Capitolo 1.1 - Serietà. Obbedienza. Disciplina

157 25 76
                                    

Grayson ripeté meccanicamente il motto dell'Impero, insieme a tutti i suoi compagni di classe. "Serietà. Obbedienza. Disciplina."

Era stanco e piuttosto annoiato, in quel momento avrebbe voluto solamente tornare a casa, buttarsi sul letto e guardare qualcuna delle serie tv che erano in lista da un po', invece aveva ancora due ore di lezione, entrambe di Storia dell'impero.
Non amava particolarmente la materia, ma studiava comunque per mantenere una buona media: i suoi genitori, per nulla ricchi, avevano dovuto pagare una fortuna e fare molti sacrifici per permettergli di frequentare una scuola così prestigiosa, e lui doveva impegnarsi quanto bastava per non deluderli, non dopo quello che aveva fatto Gwen.

L'insegnante di Storia dell'impero era un uomo di mezza età, basso, tarchiato e quasi completamente calvo, dall'aria perennemente annoiata. Quando entrò, tutti i ragazzi si alzarono per salutarlo, dopodiché recitarono di nuovo il motto dell'impero. Si faceva all'inizio e alla fine di ogni ora, dal primo anno di scuola. Il professore non ricambiò nemmeno il saluto degli studenti: ripeté il motto e fece loro cenno di sedersi.

La spiegazione fu noiosa come al solito, resa ancora più lenta dal tono monocorde dell'insegnante. Gray si stava ancora sforzando di prestare attenzione quando sentì la porta aprirsi.

«Mi scusi per l'interruzione, professor Johnson. Il preside vuole parlare con Foster, dice che è una questione piuttosto importante.» comunicò il bidello. Tutti erano sorpresi: si chiedevano come fosse possibile che Grayson Foster fosse stato convocato dal preside.

«Certamente. Poi fatti passare gli appunti, Foster.» disse il professore, per poi riprendere la sua spiegazione. Gray era incuriosito, non sapeva proprio perché il preside volesse parlargli. Era certo di non aver infranto in alcun modo le regole dell'istituto. Bussò all'ufficio del preside: non era nervoso, però non sapeva proprio cosa aspettarsi.

«Prego.» disse, e poi, vedendolo entrare, aggiunse: «Siediti pure, Foster. Purtroppo ci sono cattive notizie.»

Gray si sedette, leggermente preoccupato.

«Tua sorella Gwendoline è una ribelle.» disse il preside. «Ha contribuito al sabotaggio avvenuto la settimana scorsa, e...»

Gray non lo stava più ascoltando. Era da un po' di tempo che sapeva che sua sorella manifestava un certo disprezzo verso l'ideologia dell'Impero, ma non credeva che si fosse addirittura messa in pericolo per partecipare ad un'azione dei ribelli. Le accuse probabilmente non erano basate su prove concrete, forse si erano create a causa delle dicerie che giravano su sua sorella. Doveva essere così, si disse Gray.

«Non è possibile. A Gwen piace fare la trasgressiva, ma dubito che...» iniziò a dire.

«Purtroppo sono state trovate diverse prove che dimostrano il coinvolgimento di Gwendoline in alcuni atti di vandalismo volti a danneggiare l'immagine dell'impero.»

Non era possibile, stava sicuramente esagerando. Cosa poteva aver fatto, Gwen, più che imbrattare qualche muro? Di certo non era quel tipo di persona che piazzava bombe sotto le auto, o che si nascondeva e sparava ai soldati. Non che in quel momento importasse molto: con lo stomaco stretto in una morsa, si chiese cosa potessero aver fatto i poliziotti a Gwen, se credevano che fosse colpevole. Le pene stabilite per i ribelli erano sempre molto severe: l'ergastolo nel migliore dei casi, nel peggiore, la fucilazione.

«Purtroppo non è ancora stata catturata, è riuscita a scappare. Ovviamente, se tu dovessi venire a conoscenza di qualche informazione riguardo al luogo in cui si trova ora, mi aspetto la tua collaborazione. A prescindere dall'affetto che tu possa nutrire per lei, tua sorella ti ha tradito quando ha scelto di combattere contro l'Impero. Grayson, sei uno studente promettente e un cittadino fedele. Non buttare via il tuo futuro, fa' la scelta giusta.» disse il preside, dopodiché recitò il motto dell'impero e autorizzò Gray a tornare in classe. Avrebbe dovuto tornare dai compagni, curiosi e pettegoli, e fingere che non fosse successo nulla. Non gli andava proprio di parlarne con loro.

«Serietà. Obbedienza. Disciplina.» rispose Gray, poco prima di salutare e uscire, ma i suoi pensieri erano altrove. Sua sorella era salva, almeno per ora. Non aveva idea di dove potesse essere, né in che condizioni. Ma almeno non l'avevano ancora presa. Allo stesso tempo, tutto quello che stava succedendo non gli sembrava vero: era da così tanto tempo che i suoi giorni andavano avanti, uno uguale all'altro, tra la scuola, le uscite con le poche persone della classe che non detestava, le liti tra Gwen e i suoi genitori e lei che spariva per qualche giorno. Un evento del genere avrebbe avuto conseguenze inevitabili, e la vita di Gray -il ragazzo abitudinario che odiava i cambiamenti bruschi più di ogni altra cosa- sarebbe cambiata per sempre.

Il fiore della speranzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora