17. Figli della luna

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"Sono stato io

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"Sono stato io." Gli aveva rivelato Will con voce tremante, gli occhi verdi sgranati e ancora un'ombra di sangue secco a ricoprirgli la parte superiore delle labbra, come un'ombra sottile di un ricordo estrapolato dal tempo, prima di scappare nella notte, risucchiato dall'oscurità come da un buco nero, le gambe magre che volavano sull'asfalto.
Mike rimase interdetto per qualche secondo, per poi voltarsi, ed iniziare a correre veloce come un fulmine in direzione dell'amico.
I lampioni illuminavano di un giallo pallore le teste dei ragazzi durante la loro folle corsa.
"Verso il baratro, dritto e veloce come un proiettile."
Avrebbe definito Will quell'istante.
L'inizio della caduta libera.
Il momento in cui gli eventi dell'estate dell'85' avevano iniziato a susseguirsi in modo irragionevolmente alterato.
Tutto di quell'estate sarebbe sembrato a un Will futuro un lungo sogno distopico ispirato in parte dai libri che aveva letto nell'estate dei suoi 14 anni, bilanciati anche da un'imbarazzante quantità di film adolescenziali visti in compagnia della sua migliore amica.
Un lungo letargo impresso nella memoria collettiva come una registrazione a colori di un momento felice al Theme Park.
Nulla era reale.
Non lo erano i costumi da supereroi o i coriandoli, i mangiafuoco e gli acrobati, le giostre dai colori sgargianti e i bambini con i lecca lecca rossi in fila per farsi pitturare il viso come animali dello zoo.
Prima o poi ti svegli, e scopri con orrore che l'estate è finita, che sei già alle superiori, che ti sei svegliato in ritardo come al solito e se non fai in fretta perdi il bus, e poi il prof della prima ora vuole la giustificazione firmata da un genitore, hai finito i compiti di geografia? E poi cosa metterai? Hai fatto la cartella? Preso i soldi per il pranzo? Hai i capelli puliti? Ancora qualche sigaretta nel pacchetto?
E e e e e
L'estate dell'85' era stata la loro straordinaria parentesi. Quando la vita assomigliava ancora ad una canzone di Madonna, non tutti avevano dato il loro primo bacio e ci si riuniva nuovamente per sconfiggere una minaccia arrivata direttamente da un'altra dimensione.
Ed El era ancora il loro Capitan America.
La verità è che la realtà tenta di far accartocciare questa clessidra sempre più velocemente.
Ma Mike ha ancora i capelli un po' troppo lunghi per i gusti di Karen, ha ai piedi l'ultimo paio di Reebok bianco panna e verdi uscite in commercio e sta gridando "Will, aspettami!" Come un ossesso, mentre la città dorme e solo la luna veglia con il suo volto saggio e imperscrutabile sui giovani innamorati sfortunati.
Gli abitani di Hawkins trascorrono ancora notti tranquille, inconsapevoli del fatto che presto non sarà più così.
E Mike sta correndo così veloce per stare alle calcagna del suo migliore amico che teme che il cuore possa scappargli dal petto da un momento all'altro.
Cosa significava quella frase?
Cosa stava per succedere?
Will aveva i poteri?
Era davvero stato lui?
Ma se era rimasto tutto il tempo nel seminterrato...
I mostri del Sottosopra stavano per tornare?
O, magari, erano già tornati?
Perchè non gli aveva mai confidato nulla riguardo a suo padre?
Era un amico terribile?
Mille domande riempivano la mente del corvino, tesi deboli, fragili, tremolanti, frettolose, che si alternavano e sostituivano come un tornado di fogli di carta sulla cattedra di un professore negli ultimi giorni di maggio, quando una calda brezza gonfia le tende e senti la tua mente liquefarsi, incapace di concentrarti su qualcosa per più di un battito di ciglia.
I suoi pensieri diventavano cenere nell'istante in cui li partoriva: erano effimeri come le piume di una fenice.
E Mike, mentre inseguiva il suo migliore amico tra le strade di grigio asfalto di Eastway Avenue, alle 4 del mattino di una domenica di inizio luglio, si rese conto che non ci capiva proprio un cazzo della vita.
La situazione con Will? Un casino.
Il rapporto con i suoi genitori? Un casino.
La sua relazione con El? Un casino.
L'unica costante della sua vita erano i suoi amici, nonostante avesse il costante terrore di non essere abbastanza per loro. Che stesse solo continuando a deluderli non riuscendo a dargli il supporto che meritavano. Forse era per questo che si estraniava dal resto del mondo per passare del tempo con El, perchè era conscio del fatto che lei non avesse bisogno di lui. Mike non doveva aiutarla in nulla, essere di sostegno o impegnarsi per essere presente, l'unica ragione per cui la ragazza continuava la sua relazione con lui era solo per puro amore. Anche se lui non era più certo dei suoi sentimenti per lei. Però, anche quando si comportava da stronzo, o diceva la cosa sbagliata, lei rimaneva sempre, non si arrabbiava mai. Si sentiva cosi giusto. Quando litigava con Max, la rossa rispondeva sempre per le rime, per poi andarsene scomparendo anche per giorni interi, finchè Mike, colpito nell'orgoglio ma al contempo spaventato che la ragazza potesse uscire per sempre dalla sua vita, andava fino a casa sua solo per scusarsi.
Era davvero difficile fare pace con lei, durante il monologo di scuse non faceva che squadrare l'interlocutore con aria beffarda, come avesse vinto una scommessa con il Diavolo.
Ma, la persona con cui, per Mike, era proprio impossibile mettere un punto assoluto di fine ad una discussione era Will.
Lui si teneva sempre tutto dentro.
Non avrebbe detto ad alta voce le ragioni della sua rabbia e della sua sofferenza nemmeno se posto di fronte all'inquisitore supremo.
Ce lo vedeva proprio: seduto su una sedia girevole da ufficio, grigia e seria come le matite che corrono sulla superficie di un test di algebra in un lunedi piovoso, con gli occhi verdi tranquilli, intento a preparare il tè per il mostro biforcuto che sedeva all'altro capo della scrivania.
"Dunque, Cerbero, come vanno le cose quassù, di recente? Ho sentito della strage fatta in nome del tuo Dio... Davvero orribile, non credi? C'era un filosofo che ne aveva parlato in una poesia ermetica, a metà novecento, se non erro. Vuoi sentirla? Dicono sia uno dei testi di pace più potenti dell'epoca contemporanea, come dargli torto? A proposito, tu cosa ne pensi dei trattati di pace con l'Unione Sovietica?" Con le sua chiacchiere colte e l'aurea di pacata superiorità intellettuale che emanava ogni volta che apriva bocca, come una lampadina che si accende e spegne a comando, sarebbe stato in grado di confondere e intrattenere chiunque.

Will era certo di non avere più aria nei polmoni.
Si fermò, esausto, e con le mani sulle ginocchia, vicino alla rotonda per Fairhaven Road, dove le strade iniziavano ad essere accidentate e gli alberi che costeggiavano il marciapiede meno curati.
Il limitare della zona dei ricchi, l'inizio di quella del proletariato medio.
Realizzò che se avesse voluto tornare a casa a piedi ci avrebbe impiegato quaranta minuti buoni.
Ma non passavano autobus alle quattro del mattino.
Esalò un sospiro frustrato, una mano tra i capelli e l'altra sul petto.
Durante quella breve pausa, Mike riuscí finalmente a raggiungerlo, accellerando silenziosamente dopo essersi accorto che il castano era fermo impalato nel bel mezzo della strada deserta.
"Will! Gesú Cristo! Che è successo? Stai bene? Mio Dio, vuoi forse farmi venire un infarto? Hai idea di quanto io mi sia preoccupato-?" Il corvino stava freneticando, le mani al cielo e il fiato corto.
Will si sentì come se avessero di nuovo dodici anni all'improvviso, e il suo amico lo avesse appena ritrovato accucciato dietro un muretto in seguito ad una delle sue "visioni".
Quel pensiero lo fece sorridere.
Forse, infondo, teneva ancora a lui come quando erano bambini.
Si prese la libertà di tappargli la bocca con una mano, un sorriso innocente a dipingergli il viso.
"Cazzo, lo sai che quando fai così mi ricordi mia madre? È assurdo! Sono in grado o no, di badare a me stesso? Sapessi le volte in cui mi sono parato il culo in una situazione spiacevole." Un sorriso furbo gli increspava il viso tra una parola e l'altra, e Mike non potè far a meno di pensare che con quel taglio di capelli e il sangue ancora appiccicato al labbro sembrasse un gangstar.
Il cuore iniziò a martellargli nel petto come quando lo stava rincorrendo, poi, si ricordò che la mano dell'amico era ancora premuta sulla sua bocca, e non sembrava intenzionata a spostarsi di li.
Qualcosa si smosse nel suo stomaco, come le acque di un impraticabile mare in tempesta.
Forse era stata la tranquillità con cui il castano aveva iniziato a parlare, come se non fosse scappato da lui solo cinque minuti prima dopo aver sussurato un presagio aberrante.
Forse erano state le sue labbra rosse schiuse e sorridenti.
O forse era stato quel contatto fisico inatteso, ma Mike era certo di non essersi mai sentito così.
Era la scintilla, come quella scarica elettrica che colpisce i grandi.
Quella a cui faceva sempre riferimento Nancy, quando con gli occhi a cuoricino descriveva di come si fosse fidanzata con Jonathan.
Come quando aveva stretto per la prima volta la mano di Will nella sua, due anni prima.
Come quando aveva visto per la prima volta Brooke Shields in bikini in "Laguna blu".
Come quando c'era stato quel contatto visivo durante il film.
Come quando lo aveva visto per la prima volta con il nuovo taglio di capelli.
Afferrò il polso di Will e gli allontanò la mano dalla bocca, senza però lasciare andare la presa.
Si avvicinò lentamente, con la testa vuota e confusa e le guance arrossate.
Più si avvicinava al suo amico più sentiva il viso andargli a fuoco, come colpito dai raggi solari di centomila soli.
"Parlami." Era una richiesta, un ordine, una preghiera. Non sapeva nemmeno lui che cosa fosse.
Voleva solo capirci qualcosa in quella sua maledetta e confusionaria vita.
Voleva solo fare ordine e chiarezza.
Voleva solo trovare un senso al filo di Arianna che si era attorcigliato su se stesso nel labirinto che era la sua mente.
Dov'è l'uscita?
Chi è il Minotauro?
Ehilà, qualcuno riesce a sentirmi?
Voleva solo sentirsi bene per davvero.
Voleva solo sentirsi in pace con se stesso.
Voleva solo tenere la sua mano stretta attorno al polso di Will per sempre.
Che cosa sta succedendo?
Che cosa stai facendo?
Che cos'hai intenzione di fare?
Mike non sapeva neppure questo.
Ma Will non aveva cercato di sottrarsi alla sua presa.
Aveva solo fatto cenno di sí con il capo, senza smettere di guardare nelle scure iridi del Diavolo difronte a lui.
Il suo tormento, il suo inferno sulla terra, ma al comtempo il suo paradiso, il giardino dell'Eden e il suo più grande amore nel corpo del suo migliore amico.
Il tempo si fermò per un secondo, la clessidra smise di far scorrere i suoi granelli di polvere di stelle per un istante.
La luna sorrise, come una madre che guarda il suo bambino dormire, conscia che è il giorno di Natale e che ha appena finito di sistemare l'ultimo balocco incartato di rosso smagliante con affianco un bigliettino che recita "da Babbo Natale."
Il sei gennaio sembra non arrivare mai.
Una parentesi di gioia.
Con il polso del castano, ancora stretto nella mano del corvino.

ciao, scusate per la lunga attesa, ma con la scuola e l'arrivo dell'inverno tutte le forze e la creatività per scrivere un nuovo capitolo sembravano svanite nel nulla.
spero comunque vi piaccia<3

𝐊𝐈𝐒𝐒𝐈𝐍𝐆 𝐈𝐍 𝐓𝐇𝐄 𝐑𝐀𝐈𝐍, willxmikeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora