Capitolo 20

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MINA'S POV:

Preparai una tazza di caffè e mi misi a guardare fuori dalla finestra della cucina. Nevicava; per la prima volta da molto tempo, mi sentivo felice. Io e Soobin dovevamo andare a giocare a golf, quindi finalmente avevo l'occasione di indossare quell'adorabile completo da golfista che avevo. Ovviamente, tutto d'alta moda; non avevo dubbi che le altre mogli e fidanzate sarebbero morte d'invidia.

Sorrisi e mi morsi il labbro. La vita era bella. Jeno doveva tornare da un viaggio di lavoro di lì a un'ora, ma bastava che sbattessi le ciglia e mi avrebbe perdonato qualsiasi cosa. Aveva già incontrato Soobin un paio di volte. L'avevo convinto che era il mio personal trainer; quando fosse venuto a prendermi, gli avrei detto che quel giorno saremmo andati a giocare a golf per fare un po' di esercizio fisico.

Jeno mi avrebbe dato un bacio sulla guancia e mi avrebbe augurato buona fortuna.

Stando con Soobin la vita con mio marito sembrava ancora più disgustosa. Pensai alle sue labbra secche e screpolate e poi al calore morbido e tonico di quelle di Soobin. Pensai alle mani ossute e fredde di Jeno sul mio corpo, paragonate all'energia di Soobin. L'idea del divorzio mi aveva attraversato la mente più di una volta, anche se sapevo che l'accordo prematrimoniale era inoppugnabile. Se l'avessi mollato, non mi sarebbe toccato un centesimo. Soobin poteva prendersi cura di me, ma l'idea di andarmene a mani vuote mi irritava. Avevo sofferto per anni, aspettando che Jeno morisse e mi lasciasse tutto. Andandomene, sarebbe stato tutto vano.

"Oh, be'". Bevvi l'ultimo sorso di caffè e mi ricordai che il giorno prima non avevo controllato se avessero lasciato dei pacchi davanti all'ingresso. Mi affacciai alla finestra e vidi due scatole. Una grande, di cartone, da eBay. Probabilmente qualche pezzo di ricambio per auto ordinato da Jeno, come al solito. Si sarebbe unito alla pila di parti inutilizzate con cui un giorno sognava di rimettere in sesto le sue vecchie auto dismesse. L'altra scatola era più interessante: rosa, liscia e molto femminile.

Pensai subito a Soobin. Doveva avermi mandato una sorpresa. Lasciai fuori lo scatolone di Jeno e portai in casa il pacchetto rosa. Mi sedetti sul divano, sciolsi con cura il nastro che lo avvolgeva e lessi il messaggio sul biglietto:

L'abbiamo fatto fare su misura, apposta per te. Schiaccia il pulsantino rosso e dà inizio alla festa. Sarà indimenticabile... Auguri,

J e Y

Mi accigliai. J e Y? Mi chiesi se si riferisse a una poesia. Soobin era molto istruito, parlava sempre di libri e cose che non avevo mai sentito nominare. Lasciai perdere e aprii la scatola.

Un dildo.

Risi, poi mi morsi il labbro, attraversata da un lampo di calda eccitazione. "Soobin, bastardo che non sei altro". Era più grande di qualsiasi vibratore avessi mai visto; chissà perché, sentivo l'urgenza di scoprire che effetto facesse. E poi, morivo dalla curiosità di sapere a che servisse il pulsantino rosso alla base. "Schiaccia il pulsantino rosso e dà inizio alla festa". Azionava il dildo, di sicuro, ma perché farne fare uno su misura?

Dieci minuti dopo, avevo acceso qualche candela in camera da letto ed ero pronta.

Lo infilai dentro e mi si mozzò il fiato. Era davvero grosso. Quasi troppo. Per un secondo, fui sul punto di lasciar perdere; conoscendo Soobin, però, sapevo che mi avrebbe chiesto com'era andata e non volevo deluderlo. Continuai a provare finché non riuscii a infilarlo per bene, poi allungai le dita verso il piccolo bottone rosso.

Lo schiacciai e mi preparai alle vibrazioni. Invece, sentii un suono strano, che non identificai subito. Era lo squillo di un telefono; doveva esserci un altoparlante dentro il dildo. "Che cazzo...?".

«911, qual è l'emergenza?»

