18. christmas truce

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Harry aveva capito di non poter avere tutto ciò che avrebbe mai desiderato quando compì cinque anni e nessuno si decise a regalargli una tuta da astronauta

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Harry aveva capito di non poter avere tutto ciò che avrebbe mai desiderato quando compì cinque anni e nessuno si decise a regalargli una tuta da astronauta. Fu un anno complicato, perché era anche l'anno in cui iniziò la scuola, e anche lì non era una passeggiata. All'improvviso era passato dall'essere il più piccolo e il preferito di casa ad essere uno dei tanti, e i suoi bisogni si mescolavano a quelli degli altri bambini della classe, le maestre se ne dimenticavano e lui rimaneva a mani vuote. Sempre quell'anno, anche Babbo Natale decise di non portargli la Jeep che aveva chiesto per Natale.

Hanna gli aveva sempre detto che era un piccolo mostro viziato, e forse lo era davvero. Un po' lo faceva sorridere il modo in cui sua madre gli aveva permesso di vivere il mondo, così facile e piacevole. Da quando suo padre se n'era andato, Sandra aveva duplicato il proprio amore verso i figli per sopperire a quella mancanza, e se Hanna era già abbastanza grande da non approfittarsene, Harry no. Harry aveva assorbito tutto quello che poteva assorbire, e ne aveva chiesto ancora.

Dopo tutto ciò che Sandra aveva fatto per lui, partecipare al pranzo di Natale era il minimo che potesse fare.

Aveva dovuto chiedere un paio di favori che gli sarebbero costati caro, ma dopo due anni sarebbe riuscito a tornare a Slough il venticinque dicembre, e avrebbe fatto felice sia Sandra che Hanna. Lo avevano già avvisato che si sarebbe trattato di un pranzo intimo, i parenti più stretti, e il pomeriggio sarebbero rimasti tra loro. Era invitato anche il fidanzato di Hanna, Malcom. Non era una novità, anche gli anni precedenti aveva trascorso con loro il Natale, ma Harry non c'era e quindi per lui sì, che era una novità. Per gli altri, invece, la novità era lui.

La sala d'aspetto era piena di decorazioni. Un enorme albero troneggiava al centro della sala, stracolmo di palline di diversi colori e di luci brillanti. Ovviamente non mancava la stella sulla cima. Anche la caffetteria era stata ridecorata, con piccoli abetini di plastica sul bancone, qualche ghirlanda, capelli d'angelo dorati sul bordo.

Sembrava che con quelle decorazioni si cercasse di sopperire alla tristezza che permeava nell'ospedale. A nessuno piaceva stare lì il giorno di Natale, nessuno dei pazienti e nessuno degli accompagnatori. Al personale, invece, piaceva un po' di più.

«Fiorellino, mi è stato detto che torni in terra natia».

Harry sollevò lo sguardo.

Sebastian lo fissava divertito.

«Cosa ci fai ancora qui?»

Harry si schiarì la voce e si guardò intorno. Effettivamente sarebbe potuto essere già a casa, invece, a fine turno, si era ben guardato dal varcare le porte scorrevoli del Saint John Hospital. Anzi. Si era seduto in mezzo ai parenti dei pazienti, sulle poltroncine morbide e confortevoli della sala principale, e se ne era rimasto lì, sprofondato nei cuscini, a fissare le decorazioni natalizie.

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