NORA
Avete mai sentito parlare del momento esatto in cui il mondo ti crolla addosso? Quella frase l'avevo letta centinaia di volte dei romanzi, mentre cercavo di immedesimarmi nella protagonista per comprendere a pieno quella sensazione che descriveva l'autrice: cosa significava davvero?
Avevo trascorso un anno e tre mesi rilegata tra le mura di una clinica, cercando di rimettere insieme i pezzi della mia vita e provando a ricostruire le crepe fisiche e sopratutto quelle mentali, imparando a convivere con il trauma e con il lutto. Secondo una stima, una persona che va in terapia, in media, non necessita di ricorrere a più di due sedute a settimana, durante i primi sei mesi post incidente, trascorrevo con lei le prime due ore del mattino e le ultime due prima di andare a dormire. La mia terapeuta si chiamava Lauren, era una donna affabile dai modi gentili ma altrettanto professionali, mai troppo distaccata o troppo coinvolta, sembrava essere sempre bilanciata e in pace con il mondo, non che lo fosse realmente molto probabilmente, ma l'arte di saper fingere è sempre stata una dote che ammiravo nelle persone, per una come me che "buon viso a cattivo gioco" non l'ha mai saputo fare. Ho sempre cercato di vedere oltre alle apparenze per provare a cercare la vera essenza delle persone, non sempre riuscivo ma amavo provarci, dare una possibilità, purtroppo però se quella non andava a buon fine gettavo le armi, ma non sarei mai più riuscita a farmi piacere quella persona.Il rumore delle nocche contro la porta del bagno interruppero il mio momento di trance. «Nora? Stai bene?» era la voce preoccupata di Cassie. Non riuscii a risponderle.
I polmoni stavano andando a fuoco a causa di tutto l'ossigeno che stavano trattenendo, il fiato non scendeva giù dalla bocca, rimaneva intrappolato nel palato senza riuscire a raggiungere fino allo sterno che era contratto e bloccato dalle costole.
Gli attacchi di panico erano la mia prigione. Più cercavo di liberarmene e più sembravano rincorrermi, vanificavano gli sforzi fatti per annientarli e rendevano quella battaglia invincibile: come fai a combattere contro qualcosa che è dentro la tua testa?
Mentre milioni di domande complesse e senza risposta si insinuavano nel mio cervello, mi resi conto che Vanessa aveva forzato la porta del bagno e che, assieme a Cassie, mi stavano trascinando fuori di lì.
Mi aggrappai a tutte le mie forze per calmare il respiro e quando percepii la sensazione dell'acqua ghiacciata sui miei polsi, mi resi conto di starmi riavvicinando al pieno contatto con la realtà. «Nora, riesci a sentirmi?» il suono ovattato della voce di Cassie sopraggiunse alle mie orecchie e piano piano sentii il petto alzarsi e abbassarsi con meno frequenza, i rumori divenire più nitidi e il formicolio nei piedi e nelle mani andò sparendo lentamente.«Portiamola in infermeria»
Un filo di fiato lasciò la mia bocca. «No. Sto bene» riuscii a dire. Mi era capitato altre mille volte, conoscevo i sintomi, la prassi e il termine. Mi feci aiutare dalle mie compagne a camminare sulle gambe ancora tremolanti, per fare pochi passi e raggiungere il cortile per prendere una boccata d'aria. I loro sguardi preoccupati e compassionevoli riaprirono ancora una volta le mie ferite. Mi ero trasferita dall'altra parte del continente per non essere mai più guardata in quel modo, per lasciarmi alle spalle la parte di me che era morta quella notte e per non essere mai più agli occhi di nessuno la "povera Nora", eppure quel fantasma sembrava seguirmi ovunque, non sapeva darmi pace. E adesso a quanto pare anche la reincarnazione di Aron veniva a beffarsi di me. Se avessi detto in giro di aver vissuto una storia simile, nessuno mi avrebbe mai creduto.
«Nora?» Odiavo quel tono di disperazione nella voce di chi mi parlava. «Puoi spiegarci cos'è successo, per piacere?»
Presi un respiro e mi arresi all'idea che avrei dovuto necessariamente dare delle spiegazioni. Mi fidavo abbastanza? Non mi importava più di tanto, se non ne avessi parlato con qualcuno probabilmente sarei implosa.
«Cosa sapete su Aron Wood?» chiesi.
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L'anagramma del mio nome - IN PAUSA
RomanceAvete mai sentito parlare della leggenda del filo rosso? Molto diffusa in Giappone, per tradizione dice che ognuno di noi è legato ad un'altra persona da questo sottilissimo filo di colore rosso, che parte dal nostro dito mignolo e arriva al suo: a...