CAPITOLO 7

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Ancora tremante, mi aggiro per i corridoi ancora pieni di alunni. Osservo distrattamente l'orologio appeso al muro, ma appena distolgo gli occhi, mi rendo conto di non aver memorizzato l'ora.

Alla prima ora ho... non ricordo. La mani mi tremano, e me ne rendo conto nel momento in cui, afferro il cellulare dalla tasca e lo porto davanti ai miei occhi, notando che traballa fra le mie dita.

Anch'esse continuavano a crearmi problemi nel pigiare le icone che dovevo aprire proprio per via di quel sussultare continuo. E nonostante cercassi in tutti i modi di potermi dare una calmata prendendo dei respiri e facendo rilassare i muscoli del corpo, sembrava che la cosa peggiorasse sempre di più.

Avrei lanciato volentieri il telefono per terra, ma quel poco di lucidità che ho nella testa e alla quale sto facendo appello con tutta la mia forza di volontà, mi tiene ancorata al terreno senza farmi tentare una strage. Come quella di poter prendere a pugni il muro dal nervoso.

Avrei anche pianto, ma continuo a ripetermi che non ne vale la pena, non vale la pena logorarsi dentro per una persona che non crede nei tuoi potenziali. E meno male che un dirigente dovrebbe assistere i ragazzi, dovrebbe incoraggiarli.

Ok, adesso ho due ore di psicologia. Ma il punto è: dov'è la classe di psicologia? Bella domanda...

Continuando ad osservarmi attorno con circospezione, per cercare di vedere dove dirigermi, mi arrendo avvicinandomi ad un ragazzo chino a leggere un libro, proprio dall'altra parte del corridoio.

<<ciao scusa>> cerco di attirare la sua attenzione.

Il ragazzo dai capelli color carota naturali, a differenza della mia amica Jody, alza lo sguardo su di me, ed i suoi occhi, attraverso i suoi grandi occhiali in acciaio, risultano stupendi poiché risaltano il color nocciola delle iridi.

<<ciao, dimmi>> mi sorride mostrando subito il suo apparecchio ed io ringrazio di non averne mai avuto bisogno, perché o sempre avuto dei denti , non dico perfetti, ma comunque dritti, senza dovermi subire mesi interi di quella tortura.

<<mi chiedevo se mi potessi indicare il corridoio per andare alla lezione di psicologia>>

<<non è un mio corso, ma so che è al primo piano, nello stesso corridoio in cui c'è l'aula di spagnolo. Sai dov'è?>> mi dice sistemandosi la montatura degli occhiali sul naso.

<<oh si, grazie mille>> gli sorrido calorosa.

<<mi chiamo Jake, comunque>> si presenta allungandomi la mano, che titubante stringo.

<<Wen>>mi limito a dire prima di retrocedere di un paio di passi <<grazie ancora>> mi giro definitivamente scendendo di un piano.

Mi dirigo all'armadietto prendendo i quaderni e i libri delle materie che ho oggi e mi dirigo in fretta al piano terra, dove si dovrebbe trovare la classe di Psicologia, a detta del ragazzo di prima.

Ogni volta che passo una classe di quel lungo corridoio, osservo la scritta posizionata fuori, per essere sicura di non sbagliare aula. La campanella deve ancora suonare, e ricordando che prima non ho memorizzato l'orario, mi convinco che non c'è bisogno di controllarlo nuovamente dal cellulare.

Ancora le parole del dirigente mi risuonano nella testa, rendendomi tremendamente distratta. E la cosa non fa che inquietarmi. Io non sono mai stata così, non mi facevo prendere male dalle parole di qualcuno, ma evidentemente non ci sono ancora abituata, per poterle completamente ignorare.

Non mi sono abituata ad avere persone stronze intorno a me, che mi circondano facendomi stare male. Mi prenderei a pugni, adesso mi ritrovo a stare male per una persona che: primo, non conosco; secondo, non crede nella capacità dei ragazzi che lui stesso dovrebbe seguire; terzo, non a un minimo di tatto nel modo in cui parla.

IL MIO CUORE PALLEGGIA PER TEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora