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Ogni volta che ho lezione con Nicholas, il mio corpo si ribella. Ogni martedì e giovedì mattina, puntualmente, dalle nove alle dodici, per quelle tre infernali ore, ho nausea e tachicardia. E non riesco nemmeno a guardarlo negli occhi, tanto lo detesto, tanto desidero che vada via, forse per sempre. Oggi è una di quelle mattine.

"Hey, terra chiama Irma! C'è nessuno in quella testolina?"

Mi riprende Jenna, mentre siamo davanti ad un cavalletto. È il giorno dello svago, così lo chiama Nicholas. Di tanto in tanto ci spinge a dipingere ciò che sentiamo, regalandoci una tela bianca ed invitandoci alla fantasia. Io odio questa parte della lezione. Odio essere qui, con un pennello in mano e dei colori su una tavolozza putrida. Odio il suo sguardo costantemente posato su di me. Lo vedo con la coda dell'occhio. Attende una mia mossa.

"Sì, scusa... Dicevi?"

Biascico, dondolandomi sullo sgabello sul quale siedo. Lei ridacchia, poi, intingendo il suo pennello in un acquerello blu, fa scivolare la mano sul suo dipinto, con delicatezza e perfino un piccolo sorriso sul volto. Poi, mi guarda.

"Dicevo... Dovresti dipingere qualcosa. Un fiore, un albero..."

"E che cos'ho? Tre anni?"

"Certo! Abbraccia la tua bambina interiore! Sfogati!"

Sbuffo.

"Ti prego, non oggi. Lasciami perdere e basta."

Jenna fa spallucce, totalmente neutrale al mio tono meschino e sicuramente antipatico. Ha imparato ad avere a che fare con i miei sbalzi d'umore. "È perché sei del segno del Cancro, capisci?", mi aveva detto una volta. Io avevo annuito e basta. Ma non so se il mio umore dipenda dall'astrologia. Perlomeno, non fino a tal punto.

"Tranquilla. Se ti lascio perdere io, ci penserà qualcun altro a svegliarti."

Mormora, dandomi una leggera gomitata ed indicandomi Nicholas. Quest'ultimo continua a guardarmi. Dal viso contrito ed i pugni stretti, si dirige poi verso di noi. Alzo gli occhi al cielo.

"Grandioso."

Commento, prima di ritrovarmelo alle spalle.

"Lieto di vedere che state conversando. Spero solo che le chiacchiere non vi distraggano troppo... Specialmente te, Irma. Vedo che la tua tela è ancora vuota. — Come mai?"

"Non ho ispirazione."

La butto lì, alquanto seccata, mentre Jenna si concentra sulla sua opera. Mi rivolge uno sguardo preoccupato di sottecchi.

"Capisco. Beh, sarà meglio che tu te la faccia venire, questa ispirazione, o sarai costretta a rimanere qui dopo la lezione."

"Cosa?!"

Chiedo, stupita. Lo fisso adirata.

"Hai capito bene. Se non ritrai qualcosa entro la fine dell'ora, sarò costretto a trattenerti. Ho bisogno di un tuo voto, e se questo implica costringerti a dipingere, sarà fatto. Hai mezz'ora."

Afferma, alzando la voce, e tutta la classe si gira verso di noi. Mi sento così in imbarazzo che abbasso la testa. Nicholas, dal canto suo, continua a fissarmi, imperterrito. Sembra non voglia lasciarmi andare. Poi, però, si sposta verso Jenna, dandole una pacca sulla spalla.

"Ottimo lavoro."

Commenta, allontanandosi verso un'altra ragazza. È solo quando va via che riprendo a respirare normalmente.

"Ottimo lavoro."

Lo schernisco, e la mia amica ride.

"Certo che sei terribile! Capisci che lui lo fa solo per il tuo bene? — Devi dipingere qualcosa. Non vorrai mica rimanere qui tutto il pomeriggio, vero?"

"Oddio, non ti ci mettere anche tu! Vedrò quello che posso fare."

Alla fine, quello che posso fare, lo faccio. Quando Nicholas ci ricorda che la lezione è finita e che possiamo andare, faccio un passo indietro. La mia tela ritrae una semplice macchia nera, con dei piccoli puntini rossi al centro.

"Sarebbe?"

Commenta poi, tornando a darmi fastidio mentre gli altri iniziano ad abbandonare l'aula. Jenna mi aspetta sul ciglio della porta, lo zaino in spalla. Io lo guardo, e subito l'azzurro dei suoi occhi mi colpisce. Se non fosse così arrogante e insolente, potrebbe anche piacermi.

"Una coccinella. Buon pomeriggio."

Rispondo, sarcastica, e mi allontano. Lui, però, mi riprende. Mi posa una mano sulla spalla per fermarmi. Il mio cuore perde un battito.

"Ti metto zero. Io, questo schifo, non te lo valuto."

"Fai come ti pare. Lasciami."

Me lo scrollo di dosso, infastidita.

"Quando la smetterai con i giochi? Voglio vederti dipingere davvero."

"Io non dipingo, te l'ho detto. E la smetterò quando tu mi lascerai stare. Di nuovo, buon pomeriggio."

Mi allontano in fretta, stringendo una mano a Jenna. Lei sussulta.

"Ahi... ma che..."

"Andiamo. Andiamocene subito."

Quando esco dall'aula sento ancora lo sguardo di Nicholas addosso. Come sempre, è tutt'altro che piacevole.

Dopo pranzo ci dirigiamo verso l'aula di disegno. Cammino lentamente assieme a Jenna, che trasporta con se un rotolo di pergamena. È il suo dipinto. Le è talmente piaciuto che se l'è riportato. Magari avere la sua autostima...

"Lo odio, lo odio! E sono convinta che mi boccerà sicuro!"

"Ti boccerà se non collabori, non perché non andate molto d'accordo."

"Collaborare? Ma ti senti?!"

Jenna sospira, io, invece, sono una pentola in ebollizione. Non riesco nemmeno a tenere il passo. Per quanto sono nervosa, inciampo più volte lungo il corridoio. Lei mi riprende ogni volta. Sembra non ce la faccia più.

"Io non voglio... Non voglio, perché mi ricorda troppo quella stronza di mia madre... Mi mette ansia, e ho tanta, tanta rabbia... I miei dipinti mi fanno schifo, non sono brava, e se li mostrassi a lui mi valuterebbe peggio di come farei io. Quindi, è un no."

"Sei troppo autocritica. Magari li troverà stupendi, o forse aberranti. In ogni caso è lui l'esperto, e non tu. Dovresti lasciarti andare... Tua madre non è qui. E tu non sei lei. Rilassati. Calmati."

Le sue parole mi arrivano dritte come una freccia in petto. Immagino volesse tirarmi su, ma mi danno solo fastidio. Così faccio dietrofront, con Jenna che si ferma e mi guarda scioccata.

"Hey, scema, ma dove vai ora?!"

"A farmi un giro."

"Ma abbiamo disegno! Tu non la salti mai la lezione di disegno!"

C'è una prima volta per tutto, penso, ignorando la mia amica e puntando dritto verso l'uscita. So che mi sto comportando da bambina, ma ora non riesco ad essere lucida. Vado dove mi porta il cuore, l'istinto, e l'istinto mi dice di recarmi nel cortile del campus. A quest'ora non c'è nessuno, così mi fiondo sotto un albero. È un albero grande, dalle foglie verdi e lucenti. Mi accascio contro la sua corteccia, gettando lo zaino a terra.

Scoppio in lacrime.

...

"Ricordati, figliola, che se solo un giorno dovessi pensare di essere la migliore, se solo un giorno avessi la presunzione di crederti una dea, ricordati di me. Tua madre. La vincente."

"Ma mamma, credevo che fossimo tutte delle vincenti."

"Quelle sono soltanto frasi fatte. Tu, così come tante altre, non lo sei."

My sweet nemesisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora