Capitolo 1

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Suo fratello stava mentendo, Eileen lo sapeva. Non si sarebbe fatta ingannare dai grandi occhi neri che le imploravano comprensione.
«Mi dispiace, ma devo correre dal fabbro e mettermi in pari con il lavoro» le aveva detto. «C'è stato un grande ordine e... vi raggiungerò dai Glimmer appena avrò finito.»
Non li avrebbe raggiunti. Forse intendeva davvero riuscirci, ma non l'avrebbe fatto. Eileen cercava di convincersene per non rimanere troppo delusa quando non lo avrebbe visto arrivare alla sua festa. Ultimamente Niadh usciva sempre più di frequente, la sera, e tornava ore dopo il tramonto, quando lei e sua madre già dormivano. Sospirando, voltò distrattamente gli occhi verso la porta e trovò il giovane ancora lì, che le sorrideva dolcemente dal buio del corridoio.
«Va bene» gli concesse. «Tranquillo, lo capisco. Fai quello che devi. E poi, potremo parlare male di te finché non ci sei.» Con una linguaccia plateale, Eileen congedò il fratello, che scivolò come un'ombra giù per le scale. Chissà come faceva una persona tanto alta ad essere così leggera e fugace nei movimenti e a passare spesso inosservata allo sguardo. Di nuovo sola, la ragazza si riscosse da quel pensiero e riprese a sistemarsi i capelli in un elaborato chignon, canticchiando un'agrodolce melodia improvvisata.
Dopo una mezz'oretta circa, sentì sua madre chiamarla.
«Sono pronta!» rispose. «Siamo un po' in ritardo.»
Melany si affacciò nella sua stanza: «Lo so, amore, partiamo tra un minuto. Che fine ha fatto tuo fratello?»
«È uscito, non viene con noi.»
«Com-» Melany s'interruppe e l'espressione sul suo viso passò dal sorpreso al consapevole in meno di un secondo.
«Suppongo che ne approfitteremo per parlare male di lui» sentenziò, strizzando l'occhio alla figlia, che non riuscì a trattenere un sorriso. «Ti ha detto se ci degnerà della sua presenza, più tardi?»
«No.»
Dopo un'ultima controllata allo specchio, Eileen si diresse verso la madre e le prese la mano: «Andiamo?» chiese.
«Sì! Andiamo.»
Una volta scese in strada, si incamminarono verso il centro del paese, poiché, poco oltre un incrocio in fondo alla via, sorgeva la casa della famiglia Glimmer. Il loro figlio più grande, Ethan, era forse l'unica persona che Eileen chiamasse sinceramente suo amico. Si conoscevano fin dall'infanzia, tanto che non ricordava più nemmeno il momento del loro incontro: dal suo giovane punto di vista, era come se loro e le loro famiglie si fossero conosciute da sempre. Prima di svoltare all'incrocio, però, Eileen si fece sfuggire un'occhiata verso la direzione opposta, dove si trovava il fabbro, anche se l'officina era troppo lontana per essere scorta. Arrivarono davanti ad un portone di un legno rustico con un batacchiò molto semplice, e bussarono. Eileen aveva sempre amato quel portone, la faceva sentire a casa, accolta, e infatti non dovette stare a fissarlo per molto: dopo pochi secondi era già stato aperto dalla padrona di casa, Dorothy, madre di Ethan e donna estremamente affettuosa, tra le altre cose. Mentre avvinghiava Eileen in uno stretto abbraccio, alle sue spalle suo marito Flynn incrociò lo sguardo con la ragazza e, con una smorfia, alzò ironicamente gli occhi al cielo. Ancora dietro, intenti ad apparecchiare, c'erano Ethan, la sua sorellina Thea, di dieci anni, e la zia Pamela.
Thea, con una pila di piatti in mano, quasi cadde a faccia in avanti sulla tavola, cercando di appoggiarli velocemente e andare ad accogliere le sue ospiti. Imitando la madre, anche lei abbracciò prima Melany e poi Eileen, sussurrandole all'orecchio: «Vieni, vieni! Ti ho tenuto il posto a capotavola vicino a me!» e, presole la mano, la trascinò con sé.
Dorothy, chiudendo la porta di casa, si rivolse a Melany: «Scusate, siamo un po' in ritardo con i preparativi, ma vedrete che con la cena ci faremo perdonare! Le pesti mi hanno aiutato a cucinare, sai?»
«Non scusarti, amica mia, sai che non dovrai mai farlo con me. Devo solo ringraziarti per aver reso possibili questi festeggiamenti e aver pensato a tutto.»
Dopo qualche istante, aggiunse, con tono incerto: «E la nonna... come sta?»
Dorothy abbassò un momento la testa, scuotendola quasi impercettibilmente.
«Sta com'è normale che stia, alla sua età. Non vive e non muore. Le ho portato del passato di verdure, prima, e ora sta dormendo serena. È per questo che non sono preoccupata» bisbigliò, avvicinandosi all'amica. «Ha sempre un'espressione serena, sia nella veglia che nel sonno.»
«È prontooo!» una voce squillante interruppe quella e altre conversazioni, richiamando ognuno al suo posto. Eileen sedette al posto d'onore sul lato corto, una volta riservato a nonna Esther, tra Thea alla sua destra e Ethan a sinistra, mentre la sedia vuota preparata per Niadh venne messa da parte per fare più spazio ai commensali. Com'era d'usanza, all'inizio del pasto alzarono i calici in un brindisi dedicato a tutti i presenti, e in particolare ad Eileen e al suo nuovo lavoro.
La cena proseguì allegramente, tra chiacchiere e piatti dall'impagabile sapore casalingo.
«Domani vuoi compagnia per andare alla Torre?» domandò ad un certo punto Ethan, guardando alla sua destra.
«Anche io voglio venire!»
«Tu hai la scuola domani mattina, e ci vai.» puntualizzò il ragazzo, allungando un calcio scherzoso alla sorella, seduta di fronte a lui.
Eileen non diede a Thea il tempo di protestare: «Mi farebbe tanto piacere!» esclamò, sollevata. «Stavo per chiedertelo io. E, più avanti, potrò portarvi entrambi lì quando vorrete.»
Bastò questo per fare tutti contenti.

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