Scambio di ruoli

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S

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S.A: Comincio da qui dicendo che il capitolo è lungo: Warning Allert (per occhietti stanchi e occhiaie).

Ci tengo a dirvi che nonostante tutto - qualcuno mi starà già preparando il cappio per questa frase - per quanto fosse iniziato come uno scherzo, questa storia mi è entrata dentro. Assurda la potenza che abbia raccolto in giro, nel giro di pochissimo, sentendomi drogatah ogni volta. Fireboy è nato da una mente creativa e a volte anche masochista e sono sicura che se esistesse davvero, se lui potesse parlare, vi ringrazierebbe con me, del viaggio fatto insieme.

Ma i veri ringraziamenti arriveranno più avanti, altrimenti frigno qui.

Questo è da considerarsi ultimo capitolo, anche se ci sarà l'epilogo che considero come una chicca aggiuntiva. Non so se ve lo uscirò mercoledì però (devo decidermi).

Beh, buona lettura e preparatevi un ventaglio e dell'acqua fresca, accanto - servirà.

Clò.









« Che ci fai tu qui? » esordì Manuel.

Si trovava all'interno del salotto dello strip club, davanti a lui l'immagine della ragazza era proprio sotto i suoi occhi, con le mani inchiodate ai fianchi. I ricci neri e lunghi le ricadevano sul volto magro e incavato, con due labbra larghe al centro.

« Lo sai cosa ci faccio qua! Non hai risposto alle mie chiamate, Manuel. C'hai una soglia di attenzione ultimamente...»

Manuel si affrettò per lasciarle un bacio a fior di labbra, ma la ragazza non si deconcentrò.

« Quindi Gerry ti ha fatto entrare? »

La ragazza girò intorno alla stanzetta in cui si trovava, una smorfia le distorceva la bocca. Le narici erano dilatate.

« Per forza, altrimenti mi mettevo a urlare. L'ho costretto. O l'una o l'altra. »

Vederla gli costava il fiato. Manuel pensava fosse già uscita dalla sua vita, ne era rimasto scottato, un ustione ancora sotto pelle che si era assopita grazie e solo al tempo passato. Il suo volto si stava contorcendo nella notte.

« Non puoi stare qua, tra mezz'ora inizio a lavorare »

« LAVORARE! » la ragazza alzò la voce in modo teatrale, insieme alle braccia che le ricaddero poco dopo e sonoramente sui glutei « Quello che tu chiami "lavoro", ti porta sempre lontano da me. E tutto questo perchè non hai voluto che ti aiutassi » era offesa, infastidita e inviperita. Manuel sospirò sommessamente, entrambe le mani a coprirsi il volto, stanco.

« Alice, ne abbiamo già parlato. E' mia madre, voglio pensarci io, senza pesare a nessuno.»

Manuel si era spostato nella stanza, il corpo si appesantì ma cercò di alleggerirlo per l'altra, provando a calmarla. A calmare anche se stesso, cercando di prenderle le mani.

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