Settembre 2021
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So già che farò molta fatica a scrivere questo capitolo. Un po' perché il ricordo di quel giorno mi fa venire voglia di buttarmi da un ponte, un po' perché non voglio svelare nomi e cognomi, quindi dovrò inventarmi qualcosa.
Partirò raccontando della prima lezione col nuovo professore: io ero in terza fila, dietro al mio migliore amico. Ad essere sincera, non avevo prestato molta attenzione alla presentazione del professore, ero troppo impegnata a studiarlo (o meglio, ammirarlo). Tutto ciò che bisogna sapere sul suo cognome è che inizia con "Mastro" e finisce con altre sei lettere. Quando si presentò alla classe durante quell'ora, trovai il cognome molto carino anche perché suonava bene col suo nome. Quella lezione servì più che altro a presentarsi. Lui si scusò subito sapendo che avrebbe fatto fatica a memorizzare tutti i nostri cognomi e spiegò brevemente quale sarebbe stato il programma scolastico. A fine ora, durante l'intervallo, il mio migliore amico si girò verso di me, mi guardò per qualche secondo e poi mi sussurrò: "Mastrolindo". Lo ammetto, quella parola mi divertì molto. Adesso che ci penso, non so cosa ci sia di divertente nel paragonare un proprio professore alla mascotte di una linea di prodotti per la pulizia. Probabilmente era il modo in cui mi era stato detto. Sta di fatto che io e qualche altro amico iniziamo a chiamarlo Mastrolindo. Parlando, scrivendolo in chat, eccetera. Non tanto per scherno, ma più per noia e perché insieme i nostri cervelli non ne fanno uno sano. Il professore si era dimostrato molto più bravo di quello che ci aspettavamo. Aveva solo 27 anni, aveva fatto il liceo scientifico per poi recuperare tutto il greco all'università ed era già un insegnante, per di più bravo. E gli era pure capitata una classe di asini. Nella prima versione ci furono solo due sufficienze su diciotto. Quel giorno, quel pover'uomo tornò in classe con la sua borsa e le versioni nell'altra mano, appoggiandole poi sulla cattedra: "c'è molto lavoro da fare" disse con un sorriso disperato. Povero ragazzo.
Tornando alla situazione del cognome, ovviamente non poteva andare tutto liscio. Un giorno ero seduta sul banco in prima fila insieme al mio migliore amico e un'altra mia amica. Il mio amico mi chiese l'orario di quella giornata, perché si, già dal primo giorno di scuola io devo imparare a memoria tutto l'orario scolastico. Quindi, calma e volenterosa di aiutare, gli iniziai ad elencare le lezioni del giorno: "Allora, oggi abbiamo due ore di Mastrolindo, due ore di *cognome professoressa di storia e filosofia* e due ore di *cognome professoressa di inglese*". Gli sorrisi sicura di aver fatto un bel gesto, e notai confusa la sua faccia stupida e i suoi occhi sgranati. Si avvicinò a me e mi sussurrò all'orecchio: "Hai detto Mastrolindo al posto di Mastro******". Non me n'ero accorta. Giuro, ero sicurissima di aver detto il cognome giusto del professore. Guardai quest'ultimo terrorizzata, ma lui aveva lo sguardo fisso sul suo quadernetto dove segnava voti e quant'altro. La campanella suono e ci sedemmo ai nostri posti. Io mi rannicchiai sulla mia sedia cercando di nascondermi dietro la schiena del mio amico. Il professore si alzò per iniziare a spiegare, sempre tenendo le mani sul piccolo quaderno e mi guardò: " tu sei la signorina *cognome*?" Panico, tragedia, disastro. La mia testa voleva dire di no, le mie labbra mi imponevano di dire di sì. Mi limitai ad annuire. Dio, se in quel momento il terreno si fosse aperto sotto di me avrei ringraziato il Signore e tutti i santi. Il professore mi guardò fi nuovo, scrisse qualcosa sul quaderno e iniziò la lezione. Non mi mossi più dalla mia sedia e diventai una statua fino alla fine dell'ora, e anche quella seguente. E anche le altre quattro, fino a che non fu l'ora di tornare a casa.