Fuochi di fiducia

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1 mese dopo

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1 mese dopo.

Quando nasce un sentimento ci si chiede sempre, se questo sia un campo minato. Se nel percorso e nell'evoluzione di un emozione ci sia un minimo campanello di allarme che ti dica fermati e ritorna indietro. Un richiamo tribale che dica non andare di lì, cambia strada, se prosegui per quella avrai soltanto sangue, delusioni, voglia di rimpiangere tutto. Ci si chiede se all'interno di quel campo minato, si riesca a schivare le mine ben posizionate e nascoste sul terreno, agendo da bravi soldati o guerrieri. La guerra nei sentimenti era lecita, così come lecito era il loro compito, un compito non troppo difficile o obbligato per quello che sentivano. La guerra in amore, era qualcosa per cui lottare e per cui mettersi in prima linea. Sì, perchè Manuel e Simone avevano voluto prenderle tutte quelle cose: le mine, i pugni, i rischi, le possibilità che potesse andare male, le sconfitte in due. La prima cosa, il primo pensiero registrato nella mente quando si finiva in una relazione era quello che sentire, provare fosse qualcosa da sopprimere in caso questo involucro a prova di scoppio, diventasse troppo forte. Ricorrere ai ripari con l'intensità scandita come percussioni costanti e che scandiscono il ritmo in modo incessante. Era questo che aveva provato - inutilmente - a fare Manuel. Che poi, non era nemmeno stato tanto sbagliato. In fin dei conti, aveva provato a evitarsi quello: i sentimenti, il loro pericolo, il cuore a pezzi. Aveva provato a mettere in chiaro l'idea che si era fatto dopo Alice, quella di chiudere i battenti ad altre occasioni, evitare di ricascare di nuovo per poi subirne il conto. Manuel si era chiuso come un fiore sbocciato prematuramente e morto nel giro di poche ore. Manuel che doveva assistere sua madre, che viveva per lei, lo stesso che prestava le sue serate a spogliarelli e soldi paganti in mezzo ai costumi per andare in scena. Il fiore era ricaduto nel dimenticatoio, una volta morto, e nessuno ne aveva più sentito la mancanza. Adesso, invece, quello stesso fiore prendeva fuoco, ardeva e cambiava i suoi colori. Inaspettatamente, ciò era avvenuto con l'arrivo di Simone, che seppur in maniera casuale e brusca, aveva rialzato i petali, gli aveva dato nuova vita. Manuel stesso pensava di essere cambiato o meglio, di aver ripristinato se stesso. Il Manuel che era morto con Alice.

L'ultima e la prima volta: era stato così per Simone.

Lo stava pensando, mentre ripercorreva quel mese e mezzo di frequentazione con Manuel, ci rifletteva mentre scarabocchiava durante una lezione di matematica - che non stava seguendo - per la vera prima volta nella sua vita. Le probabilità di essere beccato erano altissime, ma la sua mente era concentrata tutta su un unico pensiero: quello di Manuel che gli sfiorava la mano, il sabato pomeriggio, per strada, uno sguardo di troppo mentre addentavano due panini, prima che quello scappasse per la serata al locale, di venerdì.

Simone era assolutamente e irrimediabilemente cotto.

Non voleva nemmeno nasconderlo più di tanto, l'idea di quei piccoli gesti, lo mandava in estasi e lo portavano ad arrossire di colpo. Ogni volta sentiva la pelle di Manuel addosso, gli occhi piccoli e potenti, la risata furba che gli scandiva quell'aria beffarda ma che in realtà, ingannava, il romano che usciva spontaneo dalle labbra, quelle dannate labbra. Era questo il magico trucco di quel ragazzo: era il trasformarsi di continuo in ciò che non si aspettava. E una volta era malizioso, l'altra era serio, quella dopo diventava miele fuso. Simone lo scopriva giorno dopo giorno. Gli incontri tra i baretti di Roma, quelli davanti la piazzetta del suo liceo nel pomeriggio, le camminate a Villa Borghese prima che Manuel andasse a visitare Anita: erano tutte prove di quanto Manuel gli fosse già entrato dentro intagliandosi un posticino nel suo petto.
Quel giovedì mattina non riusciva più a staccarsi dal telefono, e stava in bilico, con le gambe sulla tavoletta del gabinetto dei bagni di scuola. Erano passati solo pochi minuti dalla lezione di ginnastica e Simone aveva deciso di fare una capatina al bagno, tanto era l'ansia che lo premeva a chiedere a Manuel di incontrarsi a casa sua, quel pomeriggio. Ecco, l'ultima volta che si erano visti risaliva a sabato. E non voleva aspettare che passasse un'altra settimana o quasi. Sapeva che ci sarebbe stato suo padre, a casa.                                                                                                                        Lo aveva tenuto in conto. Così come aveva tenuto in conto che suo padre fosse, in parte informato del ragazzo che frequentava. Simone gli aveva parlato di Manuel, nella quantità richiesta e necessaria. Ovviamente, aveva nascosto l'informazione riguardante il suo lavoro, che fortunatamente non era saltata fuori - anche per via della furbizia di Simone attuata ogni volta che suo padre andasse a toccare quel punto. Non era vergogna per Manuel, assolutamente. Era sapere cosa suo padre gli avrebbe detto riguardo la faccenda: la sua iperprotettività guadagnata in pochi anni di riconnessione del loro legame padre-figlio, era una delle cose tanto dolci quanto asfissianti che Simone si fosse augurato di ricevere. Con la sua precedente relazione, suo padre c'era stato per lui, ma le sue idee in quanto a ragazzi erano chiare: per Simone avrebbe voluto solo il meglio, qualcuno a cui poter affidare il suo cuore senza che questo venisse schiacciato o consumato. Ecco, quello era un dettaglio che Simone aveva voluto lasciare in sospeso. Manuel lo aveva fatto stare male, si era sentito usato per i primi tempi, è vero. Ma dopo quei giorni in cui si aprivano sempre un po' di più l'uno con l'altro, scherzavano e non si dedicavano solo a baciarsi, Simone era convinto che il suo cuore, sarebbe stato al sicuro. E se così non fosse stato, avrebbe rischiato ugualmente per quel briciolo di felicità. Il cellulare gli risultò appiccicoso portato all'orecchio, così come la presa della sua mano, sentì un paio di squilli. Controllò l'orologio al polso:

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