Erano poco prima delle nove del mattino quando un lieve raggio di sole filtrava dai buchi stretti delle persiane proiettandosi sul viso di Stefano che beatamente dormiva nel suo letto a doghe.
Passarono pochi secondi prima che la rumorosa sveglia in metallo cominciasse a suonare svegliandolo dal suo piacevole torpore. Era solito dormire in boxer, soprattutto d'estate e, francamente poteva anche permettersi il lusso di usarli come unico indumento da indossare per tutta la casa.
Quella mattina infatti aveva ottenuto il permesso di lavorare da casa e di certo non lo avrebbe sprecato. Andò in cucina, bevve il suo solito tè con i biscotti e dopo aver abbondantemente sciacquato la tazza si mise all'opera. La cartellina di plastica gialla poggiata sulla scrivania era colma di suoi appunti scritti di pugno misti a qualche analisi che Asti gli aveva portato nei giorni precedenti. Attendeva con ansia l'arrivo dell'autopsia che poteva aiutarlo ad eliminare alcune piste che nel frattempo frullavano nella sua mente.
Continuava a rileggere il verbale del ritrovamento ma qualcosa ancora lo turbava. Nonostante fossero stati annotati tutti gli indizi trovati sentiva che un particolare stava sfuggendo ai loro occhi. Si alzò di colpo, spostò il divano, rovesciò a terra alcuni fogli e si sdraiò sul tappeto. Da quella posizione poteva osservare la scena con gli occhi della vittima. Continuava a pensare a come avrebbe potuto muoversi l'assassino. Poi un'idea. Si rimise in piedi e cominciò a camminare per la stanza fino a quando uno dei fogli si attaccò al suo piede grazie a qualche goccia di sudore scesa dai suoi polpastrelli. Sicuramente l'assassino aveva interagito in qualche modo con i fogli di giornale sparsi per il salotto. Mentre appuntava su di un foglio quell'intuizione una goccia di sudore gli attraversò la schiena ricordandogli il vero motivo per il quale fosse ancora in boxer: il caldo.
Quell'estate a Bologna le temperature sfioravano i trentacinque gradi ed era quasi impossibile rimanere vestiti senza morire asfissiati. Fu proprio in quel momento che qualcosa scattò nella sua mente.
Quelle ingegnose idee impazzavano nella sua testa, finalmente un'occasione di riscatto stava per presentarsi nella sua carriera.
Quell'attimo di gloria ed orgoglio venne interrotto da un brusco ed improvviso Toc Toc.
Un forte imbarazzo pervase Stefano, qualcuno stava bussando alla sua porta proprio quando si trovava nelle condizioni peggiori, in boxer e con la casa in soqquadro. Si avvicinò alla finestra mentre velocemente cercava di indossare un paio di pantaloni grigi.
"Chi è?"
"Commissario, sono Mattia, è pronto?"
Il panico negli occhi di Stefano era più che palese. Aveva dimenticato che il permesso aveva una sola ed unica clausola, un sopralluogo a Palazzo Manari per esaminare di persona gli ultimi indizi rimasti.
Era l'occasione perfetta, poteva addirittura verificare se le intuizioni che aveva appena avuto fossero giuste o sbagliate.
"S-Si, un momento, prendo i documenti e ci sono" rispose con una voce balbettante.
Andò in camera, indossò una camicia bianca, una cintura e, presi i documenti scese al piano inferiore.
"Dovevano essere molti questi documenti" commentò Mattia ridacchiando, dopo aver aspettato il collega per dieci minuti.
"Maremma maiala, me ne ero completamente dimenticato" ribatté ansimando.
Trascorse circa mezz'ora prima di arrivare al palazzo. Una mezz'ora in cui ognuno rimuginava sui propri pensieri forse imbarazzati l'uno dall'altro.
Scesero dall'auto, si avvicinarono al portone e, staccato il nastro segnaletico Stefano inserì la chiave. Un rumore secco la bloccò all'interno della serratura, segno che la porta era già stata aperta.
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Malaguti: I Segreti Della Dotta
Misterio / SuspensoBologna, 1974. Stefano Malaguti è un commissario di polizia fresco di trasferimento. La sua è una vita complicata segnata da una relazione agli sgoccioli ed una terribile reputazione. Il ritrovamento del corpo senza vita di Beatrice Montanari riacc...