Maggio era finalmente arrivato e la gita a Taormina era esattamente quello che ci voleva dopo un anno scolastico più difficile del previsto. I professori forse non avevano ben chiaro che la maturità sarebbe stata l'anno successivo, e che anticiparsi di un anno nel mettere pressione ai ragazzi non sarebbe stato un granché produttivo. Ma in ogni caso, quei giorni li avrebbero aiutati a staccare la spina. E la terra siciliana, che li aveva accolti con il sole e profumo dolce di zagara, era il luogo ideale per farlo.
Anche se Manuel e Simone, che avevano discusso poco prima di partire, non si parlavano da due giorni e a poco erano serviti i tentativi di Dante di farli chiarire, primo fra tutti quello di metterli in camera insieme. Nullo era anche ogni tentativo di Manuel di riavvicinarsi, dal momento che Simone era la persona più permalosa del mondo e nessuno lo sapeva meglio di lui, che dopo poco si era arreso.
Così avevano passato tutto il tempo a ignorarsi, anche se in fondo entrambi non vedevano l'ora di deporre le armi.Per la seconda sera, i ragazzi erano riusciti a strappare a Dante il permesso di scendere al locale in fondo alla strada, quello che si affacciava sulla spiaggia. A patto che nessuno si allontanasse, che nessuno si ubriacasse, che non scoppiassero risse, e che alle due e un quarto fossero tutti nelle proprie stanze. Il professore non aveva impiegato molto a pentirsi di quella concessione. I ragazzi erano sotto la sua responsabilità e la preside gli aveva intimato di stare attento, che non l'avrebbe difeso un'altra volta, ma in fondo diceva così tutte le volte. E poi erano tutti quasi maggiorenni. Non sarebbe successo niente.
Infatti la serata trascorse pressoché tranquilla. Il locale quella sera non era molto affollato, e i ragazzi della quarta B avevano consumato solo poche bevute, disponendosi a gruppetti e chiacchierando solo per il gusto di stare un po' fuori insieme, senza farsi prendere dall'euforia di una serata libera fuori dal controllo degli adulti e lontano da casa. Lo dovevano a Dante, che aveva fatto di tutto per accompagnarli in gita insieme alla professoressa di storia, impedendo a Lombardi anche solo di candidarsi.
A quel clima di serenità, inebriato dalla brezza che proveniva dal mare e dal profumo di gelsomini di cui le siepi erano piene, non parteciparono però Manuel e Simone. Che erano presenti fisicamente, sì, ma non si divertirono insieme agli altri, impegnati com'erano a tenersi il muso e a lanciarsi sguardi fugaci, ma solamente da lontano. Senza il coraggio di avvicinarsi e parlare.
In realtà fu Manuel a tenersi in disparte. Rimase infatti per tutto il tempo vicino alla porta a vetri della veranda, sperando che Simone, vedendolo da solo, trovasse il coraggio di fare il primo passo. Ma siccome l'altro non si mosse e continuò a fingere di divertirsi insieme agli altri scambiando di tanto in tanto alcune parole con Giulio, Matteo e Aureliano, non ci pensò due volte ad attaccare bottone con quella ragazza bellissima, sicuramente del posto, che gli si era appena avvicinata con una scusa banale. E a dedicare a lei e alla sua amica tutte le sue attenzioni.
Simone, d'altra parte, si sentì ribollire il sangue quando lo vide parlare con quelle ragazze, in un angolo della veranda. Una delle due gli stava di fronte, con i suoi tacchi a spillo, la minigonna, e un top che le lasciava scoperte le spalle abbronzate, su cui cadevano dei capelli lisci e castani. E lui... lui la guardava. La guardava come guardava tutte le ragazze belle, e lei bella lo era davvero.
"Simò, che c'hai?" gli domandò Matteo, piombando alle sue spalle e nei suoi pensieri.
Simone non rispose. Teneva lo sguardo fisso su Manuel, che sembrava non accorgersi neanche più della sua presenza.
"Hai capito Manuel?! Ha acchiappato!" esclamò Matteo non appena spostò lo sguardo sul ragazzo a una decina di metri da loro, attirando l'attenzione di alcuni compagni. E girandosi a commentare con uno di loro, si dimenticò all'istante di Simone, che continuava a fissare i tre ragazzi con gli occhi lucidi e il respiro corto.
