40. Jasmine in bloom

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La casa era identica, esattamente come l'avevo lasciata più di due anni fa quando partii per andare in tour con Justin e poter finalmente ballare.
Venne ad aprirmi papà e mi faceva strano vederlo in quell'ambiente casalingo che non gli apparteneva.
"Ciao papà" lo salutai, dopotutto era mio padre e gli sorrisi.
"Jasmine... pensavo non saresti venuta" mi disse e mi abbracciò volendo nascondere le lacrime di commozione? Probabilmente. Sembrava un'altra persona... troppo diverso davvero da come lo avevo lasciato.
"Penso che avrei avuto le mie buone ragioni se non fossi venuta ma questo mi avrebbe tormentata per il resto della mia vita, quindi eccomi qui." fui schietta e senza troppi giri di parole. Dovevo capire. Ricevere delle risposte.
"Sono felice che tu sia qui, questa casa non era più la stessa senza di te..." rispose iniziando a prendere i miei bagagli.
"Papà? Cosa fai? Non ci sono i domestici?" chiesi sorpresa dal suo gesto, difficilmente muoveva un dito... che fine li avevano fatti fare?
"Oggi no, gli ho dato un giorno di riposo per poter passare un po' di tempo in famiglia" rispose sorridendomi debolmente e rimasi in silenzio senza replicare.
Salendo le scale per arrivare nella mia stanza vidi che avevano appeso una foto di famiglia, dell'ultimo Natale che avevamo trascorso insieme anche alla nonna.
"E la mamma dov'è? Non dirmi che ha avuto qualche emergenza di lavoro..." dissi fermandomi sulle scale.
Era una cosa che mi aspettavo molto da lei, il lavoro veniva sempre prima di qualsiasi cosa.
"No tesoro" riuscì a rispondermi prima di scoppiare in lacrime.
"Papà che succede? Mi fai preoccupare" dissi forse vedendolo per la prima volta nella mia vita piangere. Si accasciò sulle scale e lo abbracciai attendendo si calmasse e si sentisse abbastanza pronto per parlarmi.
"Dopo vedrai la mamma... abbiamo scoperto circa sei mesi fa che aveva questo cancro inguaribile al collo dell' utero. Ha fatto qualsiasi terapia prevista, sperimentale e non. Era disposta a farsi operare ma ormai stava già in metastasi e hanno detto che rischieremmo solo di farla peggiorare, togliendole il poco tempo che le resta. Non è affatto come la ricordi tu..." disse trattenendo i singhiozzi.
Neanche lui era come lo ricordavo. Sei mesi fa? Quando hanno iniziato a mettersi in contatto con me... I-io...
"Mia cara che succede?" la sua domanda mi fece risvegliare dal torpore e mi accorsi che ormai stavo piangendo anch'io.
Ero una pessima figlia anche se non erano stati i migliori genitori, mi stavo comportando esattamente come avevano fatto loro...
"Mi dispiace papà, mi dispiace" ammisi e ci lasciammo andare a un pianto insieme.
"Anche noi abbiamo le nostre colpe figlia mia, non sentirti così" disse mio padre baciandomi la fronte.
"Ora lei dov'è?" chiesi e la mia voce uscì come strozzata.

Quando entrai nella stanza e la vidi non potevo crederci. Non potevo vederla così.
Corsi sul letto come quando da piccola facevano i temporali e avevo paura e andavo a rifugiarmi nel gran lettone.
"Jasmine... quanto sono felice di averti qui" disse mia mamma tra le lacrime.
I suoi meravigliosi capelli biondi erano spariti, non c'è n'era più traccia, indossava per coprirsi il capo un foulard di Versace che le aveva regalato papà a un loro anniversario.
"Mamma... come ti senti?" dissi singhiozzando sulla sua spalla e abbracciandola.
"Ho avuto giorni migliori, ma sono felice perché sei qui... pensavo non venissi e me lo sarei meritato. Non sono stata la mamma che avrei dovuto essere per te, la mamma che meritavi e meritavo la tua totale indifferenza come punizione. Ma non l'avrei mai sopportato, già abbiamo perso così tanto tempo figlia mia. Perdonami" pianse più rumorosamente e non riuscivo a tranquillizzarla.
"Mamma non pensarci più... sono qui ora. Ho sbagliato anch'io dovevo perlomeno mettermi in contatto con voi per sapere come stavate. Non immaginavo tutto ciò..." dissi ammettendo le mie colpe.
"Come avresti mai potuto saperlo. Abbiamo fatto attenzione a non far trapelare la notizia, infatti mi sono momentaneamente ritirata dalla mia vita pubblica proprio per evitare che saresti venuta a sapere la notizia così." disse e nella sua voce sentii tutta la sua sofferenza. Non avrebbe mai lasciato il suo lavoro se proprio non c'è l'avesse fatta fisicamente...
"Mi dispiace mamma, cosa posso fare per farti sentire meglio?" le chiesi abbracciandola e respirando il suo profumo, sempre lo stesso da che ho memoria. Qualcosa che non era cambiato c'era almeno, anche se avrei voluto non fosse stata una cosa così futile.
"Ti andrebbe di raccontarmi un po' di te? Io e papà vogliamo sapere tutto ciò che ci siamo persi della nostra unica figlia" disse e mi fece un sacco tenerezza. Iniziai allora a raccontarle del tour, della mia relazione con Justin, la messinscena della proposta di matrimonio, dell'album musicale a cui stavo lavorando e i tanti ingaggi che mi stava trovando Scooter. Omisi situazioni spiacevoli come l'accaduto con Diamond e Alex per non turbarli. Non dovevano più preoccuparsi ormai.
Mamma si alzò di scatto dal letto e corse in bagno a vomitare, papà la seguì per aiutarla. La situazione era più seria di quanto potessi mai immaginare.
E dietro quella porta, mentre che ascoltavo mia mamma soffrire senza poter far nulla di concreto per aiutarla mi sentii così piccola che volevo sparire.
Avevo già perso Felicias, non erano bastati i soldi per aiutarla... anche mia madre non so se l'avrei mai sopportato. Non so come avrei fatto. Mi sentivo male.
Quando la vidi tornare sul letto mi tornarono alla mente tanti ricordi e momenti insieme in cui avevo toccato il suo lato materno che chissà per qualche ragione nascondeva.
"Mia cara, vorremmo parlarti di una cosa importante... che... abbiamo tralasciato durante gli anni..." iniziò mia madre con difficoltà, pause e schiarendosi la voce.
Guardai anche mio padre abbassando poi il capo.
"Noi non siamo stati sempre sinceri con te. Abbiamo preferito il silenzio, ho avuto momenti in cui ho odiato come erano andate le cose nel corso della mia vita e ho fatto l'errore più grande e infranto una promessa importante" continuò mia madre e attesi in silenzio ulteriori spiegazioni.
"Non sempre ti abbiamo dato l'affetto che dovevamo darti... e sentiamo di aver fallito" esordì papà spezzando il silenzio che si era creato.
Annuiì volendo dire qualcosa ma non sapendo cosa. Cosa potevo mai dire? Che mi avevano per tutta la vita ostacolata? Volendo rendermi una persona completamente diversa da quella che sono. Volendo sempre decidere ciò che fosse più giusto per me ma senza conoscermi mai veramente?
"Jasmine... penso che non ti abbiamo mai parlato di Katie" disse mamma scavando in una scatola che stava sul suo comodino e che non avevo notato.
"Katie? Forse nonna mi disse che era una tua amica..." riflettei un po' su sul ricordo vago che avessi.
"Non proprio così... Katie era mia sorella maggiore. Non andavamo troppo d'accordo da piccole, litigavamo spesso ed era molto indifferente nei miei confronti. Nacque, crescendo, una rivalità: a casa, a scuola, con il ragazzo che le piaceva, le amicizie. Mi sentivo esclusa dalla sua vita anche se vivevamo sotto lo stesso tetto." sospirò e mi parse che stesse per trattenere un singhiozzo. "Andò meglio tra di noi quando frequentava il college. Era molto felice della sua vita e forse si sentiva appagata e non le importava più di rendere infelice la mia. In realtà la verità non era nemmeno proprio questa: si era ammalata sotto la laurea e sia io che i nostri genitori la vedemmo sempre meno. Ci scriveva molte lettere dipingendo un idilliaca vita a Londra e invece si trovava in tutt'altro posto per curare la sua malattia. Non lo scoprimmo, ne lo immaginavamo finché non ha avuto bisogno di noi." prese una pausa avendo il fiato corto.
"Più o meno dopo qualche mese che io e tua mamma ci eravamo fidanzati, Katie entrò nelle nostre vite..." continuò papà versando un bicchiere d'acqua a mamma.
"Io e mamma scoprimmo che stava molto in contatto con papà, il quale cercava di starle vicino pagandole l'Assicurazione sanitaria e andandola a trovare. Sono sempre stati molto legati, io non ho mai avuto quel genere di rapporto che aveva lei con mio padre..." disse amaramente mamma facendo trasparire il suo dolore e la rabbia che nonostante tutto il tempo che fosse passato la consumava ancora.
"Una notte papà tornò a casa sotto un terribile temporale, quella sera perfino tuo padre non potè tornare a casa sua e dormì da me. Un vero evento visto che i miei genitori, ossia i tuoi nonni Jasmine, non volevano affatto una cosa simile, che due fidanzati non sposati dormissero sotto lo stesso tetto. Comunque mio padre tra le braccia aveva una piccola femminuccia in fasce, con due occhioni grandi e azzurri e ci disse che era la figlia di Katie e che passata la tempesta sarebbe tornata a casa. Nient'altro, eravamo ignare a ciò che avremmo visto l'indomani e impreparate." deglutí e mi passò alcune vecchie foto, rovinate dal tempo poiché non curate con premura. Accanto a mamma c'era una donna con capelli scuri, stupendi occhi azzurri tanto che sembravano diamanti.
"Quando Katie fece il suo rientro a casa, fu come mai me lo sarei aspettata: portava i capelli molto corti e il suo bel biondo si era spento. I suoi occhi avevano perso quella luce di un tempo. Si muoveva a fatica e in quel momento provai molto dolore nel vederla così... avevo fatto di tutto per poter essere meglio di lei. E lei stava pagando il prezzo più alto. Ci spiegò che aveva tenuto con se un grave cancro per quasi dieci anni, lo scoprì prima della laurea, ma per diversi anni le terapie funzionavano, alternava periodi in cui stava molto male ad altri che stava un po' meglio (quando ci faceva visita a casa indossando le parrucche perché a causa dei cicli di chemio perdeva i capelli), finché papà non la scoprì a vomitare in bagno. Una sera, ci raccontò che aveva incontrato un ragazzo, un colpo di fulmine lo definì, si lasciò trasportare dalla serata, dal momento che stava vivendo ed ebbe una relazione con lui e rimase incinta. Dopo aver partorito le diedero la notizia che il cancro era peggiorato e non le restava più molto da vivere, già che era arrivata a quasi dieci anni era stato un miracolo che la medicina non riusciva a spiegare. Cercò di mettersi in contatto con quel ragazzo ma le dissero che era partito per l'Italia e non ebbe modo di rintracciarlo." disse mamma incontrando i miei occhi e dandomi in quel momento la risposta alle domande che mi stavo ponendo ascoltando il suo racconto.
"Katie era disperata perché sarebbe morta lasciando sua figlia sola, senza genitori che la amassero, senza di lei... e mi chiese di crescerla... eri tu sua figlia Jasmine."
Mi accorsi che stavamo piangendo entrambe e tutto mi fu più chiaro, la mia intera vita mi fu chiara.
"Io in quel periodo scoprii di non essere fertile, non avrei mai avuto figli e così con l'appoggio di tuo padre e il suo sostegno, decidemmo di prenderci cura di te. Katie pensava in grande per te, voleva che tu facessi e diventassi tutto quello che non era riuscita a fare e ad essere lei. E per anni sono stata vittima di queste aspettative senza darti però la cosa più importante: l'amore. Poco dopo che morì Katie, papà non sopportò la perdita e perdemmo in breve tempo anche lui e mamma rimase sola. Ma ringrazio a Dio che ci sia stata perché non ero proprio pronta a prendermi cura di te, ero un disastro e averla accanto aveva significato tutto per me e per la tua crescita." Concluse lasciandomi un po' di cose dinanzi a me. Ma io ero impietrita, non riuscivo a reagire, a dire nulla, a muovermi.
"Jasmine, non ho mai capito nulla della vita, me ne  rendo conto ahimè solo ora che sto attraversando tutto ciò che ha passato Katie per anni. Tu sei stata la mia benedizione, ciò che la vita mi stava regalando e io non l'ho capito. Perdonami se puoi. Perdonami di non averti detto la verità prima. Perdonami perché più vedevo in te quell'atteggiamento di Katie di indifferenza e più mi odiavo e ne subivi tu. Sono stata un disastro e non voglio essere messa in una scatola a prendere polvere anche se me lo merito." Si riferiva alla scatola in cui conteneva poche cose di Katie. Cioè della mia madre biologica più esattamente. Piangeva, ebbe proprio una crisi, forse era la paura di morire e non lasciarsi nulla alle spalle.
Papà mi fece segno di andare per poterla calmare. Continuava a urlare il mio nome e il mio cuore era andato ormai in frantumi. Uscii fuori da quella casa che improvvisamente mi stava stretta e sentivo che mi mancasse l'aria. Andai sulla tomba di nonna e notai poco più lontano quella di mio nonno e... di mia madre. Piansi per non averla mai conosciuta, per non ricordarla. Piansi per non aver ricevuto amore e dopo un po' che iniziai a singhiozzare meno chiamai Justin e gli raccontai tutto.
"Jasmine vuoi che venga da te?" mi chiese con tono preoccupato mentre che guardavo il cielo.
"Tranquillo, posso farcela..." sussurrai più a me stessa che a lui ma parve mi avesse comunque sentita perché disse "fammi sapere se cambi idea o qualsiasi risvolto... e torna a casa Jasmine, i tuoi saranno preoccupati per te" chiudemmo la chiamata e riposi il cellulare in tasca.
Camminai a vuoto per un bel po' prima di tornare a casa dove trovai le persone che avevo creduto miei genitori per tutta la vita ad aspettarmi.
Parlammo a lungo, chiesi alcune cose sulla mia mamma biologica e sul "papà", insomma i mezzi non mancavano per rintracciarlo ma non si erano mai posti questo problema. Mi promisero che l'avrebbero cercato. Andai a letto senza cenare, non avevo fame e non riuscii a dormire per tutta la notte. Riflettei a lungo. Non erano stati i genitori migliori del mondo, ma non stavano programmando di avermi, all'improvviso hanno dovuto prendersi cura di me, una responsabilità e hanno fatto quello che potevano. C'era ancora rimedio, ma dipendeva da me. Dovevo dargli una possibilità e dare una possibilità anche a me stessa. Come mi ripeteva sempre Justin la famiglia era la cosa più importante e avevo già perso nonna Margaret, mia madre, mio nonno e chissà dov'era il mio vero padre. Ma se pensassi al passato o al futuro, mi perderei il presente, perderei la donna che mi aveva cresciuta e che avevo sempre chiamato mamma, perderei mio padre che c'era in qualche modo stato per me. Sapevo cosa fare.
Il mattino seguente parlai con i miei genitori e decidemmo di vivere ogni momento insieme organizzando tutto ciò che non avevamo mai fatto e che avremmo voluto fare. Nei giorni seguenti mi raggiunse anche Justin che mi aiutò ad anticipare l'anniversario della Victoria's Secret per poter far partecipare mamma all'evento. Annunciò il suo ritiro, non parlando della malattia, non se la sentiva e non la forzammo. Ma visse uno dei momenti più belli della sua vita ne ero sicura. Il suo sogno era diventato finalmente realtà: si era realizzata con la sua carriera, molte persone la stimava, la amavano, aveva fatto molti sacrifici per arrivare dov'era, subito tante cose ed ero fiera di essere sua figlia. Mi commossi nel vederla splendere sulla passerella com'era un tempo.
Trascorremmo un weekend sulla neve quando mamma era al tramonto dei suoi giorni, finché nel silenzio di uno splendido paesaggio innevato ci lasciò.
Un grande e fortissimo dolore che sapevo non sarebbe mai passato, ci avrei solo convissuto; ma in me rifiorivano gli ultimi momenti che avevamo vissuto insieme e l'avevo finalmente conosciuta un po' di più.
Ma sarebbe vissuta per sempre nei miei ricordi e nel cuore mio e di papà. Addio mamma, mi mancherai.

The thief of hearts➺jdbDove le storie prendono vita. Scoprilo ora