Capitolo Cinque - Il primo incarico

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Fu proprio il caso Moro il primo sul quale XXXXX mi chiese di lavorare. Ma la sua non fu proprio esattamente una proposta, tutt'altro semmai, fu quasi una supplica. Capii solo dopo che era il suo modo per mettere alla prova me e le mie capacità investigative.

Lui aveva vissuto quel periodo in prima linea ed aveva raccolto una incredibile serie di informazioni e dettagli anche molto particolari che non potè mai pubblicare.

Nel chiedere a questo giovane "bocia" di occuparsi del caso mi ricordo che usò queste parole: 

"noi non xemo americani , qui non ghe el western ... la morte xe na cosa seria... "

e stetti in silenzio senza le parole per replicare , non ne avevo la forza, ma sentii scorrere sulle mani quel sangue che a ognuno di noi egli aveva imputato e a lui per primo, sì, imputato perché tuttora che è passato quasi più di mezzo secolo dal quel vile misfatto ognuno di noi che è nato prima e dopo l'avvenimento. Un po' proprio come quel debito con il quale lo STATO ITALIANO fa nascere ognuno di noi CITTADINI ITALIANI  in quanto CITTADINI dello STATO , solo che questo non è un debito economico ma un debito morale e di sangue.

E mentre ricordo quelle parole, mi tremano le mani, mi trema il cuore ancora oggi ... a ognuno di noi tremerà ogni volta che anche vagamente ripenseremo anche per caso a quel che è successo e che ha cambiato per sempre la storia della nostra pavida e imbelle nazione priva di tutti o quasi ormai i padri della patria, da allora in poi. 

Quello che XXXXX mi stava dicendo neanche tanto implicitamente era che a ciascuno di noi anche quelli che come me avevamo vissuto quella vicenda da innocenti bambini, ne eravamo usciti tutti con le mani insanguinate , come se del sangue dell'onorevole le mani di ognuno di noi ne fossero intrise allora e da allora per sempre.

Con quell'incipit non avrei potuto proprio tirarmi indietro, ed iniziai proprio dal già citato memoriale, prima sparito poi ritrovato, combinazione del caso, proprio poco prima che io iniziai a lavorare al giornale. 

Mi mise in mano un fascicolo impolverato che aveva lui nascosto in un cassetto e mi disse: 

"Toso , desbrighete a studiar tuto e torna da mi co ai na pensada"

Nel fascicolo non c'era nulla del memoriale, solo un articolo in cui veniva citato il ritrovamento del memoriale stesso il 9 Ottobre del 1990 in un covo delle BR a Milano e un accenno che tale rinvenimento era già avvenuto ipso loco nel 1978 per una perquisizione voluta dal Generale Dalla Chiesa che, rinvenuto il materiale autografo dell'onorevole, informato l'allora presidente del consiglio , post mortem Mori,  Giulio Andreotti, fu costretto a consegnarlo brevi manu al suddetto presidente per evitare qualunque  possibile fuga di notizie... 

il Giudice , dopo aver completato le indagini e debellato , almeno sulla carta, l'organizzazione brigatista fu trasferito poi a fare il prefetto di Palermo nel 1982 e lì dopo soli 100 giorni(*) trovo la morte insieme alla sua giovane moglie Emanuela Setti Carraro per mano di uno degli innumerevoli attentati di mafia che insanguinarono la Sicilia in quegli anni. Tra le carte, la cosa che mi colpì fu un articolo che spiegava per filo e per segno come i mafiosi si curarono di dare il colpo di grazia ad entrambe le sfortunate vittime così come avvenne per tutti gli uomini della scorta nel rapimento dell'onorevole in Via Fani e come peraltro avvenuto anche in occasione dell'omicidio del Giudice Amato.

Capii che XXXXX voleva mettermi su una pista, ma non ne avevo ancora sinceramente capito molto. Probabilmente voleva capire la mia capacità di investigare , un po' come quando da bambino ti portano in un bosco e ti fanno capire come si trovano i funghi... 

Tornai così con nulla, almeno subito, e mi rimisi a fare fotocopie; ci volle quasi un anno e una dichiarazione in tribunale, che lessi su un giornale concorrente, da parte della madre di Emanuela, la signora Maria Antonietta Carraro per capire che quello che mi aveva dato XXXXX nel dossier aveva un senso e come se ce l'aveva. La vedova Setti dichiarò di sapere che suo genero aveva fatto una copia del memoriale prima di darla nelle mani dell'allora presidente del consiglio... Bingo! 

Andai da lui di corsa come se avessi scoperto una miniera d'oro e gli dissi: ho capito, ho capito! Andreotti ha ordinato l'assassinio di Dalla Chiesa perchè aveva paura che rivelasse il contenuto del  memoriale!!!

parla pian, toso, ti ghe sémo ? 

Mi scusai e ripresi il mio umile lavoro... poi mi si riavvicinò e disse, "bravo toso... vedo che g'ai zhervèl... ora, toso,  lexe questo..." e mi diede un'altro pezzo che al tempo non mi aveva dato o almeno io non avevo notato. Si intitolava "il dossier Moro e la missione Marjolin"



(*) anche qui un'implicita citazione cinematografica relativa al film del 1984  "100 giorni a Palermo" di Giuseppe Ferrara 

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