(PARTE 2) 1 - Il Padre Premuroso

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Nell'ombra di un nuovo giorno che stava per nascere, un uomo con un lungo cappotto nero camminava per le strade di Firenze. Se ci fosse stato qualcuno e lo avesse osservato attentamente, avrebbe visto dei rigoli di sangue scendergli dal labbro inferiore. E se questo qualcuno avesse osservato ancora più attentamente, avrebbe notato le 2 piccole ferite che l'uomo stesso si era causato con i suoi stessi canini, troppo lunghi e affilati per poter essere quelli di una persona normale. Steve camminava a lunghi passi e anche velocemente, perché sapeva che il sole era vicino. Ma non era questo che lo turbava: Steve stava pensando a quella ragazza... Avrebbe voluto dirle si. avrebbe voluto conoscerla. Perché in fondo, anche se era spettinata, con degli occhiali fuori misura e assillante come poche persone, lo aveva colpito. Le era piaciuta sin dall'inizio, era affascinante e per il poco che le ha fatto dire, le era sembrata simpatica. Ma questo per lui poteva solo essere un sogno: la sua vita semplicemente non prevedeva niente di anche lontanamente simile. Si era rassegnato all'idea di avere una ragazza dal momento stesso in cui era stato trasformato, ormai 20 anni prima. A volte, ci sono alcune cose che ci sono semplicemente precluse, non importa quanto ti impegni, non importa quanta passione, o coraggio o qualsiasi altra cosa tu ci metta: non potrai mai ottenerle; almeno, questo era quello che aveva da sempre pensato.

Eppure, non sapeva spiegarsi: c'era stato qualcosa quando lei le aveva preso il braccio, qualcosa che lui non aveva mai provato in vita sua: durante quel momento, avrebbe voluto stringerla, avrebbe voluto dirle delle parole dolci e avrebbe voluto dirle che anche lui desiderava rivederla.

Lo squillo del suo cellulare lo distolse dai suoi pensieri: era suo padre. Non rispose, di sicuro voleva sapere dove fosse considerando che il sole era ormai sorto. Si mise a correre. Arrivò al suo palazzo, aprì il portone che firmava la sua garantita salvezza ed entrò in casa: la prima cosa che ricevette fu uno schiaffone
« ma dov'eri, dannazione? Non lo vedi che il sole è spuntato? Volevi morire forse?»
« Scusa papà, ho fatto tardi » disse togliendosi il cappotto e appoggiandolo su una poltrona. La loro casa era un appartamento come tanti altri: situato nella periferia di Firenze, il palazzo si ergeva per 6 piani ed era suddiviso in 12 appartamenti. Il loro appartamento era quasi completamente sprovvisto di mobilia: l'ingresso era semplicemente vuoto (eccezion fatta per 2 poltrone e una tv); la cucina, raggiungibile da un'entrata a destra dell'ingresso, era quasi comica: sembrava tutto meno che una cucina. Un tavolo era disposto al centro, come in molte cucine, ma era completamente sprovvista di frigorifero, forno, fornelli, dispense... insomma tranne il tavolo, poteva essere una stanza come un'altra. Sul tavolo in questione si trovavano fogli sparsi, provette vuote e piene e strani aggeggi dalla dubbia utilità; la camera del vecchio era più che altro un laboratorio, piena com'era di attrezzature mediche, fogli sparsi e computer. Sui muri, tantissimi fogli pieni di appunti e in alcuni punti, il foglio non doveva essere bastato perché le annotazioni erano scritte direttamente sul muro; l'unica parte della casa che aveva mantenuto una parvenza per così dire normale era la stanza di Steve: quest'ultima infatti era ben arredata, piena di libri e cassette, con una tv, un computer e un bel letto comodo su cui sdraiarsi.

« Allora, sei stato solo a divertirti o hai fatto anche ciò per il quale ti ho fatto uscire? » disse il papà con una certa ironia: avevano un buon rapporto dopotutto, e Roscoe (il padre) sapeva che alla fine suo figlio era ancora un adolescente e perciò lo trattava da tale, senza assillarlo troppo con i suoi problemi. Roscoe era un bell'uomo, alto con i capelli scuri brizzolati, portati lunghi e raccolti in una coda; portava gli occhiali ma non perché non ci vedesse: li aveva cominciati a portare poco prima di essere trasformato e da allora, aveva deciso di tenerli. Quando Steve glielo chiedeva, lui rispondeva semplicemente che secondo lui gli donavano il fascino dell'uomo distinto con le donne, anche se in realtà Steve non ricordava l'ultima volta che lo aveva visto uscire, eccetto per nutrirsi.

Steve tornò verso il cappotto e dalla tasca interna ne estrasse due foglie accartocciate che avevano un aspetto lineare e lanceolato. Queste foglie erano strette ma lunghe almeno un metro ciascuna.
« Sigillaria. Non chiedermi come ho fatto ad averla, non vorresti saperlo » lo ammonì Steve con un'aria piuttosto sorniona, come di uno che la sapesse lunga.
« Come hai fatto ad averla? » chiese prontamente Roscoe, visibilmente divertito dalla sua stessa domanda. Steve non rispose ma abbozzò un sorriso, e questo a Roscoe bastò: capitava di rado ormai che Steve sorridesse, aveva notato mestamente il padre e ne conosceva bene il motivo: a Steve questa vita non piaceva. A Roscoe, preso com'era dalle sue continue ricerche, non importava molto essere diventato un vampiro, anzi, una piccola parte di lui ne era addirittura felice, perché questo gli aveva dato infiniti motivi e stimoli per studiare ancora, ma Steve non era come lui. A lui interessava la vita. Ma, in fondo, è proprio per questo che stavano lavorando tanto duramente.

« Adesso? Cosa accadrà adesso? » chiese Steve e Roscoe non mancò di notare una flebile speranza nella sua voce. " è ancora presto figliolo, abbi fede per piacere"
« Adesso te ne andrai a dormire, ecco cosa accadrà »
gli disse sgarbatamente. Steve non rispose, se ne andò semplicemente in camera e chiuse la porta.

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