17. make a wish

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Il cielo iniziava a scurirsi nell'aria gelida della sera

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Il cielo iniziava a scurirsi nell'aria gelida della sera. Le temperature nel giro dell'ultima settimana erano precipitate a picco, e quando aveva piovuto si erano create lastre di ghiaccio che avevano spaccato il cemento delle strade e dei marciapiedi, e avevano provocato una quantità esorbitante di incidenti. Lo smistamento ambulanze aveva appena avvisato il Saint John Hospital che tre pazienti erano appena stati dirottati lì per vicinanza al luogo dell'incidente.

Harry unì le mani davanti al viso e soffiò per cercare di scaldarsi. La divisa non era decisamente abbastanza e le temperature basse gli stavano provocando la pelle d'oca in tutto il corpo.

«Tremi, Devine?» ghignò George O'Brian, lì accanto.

Harry non si voltò nemmeno. «Non tremo mai».

Sebastian rise, tra loro due. «Forse sei tu a tremare, O'Brian».

«Oh, scusa Platt. Non avevo realizzato che fossi la nuova guardia del corpo di Harry».

«Oh, George. Smettila una volta tanto, perché devi essere così fastidioso?» lamentò Sebastian.

Harry rilasciò un sospiro che gli si condensò davanti agli occhi. La sirena dell'ambulanza iniziava a farsi più vicina, si udiva perfettamente, rapida e alienante. I pazienti stavano arrivando e loro non riuscivano a fare altro che litigare come bambini all'asilo per le cose più stupide, senza la minima professionalità. Harry non aveva tempo per quello, quella sera. Aveva un compleanno a cui partecipare.

«Io...»

«Arrivano» annunciò Harry, stroncando sul nascere l'ennesima battuta di O'Brian.

L'ambulanza scese rapida la rampa che portava direttamente al pronto soccorso. I fanali erano accesi per via dell'ora tarda e del tramonto già avvenuto, illuminarono in un lampo i tre specializzandi che fremevano all'entrata dell'ospedale tanto da accecarli, poi passò oltre e si posizionò davanti a loro in una frenata stridente.

Sebastian si lanciò a spalancare le portiere mentre i paramedici presentavano i pazienti.

«Jimmy Frome, 45 anni, ferite multiple da collisione» disse il primo, facendo scendere la barella con un uomo. Era privo di sensi, la mascherina dell'ossigeno chiusa sul viso. Una donna, invece, gli stava premendo il petto e scese insieme a loro con l'aiuto di Harry.

«Lei cosa...» mormorò.

«Mi hanno detto di tamponare» singhiozzò la signora.

Harry sollevò le sopracciglia e osservò meglio. Il sangue proveniva da un punto indefinito del petto dell'uomo e la donna aveva le mani esattamente in quella zona. Era sui cinquanta, vestita elegante ma macchiata di rosso sia sulla pelle che sull'abito, gli occhi lucidi e il trucco sbavato. Era complicato, sporco, non si vedeva bene. I paramedici stavano presentando gli altri casi lì vicino.

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