L'inizio

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"Mann mis o fierr nman e mann ritt spar"

"Cirú, Francesco ci hai traditi, saje ca' fa'."

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"Amico? Ma tu non dicevi che eravamo fratelli cirú?"

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"T PNZAV E FA FESS A ME FRANCÉ?"

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Mi svegliai di soprassalto, facevo lo stesso incubo da due anni ormai, fuori la finestra era l'alba, scesi dal letto e presi una sigaretta che iniziai a fumare mentre guardavo il mare calmo, piatto come una tavola.

Amavo il mare, era tutto ciò che mi faceva sentire libero. E mi consideravo ricco proprio per questo, perché in carcere sentirsi libero é impossibile.

"Ancora quel sogno?" Disse una voce dietro di me, quella di Edoardo, il mio compagno di cella nonché migliore amico.
Non risposi, mi limitai a guardarlo mentre i suoi occhi osservavano la mia faccia leggermente sudaticcia e i miei occhi che quasi lacrimavano.
"Ho capito..." affermò dopo pochi secondi per poi scendere dal letto e avvicinarsi a me con la sua sigaretta.

Edoardo era come un fratello per me, lo ritenevo il mio unico punto d'appoggio, sopratutto dopo quello che avevo fatto a Francesco.

"Cirú tu ti incolpi troppo, aie fatto chello ca' pàteto ta ritt e' fa'."

"É questo quello che più mi distrugge eduá, mann mis o fierr nman e mann ritt spar." Ed era vero, proprio io che non mi fido di nessuno, ho creduto a quello che mi ha detto quell'uomo vile e meschino.

"Vabbuo, nun c pnzá, mo me ne vado a dormire, song e 5 a matin" edo era il solito dormiglione, ma per una volta lo ascoltai, mi rimisi sul letto e mi addormentai con uno strano presentimento, come se qualcosa stesse per succedere.

Pov Mercedes

Stavo scappando dalla polizia, non ero una santarellina, da quando mia madre è morta mi ero data alla cosiddetta "malavita".
Avevo appena rapinato un negozio di alimentari e avevo sparato al cassiere, non che volessi farlo ma non voleva aprire la cassa e sono quasi sicura che avesse  premuto il pulsante d'allarme.
Raggiungo un cassonetto della spazzatura e mi ci butto dentro, fallendo però nella mia impresa di nascondermi dagli sbirri dati i miei lunghi capelli neri che decidono di incastrarsi nella manovella del cassonetto.

Fu così che mi presero e mi portarono al carcere di nisida, arrivai li verso le 7 del mattino e il comandante mi portò dalla direttrice.

Lei mi spiegò che per il momento non era sicuro per me dormire nelle camerate femminili, dato il mio passato, e che quindi avrei dormito in quella per l'isolamento.

Il comandante mi accompagnò nella cella, dove vidi due letti separati e una porta che conduceva al bagno, c'era una finestra da dove si vedeva il mare, non che mi interessasse dato che io ne avevo una paura tremenda.

Erano le 8:15 circa ma io avevo troppo sonno e appena mi misi sul letto mi addormentai, con una strana sensazione in petto.

L'amore|| Ciro RicciDove le storie prendono vita. Scoprilo ora