Rise

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Fuori, oltre la finestra sbarrata, il cortile della prigione appariva inondato di luce. I primi raggi di luna piena che comparvero sopra le teste dei due prigionieri s'infiltrarono silenziose lungo le mura umide. L'ambiente semibuio era diventato in qualche maniera meno tetro... anche se, come si accorse presto Temari, l'espressione di Shikamaru era tutt'altro che rassicurante: i piccoli occhi neri fissavano concentrati le feritoie, pronti al minimo cenno di movimenti esterni.


«Forza, tocca a te.»


Titubante, la ragazza arrossì ed emise il primo di numerosi lamenti che avrebbero fatto da esca alla sentinella di guardia, non prima di aver lanciato una lunga occhiata all'uomo che si era preso il tempo di confessarle i suoi sentimenti: come al solito aveva calcolato tutto nei minimi dettagli.

I passi, come aveva sospettato, si diressero verso la loro cella.


«Non smettere» la istigò Shikamaru «sta funzionando.»


Anche se non del tutto convinta del piano, Temari continuò i suoi vagiti, resi ancor più buffi dalla risposta lontana di un gufo. Fu proprio l'animale a darle l'idea di ciò che aveva davanti agli occhi: durante la caccia, il rapace rimane attentamente in ascolto, e non appena capta il fruscio di una preda scende in picchiata su di lui.


Era così che appariva Shikamaru in quel momento.


Tutto durò una manciata di secondi. Il secondino arrivò a pochi metri dalla feritoia, grugnendo a Temari di starsene zitta, quando i suoi occhi si spalancarono di terrore: davanti a lui c'era un uomo illividito dai raggi lunari...

Nel suo sguardo c'era scritta la sua morte.

L'ombra di Shikamaru s'allungò e, strisciando sul pavimento attraverso le sbarre, si avvinghiò a quella del secondino, che sentì i freddi tentacoli inanimati prendere possesso dei suoi movimenti; non più padrone del suo corpo, fu costretto ad aprire la cella, liberando così i due.

«Grazie,» sibilò lo shinobi, ordinando al povero malcapitato di prendere il loro posto. Entrato in cella, il secondino sentì la fredda ombra di Shikamaru avvolgersi attorno al collo: un rumore secco, e pochi secondi dopo la sua testa si torse.

«Andiamo» esortò Shikamaru, incurante del corpo senza vita steso a terra. Temari s'irrigidì, ricordando la sensazione di gelo che aveva provato nel sentirsi avviluppata tra le spire di quell'ombra, la notte in cui Shikamaru l'aveva minacciata di stargli lontano.

Il brusio delle sentinelle sulle mura di cinta accompagnava la loro fuga: più i minuti passavano, più i rumori al di fuori della prigione si facevano intensi, e ciò stava a significare che Shin e la Kijo si stavano preparando ad un attacco frontale.


«Credi che ce la faranno?»

«Ad arrivare prima di noi ai Villaggi? Probabile, ma dobbiamo tentare il tutto per tutto.»


Stanca e intimorita dalla piega degli eventi, Temari smise di fare domande, lasciandosi guidare dallo shinobi lungo i cunicoli delle segrete. Fecero fuori due o tre guardie, rubarono il mazzo di chiavi al custode dell'ultima porta e uscirono indisturbati, ritrovandosi in uno dei tanti corridoi di marmo del palazzo.

«Ma come, non eravamo nella prigione dell'Erba?» sussurrò Temari con voce strozzata. Shikamaru fece spallucce:

«A quanto pare Midori non ha un piano ben definito. Scommetto che tutta questa fretta nell'attaccare i nostri Villaggi sia dovuto a un senso di smarrimento...»

«Cioè?»

«Ha paura.»


Il ragazzo chiuse in fretta la conversazione. A giudicare dalla sua espressione, anche lui non sapeva bene cosa fare o come comportarsi e questo per Temari fu un campanello d'allarme: tentava di camuffarle il dolore per le ferite ricevute e per il deperimento dovuto ai giorni di reclusione, ma si vedeva benissimo che Shikamaru stava soffrendo molto. Barcollante e in difficoltà, lo shinobi non si perse d'animo e li condusse, con un senso dell'orientamento degno di un soldato, davanti all'enorme intaglio della biblioteca.

Il Suono della tua OmbraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora