ARON
«Ho capito, ho capito» mormorai con il telefono incastrato tra la spalla e la guancia. «Il tempo accompagnarli al locale e arrivo» risposi distrattamente mentre ero alla ricerca della maglietta che avevo gettato in chissà quale parte della stanza la sera prima.
«Sei diventato il loro autista per caso?» domandò sarcastico mio fratello dall'altro capo del telefono. «Sbrigati, cazzone»
«'Fanculo» borbottai chiudendogli la chiamata in faccia. Alla fine mi arresi e scelsi un'altra maglietta dall'armadio, prima di correre velocemente fuori da casa. Sbuffai al pensiero di dover scaricare i miei amici al Jensen, il nostro solito pub, e dover raggiungere necessariamente quell'idiota di mio fratello al lavoro. Tecnicamente ero solo un barman eppure, chissà per quale ragione, ogni volta sembrava comportarsi come se dalla mia presenza ne dipendesse la sua vita. O magari le sue scommesse del cazzo.
Jacob non era solo il manager di uno dei casinò più facoltosi di New York, era uno scommettitore e da lì provenivano i suoi fruttuosi guadagni. E io ero un suo complice, offrivo drink corretti ai giocatori che lui desiderasse mettere KO, spesso con qualche scusa banale rubavo delle fish, qualunque cosa servisse a favorire la vincita degli uomini su cui aveva scommesso J. D'altronde eravamo pur sempre fratelli e io non ero meno stronzo di lui, peccato solo che io, a differenza sua, avessi una ragione ben precisa per tenermi stretto il posto lì.Il suono del clacson della decappottabile di Logan mi ricordò che erano già arrivati e, con mia sorpresa già muniti di macchina. «E questa? Credevo di aver capito che eravate senza e sarebbe toccato a me farvi da chauffeur»
«Non avevo voglia di sentire le tue storie, perciò ho preso l'auto di mio padre. Ti diamo noi uno strappo al lavoro» mi comunicò Logan, invitandomi a prendere posto di fianco a lui, dato che i sedili posteriori erano già occupati da Melanie, Chloe e Tom, il resto della comitiva. O meglio, di quelli che vedevo un po' più spesso. Non ero particolarmente socievole, amavo starmene per le mie perché non ero mai davvero a mio agio in mezzo alle altre persone, Logan e Tom erano gli unici con cui, di rado, riuscivo a parlare in maniera più profonda, ma anche loro conoscevano poco di me. E a dir la verità anche io ormai conoscevo poco di me stesso.
«Non puoi proprio darti malato per stasera? Ci sono gli shottini gratuiti delle due in poi» disse Tom. Un sonoro sbuffo lasciò le mie labbra, accompagnato da un «No» secco. Sapevano quanto fossi preciso se si trattava di lavoro e mio malgrado se Jacob chiamava, a qualsiasi ora e in qualsiasi momento, io dovevo andare.
Premetti il pulsante per abbassare il finestrino e tirai fuori dalla tasca dei pantaloni un pacchetto di Camel Blu, per poi estrarne una e portamela alla bocca, mentre con le mani tastavo varie parti del mio corpo alla ricerca dell'accendino.
«Aron dicci un po'... ma Nora ti è tornata in mente alla fine?» chiese Logan sbellicandosi dalle risate. Alzai gli occhi al cielo annoiato dal suo atteggiamento, consapevole del fatto che stesse solo cercando di provocarmi.
«Chi è Nora?» chiese Melanie, scattando immediatamente sull'attenti. Era evidente che fosse gelosa di me, in più occasioni me lo aveva dimostrato, e in più occasioni avevo già messo le cose in chiaro. C'eravamo baciati a qualche festa, eravamo stati a letto un paio di volte ma niente di più e sopratutto niente di serio. Non avevo la testa ne per lei, ne per nessun'altra, ero concentrato ormai da tempo incalcolabile nel cercare di rimettere assieme i pezzi di un puzzle che sembrava irrisolvibile.
«Io non ne so niente, Aron penso proprio di sì» prese parola nuovamente il mio amico alla guida, colpendomi con il gomito alla ricerca della mia complicità. Gesto che non mi piacque affatto ma decisi di ignorare. Non sopportavo essere toccato, odiavo le mani addosso, tolleravo a malapena quelle di mia madre anche solo per una semplice carezza. «Oggi si è gettata tra le sue braccia e lui ha fatto persino finta di non conoscerla. Poveretta, un'altra sedotta e abbandonata» commentò ridacchiando.
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L'anagramma del mio nome - IN PAUSA
RomanceAvete mai sentito parlare della leggenda del filo rosso? Molto diffusa in Giappone, per tradizione dice che ognuno di noi è legato ad un'altra persona da questo sottilissimo filo di colore rosso, che parte dal nostro dito mignolo e arriva al suo: a...