X. Solo tu. Solo mia.

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"Credo di dover pensare a quello che avrei potuto essere per capire e accettare quello che sono."

Cecelia Ahern-Scrivimi ancora

Estate 2010

Fu un'estate particolarmente calda e torrida. Reuel non si ricordava con certezza quando accadde. Era sera. Una sera appiccicosa e soffocante. Lei era seduta sui gradini d'ingresso di San Satiro, intenta a fissare il cortiletto davanti alla chiesa. Le zanzare le stavano dando il tormento e dalla piazza del Duomo giungeva il vociare concitato dei passanti.

La ragazza aveva riflettuto a lungo, gettata nello sconforto, in merito all'anno a venire, l'ultimo che avrebbe passato in compagnia di Zack e Xavier. Si sa, raggiunta la maggiore età i Cacciatori erano invitati a lasciare gli Istituti nei quali si erano addestrati ed a prendere la loro via.

Lei non voleva separarsi dai suoi amici; loro erano come fratelli per lei!

Essi si definivano amici e fratelli, ma la loro amicizia e fratellanza aveva dei limiti. Non c'erano baci e abbracci tra di loro. Non c'erano "sembra buono quello che stai mangiando, posso averne un pezzo?". Non c'erano spalle su cui piangere. Non c'erano carezze sulle ferite. Per Reuel non c'erano. Una semplice medicazione sulla sua pelle fatta a cuor leggero avrebbe potuto compromettere la vita di colui che la praticava se i fluidi della ragazza fossero entrati in contatto con i suoi.

Perché, allora, anche il solo pensiero di separarsi da loro la lacerava in questo modo?


Gennaio 2012

I giardini pensili di San Donato altri non erano che dei palazzoni dai cui balconi fuoriuscivano voluminosi e lussureggianti arbusti verdi. Grosse colate cementizie che, innaturalmente, partorivano smeraldine foreste. Nella luce mattutina, però, quegli arbusti sembravano a Reuel dei grotteschi e danzanti fantasmi, che proiettavano a loro volta lunghe ed altrettanto sinistre ombre sul lastricato sottostante.

La ragazza era guardinga. Si era tracciata un marchio dell'Invisibilità poco prima di salire sulla metropolitana, ma ancora non si sentiva del tutto tranquilla.

Varcò la porta d'ingresso del primo palazzo. Tutto taceva.

Si incamminò lungo le rampe di scale, guardandosi attorno con circospezione.

Dov'era Xavier?

Si fece largo tra i corridoi, ispezionandone ogni angolo. Tutte le porte erano chiuse ed oltre la loro soglia non giungeva alcun suono.

Se Xavier fosse stato nelle vicinanze si sarebbe fatto sentire. A meno che non sia già...

La ragazza non finì quel pensiero, scacciando la sua macabra conclusione dalla sua mente.

Quella poteva essere una trappola, certo, sia per lei che per Xavier, ma non ne era convinta. Se quei demoni avessero voluto far loro del male avrebbero semplicemente assaltato l'Istituto la scorsa notte. Probabilmente la chiamata era stata effettuata veramente da qualcuno bisognoso di aiuto.

Salì un'altra rampa. Nulla anche in quel piano.

Ne salì un'altra ancora. Tutto tacque.

Perlustrò bene l'intero piano per poi avviarsi nuovamente verso le scale che conducevano al terrazzo. Non arrivò nemmeno a metà rampa che qualcosa le balzò davanti. Non si domandò nemmeno cosa fosse, un animale, una persona, un oggetto, sguainò la lama angelica che si era portata appresso e la utilizzò per tranciare in due la cosa. Agì guidata dall'istinto e dalla paura. Non appena il sangue esplose copioso dall'essere, il cervello di Reuel formulò una semplice constatazione: demone.

SHADOWHUNTERS - La prospettiva del demoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora