Tre giorni dopo
Il rumore di passi svelti riecheggiava nella tromba delle scale di Palazzo Neri lasciandosi alle spalle il fruscio delle pale dei pochi ventilatori che qualche condomine lasciava sul pianerottolo per evitare la condensa. La strada deserta ribolliva permettendo il traversamento dei più temerari. Cesira passò quel breve tratto di asfalto rovente che separava il suo palazzo dall’appartamento dei Manari con una facilità estrema, forse abituata dalla vita trascorsa in campagna. Da anni possedeva le chiavi dell’immobile che spesso si ritrovava a sorvegliare, in modo particolare, quando il signor Manari non era in casa e soprattutto quando i coniugi erano fuori per lavoro o in redazione. Dopo aver insistentemente chiamato sia dal telefono fisso che dal balcone decise di andare di persona, come spesso faceva quando era a conoscenza di qualche nuova che di getto raccontava alla sua amica. Quei giorni però la signora Manari non si era fatta sentire e nessuno l’aveva ancora vista metter piede fuori dalla sua abitazione, come al solito, con decine di scartoffie tra le mani. Il fatto in sé passava in realtà abbastanza inosservato, i coniugi, ed in particolare Beatrice, erano soliti rimanere in casa per giorni per terminare gli articoli di cronaca dei quali scrivevano giornalmente. Nonostante queste consapevolezze Cesira volle comunque cimentarsi, sperando forse, di poter ricevere qualche anteprima sui prossimi numeri. Le dita rugose della donna sfiorarono per qualche istante il campanello in ottone, che emise un deciso e potente driiin. Come al solito nessuna risposta, la signora Montanari era infatti solita non rispondere mai al primo suono del campanello poiché considerato un portatore di sciagure.
Cesira tirò fuori dal suo grembiule rosso le chiavi dell’appartamento e con un abile gesto le infilò nella serratura. Bastò qualche giro di polso e subito il portone di legno bianco si aprì richiudendosi alle sue spalle, spinto dalla leggera pressione della mano sul pomello.
Una ripida scalinata in marmo si apriva davanti a lei, incorniciata da due corrimano in ottone posti su entrambi i lati. Strofinò i piedi sullo zerbino mentre ripose le chiavi in tasca. Cominciò a salire gradino dopo gradino. Passo dopo passo. Ormai aveva imparato a memoria il numero di scalini, undici per l’esattezza. Rigorosamente dispari e tutti diversi, contro la sfortuna. Arrivata nel pianerottolo in cima si fermò per un istante ad ammirare la meravigliosa vetrata del portone d’ingresso che ogni volta le faceva cadere la mascella. Mentre gioiva alla vista di quell’opera d’arte una strana domanda fece capolino nella sua mente. “Come ha fatto a non sentirmi?” pensò. Nonostante non avesse urlato ne fatto particolari rumori le sembrava strano che la signora Manari non si fosse minimamente accorta della sua presenza. “Forse sarà concentrata e non vuole distrarsi” continuò, stavolta accennando qualche sillaba.
C’era un solo modo per scoprirlo. Sfiorò la maniglia in acciaio e, con un colpo deciso spalancò la porta d’ingresso. Uno strano odore di chiuso misto ad uova marce accoglieva la donna, assieme ad un attaccapanni rovesciato ed una boccetta di profumo sul pavimento. “Qui le cose sono due…” disse sospirando, “o è stato rifiutato un articolo o qui qualcuno ne ha approfittato per divertirsi con un giovincello” continuò, raddrizzando l’attaccapanni e raccogliendo la boccetta, prima di gettarla nel cestino nell’angolo destro dell’atrio. Con un rapido gesto richiuse la porta lasciando suonare il campanellino a forma di corno appeso sull’architrave. “E’ permesso?” domandò a gran voce, avanzando con passo deciso. Percorreva speditamente il lungo corridoio che collegava l’ingresso al salone principale. Quanto più s’avvicinava alla fine del passaggio tanto più aumentava l’intensificarsi di quell’odore.
Cesira voltò l’angolo, alzò gli occhi al cielo e sospirando, palesemente spazientita, spalancò il pesante tendaggio rosso che separava i due ambienti. Furono pochi gli istanti in cui rimase lucida, tanto da permetterle solo di chiamare la polizia prima di cadere a terra priva di sensi.
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Malaguti: I Segreti Della Dotta
Mystery / ThrillerBologna, 1974. Stefano Malaguti è un commissario di polizia fresco di trasferimento. La sua è una vita complicata segnata da una relazione agli sgoccioli ed una terribile reputazione. Il ritrovamento del corpo senza vita di Beatrice Montanari riacc...