«Nessuna emergenza», esclamai e cercai di tirare fuori il dildo. Non ci riuscii, dovevo essermi irrigidita per il panico. Schiacciai di nuovo il pulsante rosso, sperando che interrompesse la chiamata.

«Signora? Va tutto bene?»

«Benissimo!», urlai. «Non riesco a riagganciare su questo dildo del cazzo, okay?»

«Mando una volante, per sicurezza».

«No, idiota! È solo... Non mandare nessuno. Sto bene».

«Continui a parlare con me. Gli agenti saranno lì tra pochi minuti».

Imprecai, utilizzando tutte le parolacce del mio vocabolario, cercando di tirare fuori quell'accidenti dal mio corpo, ma non si muoveva. Più mi agitavo, più si incastrava. Per qualche minuto ignorai la donna al telefono, recuperai una confezione di lubrificante e cercai di facilitare l'estrazione, ma non servì a niente.

Poi sentii la portiera di una macchina sul vialetto. Un mazzo di chiavi tintinnò al piano di sotto; passi risalirono le scale.

«Tesoro, sono tornato! Dov'è il mio bacio?»

«Cazzo», mugugnai.

«Signora, tutto bene?», esclamò la voce che usciva dal mio inguine.

Ora che Jeno era tornato, mi resi conto di quanto alti fossero gli altoparlanti.

«Sta' zitta! Ti sentirà!», protestai, a denti stretti.

Mi infilai l'accappatoio e uscii in corridoio in tutta fretta, o almeno quanto me lo permetteva il dildo fuori misura incastrato dentro di me.

«Ehi». Cercai di mantenere un tono calmo, ma sentivo che mi si strozzava un po' la voce.

Jeno sorrise e mi abbracciò. «Ancora in accappatoio? Non è da te».

«Ecco, stamattina me la sono presa comoda».

Ci girammo verso l'ingresso al suono di sirene della polizia e delle portiere che si aprivano e chiudevano.

«Che succede?», domandò Jeno.

«Vado io. Non affaticarti troppo, caro». Lo baciai su una guancia e sorrisi, poi scesi zoppicando le scale.

Aprii la porta d'ingresso prima che bussassero e feci capolino fuori. Due poliziotti nerboruti mi fissavano con aria preoccupata.

«Va tutto bene, agenti. Ho solo sbagliato numero. Ho cercato di dirlo all'operatrice, ma non capiva l'antifona».

«In situazioni del genere è mio dovere chiamare la polizia, signora», esclamò una voce proveniente dalla mia vagina.

Strinsi forte le gambe; sentii che strabuzzavo gli occhi.

I due poliziotti sembravano perplessi.

«Da dove arriva?», chiese uno.

«Domotica», risposi. «Ci sono altoparlanti ovunque».

«Sembrava uscire da lei, signora. Possiamo entrare?»

«No, non potete. Sto benissimo».

Mi venne da strapparmi i capelli quando scorsi la macchina di Soobin imboccare il viale. Non appena vide la volante e i poliziotti, scese di corsa e si precipitò verso di me.

«Che succede?», domandò Jeno, alle mie spalle. «Oh, ciao, Soobin», salutò, vedendolo salire le scale e affiancare gli agenti.

Volevo mettermi a urlare. Il dildo aveva cominciato a vibrare, prima appena appena, poi con intensità sempre maggiore; non riuscivo a riflettere. «Dovremmo tornarcene tutti a casa, okay?».

Gli agenti si scambiarono un'occhiata.

«Stai bene?», mi chiese Soobin.

«Benissimo!», urlai. Con un nodo allo stomaco, mi resi conto che il peso e le vibrazioni finalmente riuscivano a disincastrare quel coso: uscì in un colpo solo e cadde a terra, tra le mie gambe, dove rimase a vibrare e roteare lentamente.

«Devo mandare altri agenti?», domandò il pene di gomma.

Mi premetti le mani sugli occhi. In un impeto di rabbia, ripensai al biglietto. J e Y. Jimin e Yoongi.

Erano stati loro, ne ero certa.

𝕌𝕟𝕒 𝔻𝕠𝕝𝕔𝕖 𝕊𝕠𝕣𝕡𝕣𝕖𝕤𝕒 {𝕐𝕠𝕠𝕞𝕚𝕟}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora