Capitolo 12

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*POV IGNAZIO*

"Ei. Posso parlarti?" Piero mi raggiunge.
"Certo." smetto di usare il computer che abbiamo in studio di registrazione e presto la mia totale attenzione a Piero.
"Un po' mi dispiace chiedere a te, ma sei l'unica persona che può rispondermi."
"Che succede?" chiedo stranito ed anche leggermente preoccupato.
"Che si prova ad essere padre?" domanda a bruciapelo. Apro la bocca per rispondere ma mi rendo conto di non saper cosa dire, così mi lecco istintivamente le labbra e respiro profondamente.
"È la cosa più bella che possa succedere a questo mondo." ammetto dopo qualche momento. "Ma perché me lo chiedi?"
"Ieri pomeriggio, quando siamo usciti dal ristorante Elisa mi ha detto di essere incinta."
"Congratulazioni! Sono felice per te." sorrido e lo so davvero, felice per lui, nonostante la voglia di sentire la stessa frase dalla bocca di Rebecca. Ma di questo ne parleremo in un altro momento.
"Mi sento..." si prende un attimo. "Confuso." conclude.
"È normale. Ti si stanno scontrando così tanti pensieri che sentirti confuso è il minimo."
"Io non lo so se sono pronto."
"Se aspetti di fare un figlio quando sarai pronto non lo farai mai. Non sarai mai pronto per la prima ecografia, per il cuoricino che batte, per i capricci di una donna incinta.. soprattutto per quelli." cerco di alleggerire un attimo la situazione ma ottengo solo un accenno di sorriso. "Comunque l'unico consiglio che ti posso dare è di godertelo, perché è la cosa migliore che esista al mondo." mi prendo un attimo per cercare le parole giuste. "Non esistono le parole giuste per descrivere cosa significa e cosa provi, l'unica cosa che mi viene in mente di poterti dire è che quando nascerà e lo sentirai piangere e lo toccherai ti sentirai scoppiare il cuore di gioia, di amore e di un qualcosa che non è descrivibile a parole. Non so dirti altro, sono questi i momenti che custodisco gelosamente." sorrido. In realtà ho altri momenti che custodisco ma non glieli dirò, si merita di festeggiare, il ricordo di Margherita che se ne va tra le mie braccia rimane nella mia testa, nel mio cuore e in ogni singola parte di me, ma ora non è giusto affrontare l'argomento.
"Grazie. So che non è facile, quindi grazie."
"Non lo dire nemmeno per scherzo. Sono davvero felice per te, ma davvero. Sei come un fratello ed io sono abituato a gioire con il cuore per le cose belle che succedono alla mia famiglia." mi sorride e ci stringiamo in un abbraccio. "Non la lasciare sola." gli do una pacca sulla spalla. "Se tu hai 1000 paure le ne avrà 2000. Non lasciarla sola per nessun motivo, mai. E se ti dice che ci riesce anche da sola, tu non crederle. Vogliono fare le forti ma poi hanno il terrore di tutto, proprio come noi, e un'altra cosa, non te la dimenticare. Metterà al mondo tuo figlio, ma quel bambino senza di lei non sarebbe mai esistito. È importante coccolare, toccare, abbracciare, quello che vuoi tu, il piccolo, o la piccola, ma è altrettanto importante coccolare, toccare, abbracciare anche lei. Non farle pensare che tu non la veda più come una donna."
"Mi stai dicendo di non smettere di fare l'amore con la mia ragazza?" mi guarda stranito.
"Non parlavo di quello, ma includilo nel pacchetto." gli strizzo l'occhio e chiudiamo il discorso, interrotti anche dai fonici che lavorano in studio.
Il trillo di un messaggio mi distrae, 'Vieni a cena da me?' mi scrive Rebecca così rispondo con un'affermazione e ripongo il telefono nella tasca posteriore dei jeans.
"Ragazzi io vado, a domani!"
"Ciao." li saluto e vado a casa di Rebecca. Parcheggio l'auto e suono il campanello.
"Ei." mi apre la porta con il visino triste.
"Oi." entro, chiudo la porta e le accarezzo la guancia. "Che succede?" le bacio le labbra umide.
"Niente." mi fa un sorriso finto e mi circonda il busto con le bracci posando la testa sul mio petto. Mi sposto fino al suo divano, sempre con Rebecca attaccata, e mi ci siedo con lei in braccio.
"Dimmi cosa ti succede amore." le scosto il volto dal mio collo e le stringo le guance tra le mani. Ci fissiamo negli occhi e noto che attimo dopo attimo si fanno sempre più lucidi. "Parlami Rebecca. Ti prego, dimmelo." le asciugo le lacrime con i pollici.
"Mi sento in colpa." ammette dopo un po'.
"Per cosa tesoro?" le chiedo anche se credo di sapere già la risposta.
"Mi sembra di rovinarti la vita a dirti che non voglio figli." singhiozza. Amore mio.
"Non abbiamo nemmeno 30 anni, abbiamo una vita davanti per poterci pensare Rebecca." cerco di rassicurarla. Lo so che anche lei vuole dei bambini, ma il ricordo di Margherita che ci muore tra le braccia è ancora troppo vivo. Non mi sento pronto nemmeno io ora, per un figlio.
"Ma..." singhiozza.
"Rebecca!" la chiamo. "Guardami." le alzo il mento, occhi negli occhi. "Non mi sento pronto nemmeno io ad avere un bambino ora. Ma mi sento pronto ad amarti, a sposarti, a costruirci una casa, e una vita, insieme. Okay?" sussurro.
"Okay." finalmente la bacio come si deve e mi abbandono tra le sue braccia. Una mano nei capelli e una sotto la maglietta, ad accarezzarle la schiena nuda. Ha la pelle morbida, che profuma di rose, come il suo bagnoschiuma. Mugolo sulla sua bocca, stringo i fianchi e le muovo il bacino sopra il mio. Si stacca di colpo da me, mi fissa negli occhi. Il petto che si alza e si abbassa freneticamente, gli occhi colmi di desiderio, la bocca rossa dai miei baci.
"Cazzo." mormoro nell'esatto momento in cui si toglie la maglietta e rimane quasi nuda davanti a me. Mugolo di nuovo quando si tira leggermente in dietro, mi sgancia i jeans, li abbasso il minimo indispensabile per far si che tolga la mia erezione dai boxer, le scosto gli slip e la sento già eccitata, me la trascino di nuovo sopra ed entro dentro di lei, labbra contro labbra, denti contro denti ma soprattutto cuore dentro cuore.

L'amore non basta (quasi) maiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora