Capitolo 4

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La sala riunioni del commissariato non era mai stata così silenziosa. Un forte profumo di fogli riempiva la stanza, misto ad un lieve aroma di caffè. Quindici erano le persone sedute al lungo tavolo di legno al centro della stanza, tra cui Stefano, affiancato da Mattia da un lato e dall'ispettore Asti dall'altro.

"Il caso sembra più complicato del previsto ma credo che con le analisi che arriveranno nei prossimi giorni saremo in grado di escludere l'eventualità di un suicidio" spiegò Stefano, sfogliando il fascicolo che aveva davanti.

"Cosa sappiamo in più ispettore?" domandò poi voltandosi alla sua destra.

"Pochi indizi, pochi e strani" rispose Asti.

"Del tipo?"

"E' stato ritrovato un paio d'occhiali neri vicino il corpo della vittima, stiamo ancora capendo a chi possano appartenere. Inoltre l'armadio della camera era spalancato e attorno al corpo è stata ritrovata della polvere granulosa, troppa per soli tre giorni."

Gli indizi erano piuttosto strani. Nella sua carriera non aveva mai lavorato ad un caso così complicato.

"Ci sono novità riguardo la vicina?" continuò, mentre appuntava il tutto su di un taccuino in pelle.

"Nulla di nuovo, ha detto di aver trovato tutto in ordine quando è arrivata e che ha chiamato i soccorsi non appena ha visto il cadavere.

"Non ci serve a molto" commentò.

"Riguardo al marito?"

"E' ancora fuori città, era partito qualche giorno prima verso le 19:30 dalla stazione di Piazzale Est. E' stato avvisato ma ha risposto che tornerà non appena avrà finito il lavoro"

"Deve dispiacergli molto, sarà sicuramente in pena" commentò Mattia che fino a quel momento era stato in silenzio.

"Però ha ragione, perché non è tornato subito?" domandò Asti.

"Credo che a questo punto sappia qualcosa che non voglia dirci" ribatté Stefano, aggiustandosi gli occhiali con l'indice.

La situazione non passava di certo inosservata, era complessa ed inusuale. Le mani di Stefano continuavano a sudare impregnando i fogli del fascicolo che teneva stretto a sé. Le prove non erano abbastanza ed i punti in sospeso erano ancora troppi. Poi una voce interruppe la  discussione.

"Commissario Malaguti, l'aspettano al telefono."

Stefano si bloccò di colpo, chi mai avrebbe potuto chiamarlo in orario di lavoro? Di certo nessun familiare che, da qualche mese a quella parte, aveva l'obbligo di non chiamare fino alle 18.00.

"Permettete un momento" commentò, rivolgendosi ai suoi colleghi prima di uscire dalla stanza. Si avviò con passo spedito preceduto dalla sua nuova segretaria che lo accompagnava da un lato all'altro dell'immenso commissariato.

Aspettò un momento, fece un grosso respiro e, afferrata la cornetta rispose.

"Pronto?"

"Stefano, come stai?" domandò una voce femminile.

Quella domanda lo spiazzò. Un sentimento di rabbia misto a malinconia gli riempì lo stomaco.

"Sara, cosa vuoi? Non è il momento adatto per discutere, sono a lavoro"

"Non voglio litigare stavolta, forse non avrei nemmeno dovuto chiamarti ma solo adesso ho trovato il coraggio"

"Di cosa stai parlando? Che coraggio?"

"Stefano, sono tre mesi che non ti fai sentire. Da quando ti hanno trasferito non sei più lo stesso. Per me può finire qui."

 Un rumore di fondo terminò la conversazione, segno che qualcuno aveva riposto la cornetta. Quel qualcuno era proprio Sara che ormai poteva essere considerata l'ex moglie del commissario.

Malaguti: I Segreti Della DottaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora