Capitolo 11 - Come un déjà-vu

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NORA

Le pareti della casa di Justin tremavano a ritmo della musica che vibrava attraverso le casse poste ai lati del soggiorno e animavano la festa che stava tenendo per il suo compleanno. Io e Lizzie avevamo appena messo piede nell'abitazione quando Justin ci aveva raggiunte per accoglierci.

«Buonasera ragazze, benvenute» esordì con un sorriso trionfante, alzando verso di noi un bicchiere in vetro pieno di un liquido rossiccio, probabilmente del vino. I genitori di Justin erano persone decisamente benestanti e lui era un tipo di una certa classe, alle sue feste solo vini e champagne pregiati, niente a che vedere con gli alcolici del supermercato che eravamo soliti a bere nei party estivi in piscina. Il periodo più bello per vivere in California era senz'altro quello estivo: a circa mezz'ora dalla nostra cittadina, San Jose, vi era Santa Cruz, la tipica località di mare Californiana, piena zeppa di surfisti e skater. Noi la definivamo la nostra piccola Miami Beach. Tuttavia la nostra contea era piena di ricconi spocchiosi e i loro figli non perdevano di certo l'occasione per mostrare a tutti i loro averi. Ma a noi andava bene così, anzi, non ci lamentavamo affatto. Quello ad ogni modo non era il caso di Justin, lui era nel nostro gruppo e la sua era solo tanta voglia di festeggiare mischiata a qualche abitudine da signore.

«Buon compleanno Jus» dissi avvicinandomi a lui per stringerlo in un abbraccio, per poi consegnargli la busta con il regalo. «Da parte di tutti noi» lo informai, facendo riferimento all'intero gruppo composto da me, Liz, Aron, Zack, Joey e James. All'appello mancava solo la nostra Sophie che però, essendo la sua fidanzata, aveva giustamente preferito fargli un regalo a parte. La sua attenzione venne richiamata da qualche amico che gridava il suo nome, così lanciò un bacio con la mano nella mia direzione e uno in direzione di Lizzie, per poi ringraziarci fugacemente e sparire tra la folla.

Non appena fu lontano, la mano di Lizzie si strinse attorno al mio braccio e iniziò a trascinarmi verso la folla di gente che si scatenava. «Che fai? Non andiamo a salutare gli altri?»

Continuò a trascinarmi per qualche secondo senza rispondere e quando fummo nella mischia, si fermò e mi guardò ridendo. «Sarà lui a venire a salutarti, vedrai»

Assunsi un'espressione confusa. «Non mi riferivo solo a lui, parlavo anche degli altri»

«Ah si?» chiese senza mai perdere il sorriso dalle labbra. «Beh, il problema non si pone, dato che stanno venendo tutti e quattro qui»
Non feci in tempo a voltarmi che incontrai immediatamente lo sguardo dei miei amici, e soprattutto, il suo. Ci salutarono immediatamente, per poi spingerci verso il centro della folla per scatenarci assieme a tutti gli altri.

Iniziai a muovermi a ritmo della musica, accecata dalle luci stroboscopiche e stordita dal volume altissimo e, dopo un'ora trascorsa a ballare senza fermarmi, informai Lizzie che sarei andata a cercare qualcosa per dissetarmi. «Ti accompagno» aveva detto Aron, così ci facemmo largo tra la gente, fino ad arrivare all'angolo bar verso l'entrata del soggiorno.

Prendemmo due bicchieri di Gin Lemon e, prima di berlo, avvicinò i nostri bicchieri per farli scoccare a suon di brindisi, ci guardammo negli occhi e mandammo giù il liquido trasparente.
«Non è un po' troppo corto questo vestito?» chiese con una naturalezza tale da farmi andare quasi di traverso la bevanda. Un sorriso gli scappò dalle labbra e ci misi poco a capire che voleva solo provocarmi. Era tipico del suo modo di fare ma ultimamente sembrava non avere un freno, almeno nei miei confronti. Ogni giorno che passava mi sentivo sempre più presa da lui e dai suoi odiosi modi di fare, ma ero consapevole che fosse semplicemente il suo modo amichevole di scherzare.

L'anagramma del mio nome - IN PAUSADove le storie prendono vita. Scoprilo ora