Ci ho pensato per mesi. Ogni volta che passava davanti a noi, durante l'intervallo o per entrare in classe prima della lezione abbassavo la testa e smettevo di parlare. Sentivo il suo sguardo e la sua disapprovazione assalirmi ogni volta che lo avevo vicino. Durante le lezioni, ogni volta che mi guardava mi nascondevo tra i libri e la matita sperando di poter sparire. Anche i miei amici me lo ricordavano spesso. Ogni volta che si accennava al professore per qualsiasi motivo usciva fuori "Mastro Lindo". Ho iniziato quindi ad evitare lo sguardo e i discorsi con lui. La cosa è peggiorata quando la rappresentante di classe (molto logorroica ma le si vuole bene comunque), parlando con lui, ha scoperto che è stato bullizzato per il cognome ed è stato chiamato Mastro Lindo anche quando era più giovane. Mi sono sentita una merda.
Insomma, le uniche volte che gli stavo vicino era durante le lezioni quando spiegava e io ero obbligata ad ascoltarlo. Ma questa situazione non poteva durare in eterno. Infatti, si stava avvicinando il periodo delle interrogazioni. E nelle interrogazioni bisognava parlare.
Ora. Io ho un problema abbastanza grande: vado in ansia per nulla. Anche con le interrogazioni programmate in quanto DSA, ho il terrore delle interrogazioni e delle verifiche. Quindi lascio immaginare come sia per me dover parlare di fronte ad una classe e ad un professore, sapendo che se sbaglio qualcosa si abbassano i punti per il voto e probabilmente anche la reputazione, che mi creo con tanta fatica, con gli altri. Spesso infatti ho anche sofferto di attacchi di panico che mi hanno causato non pochi problemi. Adesso ci sto lavorando e riesco a parlare senza balbettare o piangere. Merito anche della professoressa di storia e filosofia. Altro motivo per amarla.
In quel periodo però ero ancora nella fase "crybaby" come la chiamavo io, dove mi mettevo a piangere per qualsiasi situazione stressante o che potesse provocare ansia. Vorrei anche ricordare che in quel periodo non mi azzardavo a parlargli, quindi col cavolo che gli chiedevo di programmare un'interrogazione.
Riassumendo quel giro:
- Il professore chiama e interroga a botte di tre alunni per ora.
- Si dimentica ogni volta che sono DSA e mi chiede di venire interrogata per poi scusarsi e dirmi di rimanere al posto (non so se lo facesse per ricordarmi che dovevo programmarmi o per vendetta per averlo chiamato Mastro Lindo. Conoscendolo, o la prima opzione o si sarà effettivamente dimenticato).
- Interroga tutti fino a che non manco io e altri due ragazzi.
"Signorina *cognome*, è il momento". Aiuto. Presi la mia sedia e mi sedetti vicino alla cattedra a testa bassa. Gli altri ragazzi si sedettero accanto a me. Non ricordo bene gli argomenti, ma so per certo che fosse un'interrogazione su letteratura greca. Il professore iniziò a fare domande agli altri due compagni con voce calma. Poi arrivò il mio turno. In breve: totale disastro. Iniziai subito a tremare come una foglia e a piangere in silenzio senza riuscire a spiccicare parola. I polmoni implosero letteralmente e il mio cervello si spense. Iniziai a pregare che la campanella suonasse il prima possibile. Non appena terminata la lezione, chiedi con un filo di voce il permesso di andare in bagno e mi ci fiondai ad una velocità disarmante. Ci impiegai tutto l'intervallo per calmarmi. Quando tornai in classe era già arrivata la professoressa di storia e filosofia. Pensavo di averla scampata ma vidi il professore affacciarsi alla porta e chiamarmi fuori dalla classe. Uscii lentamente, tremante e con il cuore in gola preparandomi alla sgridata per non aver detto nulla al l'interrogazione. Invece, con una voce dolcissima, mi rassicurò dicendomi che aveva compreso il mio problema e sapeva che avevo studiato. Fu allora che mi mise una mano sul braccio per rassicurarmi. La mano di un angelo. Non ricordo niente di più delicato di quel tocco. Smisi subito di tremare e ci mancò poco che lo guardassi negli occhi. Il professore lasciò cadere la mano lungo il fianco, mi incitò un ultima volta con un "coraggio" e andò verso l'aula professori lasciandomi fuori dalla classe col cuore che batteva a mille. Inutile dire che i miei amici dovettero venire a raccogliermi col cucchiaino.