12. Stato di trance

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Will si svegliò prima del solito, aveva fatto fatica ad addormentarsi, dopo che la sua migliore amica gli aveva spiegato per filo e per segno il piano e tutti i retroscena e le storie dietro ad esso

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Will si svegliò prima del solito, aveva fatto fatica ad addormentarsi, dopo che la sua migliore amica gli aveva spiegato per filo e per segno il piano e tutti i retroscena e le storie dietro ad esso.
Onestamente, li capiva.
Il sindaco in carica Kline, a poco tempo dalle elezioni, aveva preso l'inaspettata e repentina decisione di accogliere alcune delle proposte del consiglio del Buon Vicinato, nulla in più che un'associazione di casalinghe bianche dei sobborghi di EastWay Avenue.
Una di queste proposte, era un progetto per riassegnare le case popolari, far costruire nuove scuole per i ragazzi della frazione più povera della città e centri pomeridiani per "educarli alla buona cittadinanza".
Quelli, erano sporchi metodi per dividere i giovani dei quartieri popolari dai coetanei di altre zone della città.
Erano visti come criminali solo per il luogo in cui abitavano.
Avevano anche deciso di alzare il costo degli affitti mensili, e nè la famiglia di Santana nè tantomeno quella di Victoria erano in grado di sostenere per un periodo prolungato di tempo questa spesa.
Era a tutti gli effetti un'ingiustizia, ma Will non era sicuro che un criminale avrebbe potuto aiutarli.
Certo, il compenso che aveva offerto per il lavoro non era da sottovalutare, ma era chiaro ci fossero dei secondi fini.
Se ne erano fortunatamente accorti anche i suoi amici, insomma, del gelato non era di sicuro la refurtiva più pericolosa in cui il criminale si fosse imbattuto.
Era uno stupido pretesto per adescarli e farli entrare nella sua banda, assicurando verdoni e gloria.
Loro erano sicuri di non cadere in tentazione, avevano bisogno solo dei soldi necessari per aiutare a casa il prima possibile, per il futuro speravano e credevano sarebbero bastati i loro stipendi.
Era una proposta pericolosa, ma carica di un simbolismo e di una possibilità di successo tali, da fargli per qualche ragione desiderare di accettare.
Erano comunque futili dettagli se paragonati a tutte le cose orribili che sarebbero potute capitare.
Non voleva assolutamente rimanere coinvolto nei piani di un boss della criminalità organizzata, e sicuramente non era nei suoi sogni per il futuro derubare il negozio in cui lavorava un suo amico.
Con mille pensieri in testa, si alzò dal letto ancora frastornato, diretto verso la cucina per bere un bicchier d'acqua.
Il sole stava appena nascendo, i suoi caldi raggi illuminavano già il piccolo atrio di casa Byers, facendo capolino dalle persiane socchiuse.
Will accelleró il passo, i suoi piedi nudi saltellavano a contatto con le fredde mattonelle del corridoio.
Non appena arrivò in cucina si rese conto di non essere solo.
Sua madre, con i capelli spettinati e delle visibili occhiaie, stava impilando delle bollette su un angolo del tavolo da pranzo.
Joyce non si accorse subito dell'arrivo del figlio, impegnata com'era a sistemare quegli spaventosi documenti, con una tazza di caffè leggermente bruciato in una mano, e l'ennesima bolletta del gas non ancora pagata nell'altra.
Il lavoro al negozio non stava andando affatto bene, e, nonostante l'aiuto di Jonathan e Will, riuscire a saldare tutti i debiti, tra rette scolastiche, benzina, assicurazione, bollette e affitto, era comunque un problema.
Non voleva essere esagerata, ma se le cose fossero andate avanti cosi non era sicura di come sarebbero potuti arrivare alla fine dell'estate.
Doveva trovarsi un secondo lavoro, in qualche modo.
Sapeva, però, di non avere a disposizione il tempo materiale per svolgere due impieghi.
Per non parlare degli straordinari e dei doppi turni che ormai erano di routine nel piccolo negozio in High Street in cui lavorava.
Will notó con terrore l'espressione preoccupata che si faceva largo sullo stanco viso della madre.
In un lampo gli tornarono in mente le parole di Victoria sul signor Donovan.
Il capitalismo, le case popolari e l'offerta del criminale.
Avrebbe dovuto accettare?
Aiutare Victoria e Santana per una parte del compenso?
Mille interrogativi gli affollavano la mente, ma quando la madre lo vide la salutò come se niente fosse.
Inventó sbrigativamente una scusa alla sua insonnia e versò con calma il latte nella sua ciotola preferita.
Era diventato un vero maestro nel nascondere le sue emozioni.