"Quella gli sta dietro da quando siamo arrivati" commentò a bassa voce Chicca, con tono di disprezzo e una birra in una mano, rincarando la dose di gelosia già massiccia di Simone. Che solo allora si rese conto che Manuel e le due ragazze erano scomparsi. Inghiottiti dal buio della notte e della spiaggia.
E in quel momento si maledì per non averlo raggiunto quando era solo.
Per aver permesso all'ennesima ragazza di avvicinarsi.
E per aver anche solo pensato quello che gli era appena balenato per la mente.
Chissà dove se la starà limonando.
Chissà dove l'ha portata.
In camera nostra, magari.Magari nel mio letto.
"Me ne dai un altro per favore?" domandò quindi al ragazzo che serviva alcolici dietro il bancone, lì alla sua destra.
E decise che sì, per quella notte avrebbe affrontato così il fantasma di Manuel.Che si era già ubriacato una volta - anzi, due - a causa sua.
E che se non fosse tornato entro pochi minuti, quella sera avrebbe potuto ripetersi.
Tanto suo padre non lo sarebbe mai venuto a sapere.E a Manuel... a Manuel non importava niente.
"Simo non starai esagerando? È almeno il sesto"
Fu la voce di Giulio a farlo tornare alla realtà, una manciata di minuti dopo.
Si era avvicinato a lui con delicatezza, lasciando la mano di Monica che era rimasta a guardarli da lontano, e adesso lo studiava con i suoi occhi grandi e buoni.
Simone non rispose.Finì di scolarsi l'ennesimo bicchiere e poi rimase a fissarne il fondo, accarezzandone il bordo con le dita. Sentiva la gola bruciare e quel fastidio non faceva altro che aumentare il vuoto lancinante che sentiva al centro del petto.
"L'hai visto?" sospirò, serio.
"Chi?"
"Manuel"
"Mh, no" rispose l'altro guardandosi intorno.
"Se n'è andato con quella..."
Giulio non disse niente. Non sapeva neanche di chi stesse parlando. E in ogni caso non era del suo conforto che Simone aveva bisogno, quanto piuttosto di qualcuno con cui sfogarsi. Così, spinto da Monica e dalle altre ragazze, che al momento non potevano contare sugli altri maschi della classe, rimase accanto a lui, ad ascoltarlo e ad annuire ad ogni cosa sconclusionata che diceva, cercando di impedirgli di bere ancora e portandolo via poco dopo, quando Simone iniziò a fare il nome di Manuel e a chiedere insistentemente di essere portato da lui.Manuel, che era tornato in camera prima degli altri. Da solo. Manuel che era fisicamente provato dalle escursioni fatte durante la giornata. Che non era riuscito a divertirsi per tutta la sera. E che alla prima occasione era sfuggito agli sguardi gelidi di Simone, che certamente non lo aiutavano.
Manuel che adesso stava disteso sul letto a fissare il soffitto, mentre si riempiva i polmoni di fumo.
Il pacchetto di Marlboro appoggiato sul comodino.
Una decina.
Ne aveva fumate una decina da quando era salito in stanza.Non sopportava più quella situazione.
Se avesse saputo prima che lui e Simone avrebbero trascorso l'intera gita a ignorarsi, non sarebbe partito affatto.
E si sarebbe evitato così l'agonia di quella sera.
I silenzi di Simone.
La sua lontananza.Quella ragazza bellissima che in un altro momento si sarebbe limonato in qualche anfratto senza farselo ripetere due volte, e che invece non aveva destato in lui alcun interesse.
Era ancora assorto nei suoi pensieri, quando nel silenzio della stanza si intromisero rumori ovattati provenienti dal corridoio: passi, risate, la voce di Simone in lontananza.
Poi i tre colpi di nocche sulla porta.E la voce di Giulio, che lo chiamava, dall'altra parte.
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Ti avvicini e non so stare a te vicino senza amare || Simone + Manuel
Fanfiction-Simò -Eh -T'ho nascosto da tu padre. T'ho aiutato a vomità. Abbiamo dormito tutta la notte con le dita intrecciate e c'ho un mar de collo che m'ammazza. Per quanto tempo vuoi continuà a tenerme er muso?