21.

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Io ed Elen eravamo sul ciglio della porta quando mi disse -Mary... ti devo parlare di una cosa.-
Io, non sapendo cosa rispondere, non feci altro che aprire la porta in silenzio.
-Di cosa?- le chiesi appena entrammo.
-Una cosa che mi ha detto Dubois.- rispose. Mi preoccupai molto.
-Che cosa ti ha detto?- chiesi. Speravo che le avesse menzionato solo qualcosa di sensato.
Si sedette sul suo letto, e mi fece segno di farlo pure io. Quando mi sedetti sul mio letto davanti a lei, parlò -Non so come spiegarlo.-
Notai che le sue mani tremavano e istintivamente gliele presi tra le mie.
Alzò lo sguardo e feci lo stesso, guardandola negli occhi. Non aveva mai avuto uno sguardo così spaventato da quando la conoscevo.
-Non importa come lo dici- iniziai, ma mi interruppe.
-Sì che importa! Lui lo ha detto come se non fosse importante ma...-
-Dimmi solo se dovrei preoccuparmi.-
Lei annuì e spostò lo sguardo.
-Non lo so in realtà, ma io lo sono.- disse.
Vidi i suoi occhi diventare lucidi, come se fosse sul punto di piangere.
-Elen?- chiesi stringendo un poco le sue mani. La voce mi si strozzò in gola appena vidi due lacrime solcare il suo volto.
-Hai davvero provato a farlo?- chiese sottovoce.
-Fare cosa?- chiesi.
-Ucciderti. Hai davvero provato ad ucciderti?- disse lei, alzando la voce.
-Cosa? No- non alzai la voce, avevo paura potesse piangere di più in quel momento.
Restammo in silenzio, fino a quando non si lanciò addosso a me, facendomi cadere di schiena sul letto, e mi abbracciò. Io, stranita, ricambiai il gesto.
-E allora perché quando eravate in quella stanza poco prima che arrivassimo hai provato ad affogare.- chiese a bassa voce, nascondendo la testa tra i miei capelli sulla mia spalla.
-Io... - iniziai, ma capii che non sarei andata da nessuna parte con quel che stavo per dire. Mentire con la scusa del "non l'ho fatto apposta" non avrebbe funzionato, ormai lo sapeva.
-Scusami...- dissi.
-No no aspetta.- rispose, alzandosi da quella strana posizione e sedendosi vicino a me, e io feci lo stesso.
-Non ti devi scusare, io mi dovrei scusare.- continuò, mentre la guardavo con un espressione dubbiosa. -Non avrei dovuto dirtelo così, probabilmente ora ti sentirai obbligata a dirmelo, e probabilmente non ti fideresti di me, soprattutto dopo che Dubois mi ha detto ciò.-
-Mi fido di te, e poi non è neanche un motivo così grande.- risposi.
-Ti prego, non dire "Non è un motivo così grande" perché per portarti a questo lo deve essere per forza. E scusami ancora, non dirmelo se non vuoi.- mi prese una mano e iniziò ad accarezzarla con il pollice.
Sospirai un attimo e risposi -Io... io mi fido di te ma non riesco a parlarne.-
Già sarebbe stato difficile farlo normalmente, e ora i miei pensieri si erano fissati solo su quei motivi.
Essi però vennero interrotti da Elen, che mi abbracciò e disse -Non saprei cosa dire. So come un misero "mi dispiace" non basta mai.-
-Grazie.-
Passammo almeno un'altra ora parlando, cercando di distrarci, fino a che non fummo stanche e andammo a dormire.
Ormai ero già sotto le coperte quando Elen parlò ancora.
-So che dopo questo mi prenderai per una persona molto stupida, ma voglio effettivamente chiedertelo.-
Anche se non mi poteva vedere, la guardai stranita. Non capivo cosa stava dicendo.
-Co- iniziai a parlare, ma mi interruppe parlando tutto d'un fiato.
-Posso tenerti la mano stanotte?-
-Eh? Perché?- chiesi, alzandomi un poco dal letto.
-Non avrei mai dovuto chiedertelo.- disse nascondendo la faccia sul cuscino.
-Stai tranquilla.- dissi. Spontaneamente le presi la mano, e lei mi guardò sorpresa.
-Non è un problema, solo sono curiosa, perché?- finii.
-Ho paura di perderti okay? Mi affeziono velocemente a certe persone.- mi rispose.
MI alzai dal letto e la abbracciai. Mi dispiaceva vederla così, ma sembrava aver capito perché mi ero comportata così in quella stanza.
Elen ricambiò subito l'abbraccio e ne fui contenta. Iniziò a far passare una sua mano tra i miei capelli, e io la abbracciai più forte di prima.
Quando ci staccammo dall'abbraccio, le dissi di mettersi comoda e le misi le coperte fino alle spalle, come quando una madre rimbocca le coperte al figlio. A quel punto tornai nel mio letto anch'io e le presi una mano. Dormimmo mano nella mano, facendole penzolare nello spazio tra i due letti.
Quella notte non mi addormentai subito, quindi passai diverso tempo ad accarezzarle la mano. Passai anche il tempo a pensare perché mi sentissi diversa, come se ci fosse un qualcosa nel mio stomaco che lo faceva rigirare su se stesso, e avevo molta paura che fosse qualcosa per cui avrei rimesso, di nuovo, la mia reputazione.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 24 ⏰

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