"Ripetimi un secondo la storia di come mi hai chiesto di uscire la prima volta." Chiese Victoria, stringendosi nella sua giacca di jeans nera.
"Uff, per la millesima volta, stavamo riordinando la sezione degli horror, quando abbiamo iniziato a parlare dei nostri film preferiti, e così ti ho invitata al cinema." Le spiegò pazientemente Will, sistemandosi i capelli sul viso.
"Pronto?" Gli domandò la mora, stringendogli la mano con forza, per incoraggiarlo.
Lui la guardò, e si accorse di non essere mai stato così grato a una persona per il solo fatto di esistere.
Forse a volte era un po' logorroica, e si perdeva in infiniti discorsi filosofici, oppure aveva una mezza dipendenza da nicotina o credeva fosse giusto aiutare la madre a sbarcare il lunario rubando gelato, ma a Victoria Montgomery si poteva dire tutto. Decisamente tutto. E lei ti avrebbe aiutato.
Lei ti avrebbe rincuorato, abbracciato e consigliato.
Sarebbe arrivata a casa tua dieci minuti dopo una chiamata disperata, in skate, con il tramonto alle spalle e tanta voglia di fumare ascoltando i tuoi problemi. Victoria Montgomery si sarebbe impegnata per recitare al meglio il ruolo di tua finta fidanzata, senza rendere il tutto imbarazzante nemmeno per un secondo.
Victoria era il tipo di persona che andava in capo al mondo per quelle fortunate anime a cui teneva davvero.
Perciò, Will si sentiva pronto. Più che pronto. Perché con la mano di Victoria stretta nella sua nulla sarebbe andato storto.
Perché lei riusciva a migliore ogni situazione.
C'era qualcosa di magico in lei, qualcosa che andava ben oltre i poteri di El.
Per questo, Will le rispose "Con te al mio fianco, più che pronto" per poi suonare senza esitazione il campanello di casa Wheeler.
E rimase fermo ad osservare il suo sorriso, perché lei era la sua migliore amica, e non ci sarebbe ma stato nulla più di questo tra loro.
L'affetto che sentiva unirli era qualcosa di cosmico, formato da millemila atomi di possibilità e puro amore fraterno.
Poi, Mike in persona aprì la porta, con i capelli bagnati per metà e con addosso una maglia a righe.
E Will capí che avrebbe avuto bisogno del sostegno della sua migliore amica più di quanto non avesse pianificato, quella sera.
"Piacere, sono Victoria." Esclamò, perfetta come al solito.
Will capí anche di non essere stato l'unico a finire in uno stato di trance.
"Oh, uhm, piacere. Io sono Mike, Mike Wheeler, e loro sono Dustin, Lucas e Max." Li presentò il corvino, facendo due passi all'indietro per farli passare, senza mai staccare gli occhi dall'amico.
Indossava dei jeans lunghi di un color azzurro chiaro ed una maglia nera di una band che non riusciva a riconoscere, con sopra una giacca rossa.
E cavolo, era davvero figo.
Insomma, vestito in modo figo.

Will capí anche, guardando la sua accompagnatrice, che lui e Mike non erano stati i soli a finire in uno stato di trance.

𝐊𝐈𝐒𝐒𝐈𝐍𝐆 𝐈𝐍 𝐓𝐇𝐄 𝐑𝐀𝐈𝐍, willxmikeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora