Capitolo 3: "Perché?"

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"Siete pronti per il test di matematica?" chiese Rebecca con molta enfasi.

"Ho letteralmente dormito un'ora e mezza e la testa mi sta esplodendo. Penso che mi prenderò qualcosa altrimenti non riuscirò ad affrontare la giornata."

In quel momento il mio cervello di certo non stava pensando al test di matematica, qualcosa dentro di me stava accadendo e non era per niente un buon segno. Avevo sempre avuto questi strani mal di testa sin da quando ero bambina e gran parte di loro era dovuto al non controllo delle mie "emozioni".

-Perché sono ritornati? Perché proprio ora? Io so gestire le emozioni, perché sta succedendo di nuovo? Per-

"Heyyy, Terra chiama Jo!!" Mi disse Charlie risvegliandomi dalla mia sorta di trance.

"Hey, sì eccomi ahahaha."

Rebecca mi guardava in modo strano, forse lei stava capendo? Ad ogni modo andammo in classe e svolgemmo il test di matematica e fortunatamente andò anche bene. Nel pomeriggio, il mal di testa si era alleviato però non riuscivo a smettere di pensare a quel sogno. Onestamente non sembrava neanche un sogno... ad essere sincera assomigliava più ad un ricordo, una specie di flashback o salto temporale.

-Ok sto fantasticando troppo con la mente, è impossibile io non posso farlo non sono così potente.- pensai d'un tratto.

Bussarono alla porta e corsi ad aprirla:

"Hey Jo!" era Rebecca?

-Che ci fa qui?- pensai

"Oggi ti ho vista un po' giù di corda, quindi ho pensato di portarti una pizza"

"Hey! Entra non vorrai stare mica fuori." Non volevo che stesse qui, ma da un lato sapevo che mi faceva piacere la sua compagnia.

"Allora l'ho presa margherita perché non so come la mangi, spero che ti piaccia anche perché l'ha fatta mio padre"

"Si, margherita va più che bene, anzi non dovevi scomodarti a prenderla" mi fermai per un secondo e con tono più che allegro le chiesi:

"Tuo padre è un pizzaiolo?"

Si mise a ridere, che bella la sua risata. Rebecca era una ragazza dal corpo esile non più alta di 1,60. Aveva gli occhi verdi e i capelli corvini lunghi fino alle scapole, era una ragazza determinata e il suo carattere era bello tosto. Comunque, mi rispose semplicemente con un "sì" molto divertito. Mangiammo la pizza insieme e parlammo del più e del meno.

"Santo cielo, questa pizza è deliziosa! Fai i complimenti a tuo padre"

"Beh, grazie..." Lo disse con un tono poco allegro.

"Perché oggi eri così pensierosa? Eri totalmente presa dai tuoi pensieri e onestamente mi sono preoccupata" fece una breve pausa "è a causa del tuo incubo?"

-Perché si preoccupa per me? Ci conoscevamo da quasi 7 mesi questo è vero però nessuno mi ha mai trattata in questo modo-

"Sai" iniziai il discorso "quando ero piccola soffrivo di emicrania a causa del mio poco controllo delle emozioni, o esageravo o non le esprimevo affatto. Soprattutto quando mia sorella si ammalò di cancro non sapevo cosa fare. L' unica persona che veramente mi aiutava era mia madre. Mi faceva sempre le carezze sulla testa e chissà come tutto spariva, i pensieri negativi, il mal di testa, tutto. Da quando entrambe sono morte ho capito che avrei dovuto imparare a gestire le emozioni anche perché di certo mio padre non aiutava. Però per colpa di questo incubo ricorrente non faccio che pensare a loro, ne avrei molto bisogno ma fondamentalmente anche se ho degli ottimi amici come voi, io sono sola."

In quel momento mi accorsi che delle lacrime salate attraversavano le mie guance

-Sto piangendo? Perché? Cosa sta succedendo? Perché piango?-

Mi sentivo vulnerabile, era la prima volta che mi aprivo con una persona dopo tanto tempo e stranamente con lei mi sentivo più che al sicuro. Ero seduta su una poltroncina, avevo le ginocchia al petto e mi stavo consolando.

-Tsk lo facevo spesso quando ero piccola mamma non sopportava quando lo facevo, ero troppo "scomposta"-

Rebecca mi guardò, dopodiché disse:

"Vieni qui" indicando il letto.

Io mi avvicinai e mi sdraiai sul letto appoggiata a lei.

"Non sei sola, hai me e Charlie e Michele. Se senti di stare male o di avere bisogno di qualcosa non devi esitare a chiamarmi o scrivermi. Io sono fortunata e ho entrambi i genitori anche se loro sono separati, però cerco di capire ed ascoltare le persone a cui voglio bene, quindi non esitare mai."

Lo disse con un tono pacato e dolce, mi stringeva a sé forte ed era confortante.

Stavo quasi per addormentarmi se non fosse stato per Charlie che irrompe nella mia stanza sbraitando:

"HO SENTITO TUTTA LA DISCUSSIONE E JO TU NON SEI SOLA, SEI LA MIGLIOR PERSONA DEL MONDO ANCHE COL TUO CARATTERE PUNGENTE."

"Ah Rebecca sei così carina" aggiunse poi con un tono decisamente più pacato.

In quel momento avrei voluto urlargli le peggio cose, però mi limitai a ridere e lanciargli un cuscino.

"Oh questa me la paghi Chamber."

E così iniziò la lotta con i cuscini.

All'inizio pensavo che non avrei mai vissuto in una famiglia e non avrei mai pensato di sentirmi a "casa", però "casa" non è un posto con 4 mura e un tetto, "casa" è stare con le persone che ami e io ho trovato la mia famiglia un po' strana sì, però sono i migliori.

Un nuovo semidioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora