spiaggia, non aveva esitato troppo a rispondere, curiosa di sapere quale nuova minaccia la zia fosse pronta a riservarle. - Avevo altro a cui pensare.
Dall'altra parte, la donna parve non cogliere l'allusione alla salute dell'anziano Enzo. -Mi hanno detto che la potrei vendere soltanto ristrutturando massicciamente tutto, cosa che mi porterebbe via tempo e soldi – aveva brontolato la donna. -Soldi che non mi va di spendere e che non ho, per altro.
-Non li hai perché già li hai sprecati come al tuo solito.
Patrizia emise quasi un sibilo. -Vedo che non ti importa nulla del fatto che io abbia il coltello dalla parte del manico.
Emma digrignò i denti rumorosamente. -Tutto ciò di cui veramente mi importava l'ho perso, ormai.
Pensò ai momenti con l'anziano nonno trascorsi in giardino con i loro fiori, pensò a quando le aveva regalato un mazzo di gardenie – il fiore preferito di Enzo – e pensò alla tristezza di averlo perso.
-Se la metti così non vedo il motivo di rinnovare il nostro accordo – aveva sibilato la zia. -Se non ti importa più di nulla, non avrai problemi se spendo i soldi che tuo nonno ha messo da parte per sistemare quella catapecchia e renderla vendibile.
Emma sentì un tuffo al cuore al pensiero di perdere anche i soldi con i quali poteva costruirsi un futuro dignitoso. -Non ci riusciresti mai in così poco tempo. Tra poco sarà tutto mio.
-Volere è potere, bambina.
-Sono tua nipote! – proseguì Emma, sperando di accendere qualcosa in Patrizia.
-Ma quale nipote, per me sei morta nel momento stesso in cui quel vecchio suonato ti ha lasciato tutto quello che doveva essere mio.
A dispetto del fatto che si sentisse estremamente fragile, Emma riuscì a mantenere i nervi saldi ed un atteggiamento coraggioso nel fronteggiare telefonicamente la zia. -Fai quello che credi meglio, ma ti assicuro che tra qualche settimana, quando compirò ventuno anni, verrò a reclamare ciò che è mio e sono convinta di trovare un modo per dimostrare che tutto quello che stai facendo è assolutamente illecito. – bisbigliò con la voce agitata, ma senza esitazioni.
-Ragazzina, se credi...
-Qualsiasi cosa tu stia dicendo – la fermò. -Non mi importa, ormai manca poco.
Chiuse la telefonata con il cuore a mille e un sospiro liberatorio.
La mente tornò subito ad essere lucida abbastanza da sentire gli occhi di qualcuno addosso. Quando si voltò Federico la stava osservando impassibile. Emma sentì un sollievo immenso e sincero nel vederlo, gli sorrise.
-Tutto bene? – le chiese lui, sedendosi al suo fianco.
Emma era consapevole del fatto che lui stesse tacendo fin troppe domande che chiunque sano di mente le avrebbe posto. I misteri che orbitavano attorno alla sua vita erano troppi agli occhi di lui, ma era felice che Federico non le facesse pressioni a riguardo; Emma, in questo modo, aveva la possibilità di essere più spensierata, con lui.
Quella sera, tuttavia, a dispetto di come si era sempre comportato, Federico aveva sollevato la questione: -Emma non so quasi niente di te - le aveva detto e in un attimo le fu chiaro che qualunque cosa ci fosse tra di loro, aveva vita breve.
Emma non era disposta a scoprirsi, voleva tenere il dolore per sé e scappare via da quella vita che l'aveva fatta soffrire.
Federico, tuttavia, tra le cose che si sarebbe lasciata alle spalle, sarebbe stato il suo più grande rimpianto.♦
-E allora cosa ci fai qui? – chiese Federico con dolcezza.
L'aveva ascoltata in silenzio fino a quel momento, lasciando che lei si aprisse come non aveva fatto fino a quel momento. Sapeva che il fatto che Emma gli stesse raccontando quelle cose era più che un semplice privilegio: era la dimostrazione che lei lo corrispondeva in tutto e per tutto.
Emma fino a quel momento era rimasta seduta al centro del suo letto, asciugandosi dignitosamente le lacrime che aveva versato di tanto in tanto. Aveva cercato il suo sguardo diverse volte, ma mai il suo contatto fisico; immergersi nei suoi ricordi e tirarli fuori l'aveva estraniata dal contesto.
-Io ero così confusa su quello che volevo – spiegò lei, stropicciandosi gli occhi gonfi. -All'inizio volevo stare con te per dimenticarmi di essere triste, quasi per gioco, ecco perché quando hai detto di amarmi sono scappata di nuovo: io non cercavo l'amore, volevo solo sentirmi leggera per una volta. Non mi meritavo che tu mi amassi, dopotutto.
-Dovresti lasciarlo decidere a me, questo – precisò lui, sedendosi al suo fianco.
Emma lo ignorò. -Quando ti ho detto che volevo che ci prendessimo una pausa, lo pensavo davvero. Volevo lasciarti definitivamente quando sono venuta quella notte in cui stavi male, per quanto la cosa mi facesse male e mi ci fossi arrovellata fino allo stremo delle mie forze – prese un bel respiro prima di proseguire. -Ma poi...
Federico completò la frase al posto suo: -Ci hai ripensato.
Emma annuì con un sorriso, raccogliendosi alcune ribelli ciocche di capelli dietro le orecchie. -Quando ti ho visto con Annamaria ho sentito un fuoco dentro... E poi eri così fragile, vulnerabile, non avevi paura di farmelo vedere, eri così vero e umano, perché non posso esserlo anche io? Vorrei condividere tutto con te, anche questa parte un po' più oscura.
Federico, a quella affermazione, la vide sotto una luce nuova. Emma gli era sempre apparsa etera e leggera, spensierata, perché lui, fin dal primo momento in cui si erano incontrati, l'aveva fatta sentire così.
Tuttavia, sotto quell'immagine favolistica, c'era una ragazza che aveva delle fragilità e delle cose irrisolte. Era imperfetta e umana, come lo era lui, come lo era chiunque.
A Federico scappò una risatina al pensiero che, così come lei lo aveva aiutato ad uscire dal guscio, lui l'avesse aiutata a sfogare le sue tristezze, a tirarle fuori ed esorcizzarle. Si erano trovati in un momento in cui entrambi erano smarriti, generando un incastro perfetto.
-Perché ridi? – disse Emma, confusa, sporgendosi curiosamente verso di lui.
In risposta, lui le fece una carezza sul viso. - Emma, puoi essere fragile e umana quanto vuoi. Puoi essere tutto quello che vuoi.
Lei gli sorrise, assecondando la carezza di lui come un gatto che fa le fusa. -Sdolcinato questo momento, non trovi?
-Trovo che ci hai messo troppo a venire da me – fece lui, baciandole la fronte. -Trovo che tu ti sia fatta desiderare troppo e mi abbia desiderato fin troppo inutilmente: io ero qui, per te, in qualsiasi momento.
Emma sorrise, baciandogli a sua volta una guancia. -Ma mi perdonerai tutto.
-E perché mai ne sei così convinta?
-Oggi è il mio compleanno.Nel linguaggio dei fiori vittoriano, il significato del garofano è paragonabile al 'fiore dell'amore' e dell'affetto, dei forti sentimenti e delle emozioni, dell'energia e della salute. Simbolo delle nascite in gennaio, del matrimonio in Cina, è folcloristico in Corea che i garofani rossi o rosa siano portati addosso nel giorno della 'Festa dei Genitori' e nella 'Festa degli Insegnanti'. Per tradizione, gli studenti dell'Università inglese di Oxford, portano un garofano bianco addosso in occasione del primo esame, rosa negli esami intermedi e rosso al conclusivo.
[https://www.giardinaggio.net/fiori/significato-dei-fiori/garofano.asp]
*Fonte: ilgiardinodeltempo.altervista.orgCarissimi lettori, la prossima settimana posterò l'ultimo capitolo... Ho molta nostalgia nel postare in queste ultime settimane, è come se stesse giungendo a conclusione una parte importante della mia crescita.
I miei molti impegni mi stanno impedendo di essere presente anche solo nelle risposte alle vostre belle recensioni, per questo motivo uso questo spazio per rinnovarvi i miei ringraziamenti ancora una volta.
Alla prossima settimana!
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La ragazza dei gelsomini
RomanceFederico, ragazzo introverso e apatico, subisce la sua vita con passività, insoddisfatto della famiglia e delle sue amicizie. Sarà l'incontro con Emma, vivace quanto misteriosa, a spronarlo a cambiare e ad accendere in lui la curiosità di guardare i...