1. Che il viaggio abbia inizio

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Era una bellissima mattina di fine agosto ad Houston e la rugiada dalle foglie di alcune piantine fuori al giardino scendeva lentamente, il sole era caldo e si spingeva con i suoi raggi finché poteva all'interno della mia camera da letto. Arrivò anche al mio viso, mentre leggermente infastidita dalla luce, mi stropicciai gli occhi e riprodussi dei versi strani per poi cercare di trovare riparo sotto il lenzuolo.

Ormai sveglia, con entrambi gli avanbracci mi tolsi di dosso il lenzuolo dal viso, rimasi stesa sul letto ancora per pochi secondi per realizzare meglio l'inizio di una nuova giornata e decisi di alzarmi di schiena per poi guardarmi allo specchio difronte a me un po' intontita i miei capelli che non ritrovavano pace in un una coda disordinata dimenticata di sciogliere la sera prima; così risi e mi portai prima la gamba destra e poi la sinistra fuori dal letto. Appoggiai ancora una volta le mani sul materasso mentre tenevo la testa china sulle gambe e li chiusi per un attimo prima di scuotere la testa e svegliarmi dal mio dormiveglia momentaneo.

Mi decisi dunque a spingermi con i piedi lungo il pavimento e piegare cautamente la schiena per poi appoggiare le mani sui braccioli della mia sedia a rotelle, le ginocchia sull'estremità del cuscino e un fianco per potermi girare e infine sedermi, portai una mano sotto una prima coscia per poterla alzare e appoggiarla sulla pedana, feci lo stesso con l'altra.

Sganciai i freni da entrambe le ruote e mi iniziai a muovere per fare retromarcia e uscire dalla mia stanza e proseguire fino al bagno.

-"Buongiorno mio dolce raggio di sole." mi chiamò mia madre venendomi incontro e lasciandomi un bacio sulla testa, oggi ero il suo raggio di sole.

-"Buongiorno mamma, ogni mattina continuo a pensare a quando smetterai di chiamarmi con questi nomignoli strani come se fossi una bambina di tre anni." le dissi ancora assonnata, le spuntò un sorriso sulle labbra.

-"Oh, direi che è meglio che non ci pensi più perché sai meglio di me che non smetterò di chiamarti con questi nomignoli e che sarai sempre la mia bambina." per un po' non mi cadeva la testa da sopra il collo, mia madre mi ha sempre chiamata in questi modi particolari da quando sono nata, diversamente ogni mattina e dipendentemente dal suo umore, cercava anche in quelle situazioni di annotarmene uno carino. Tirai giù la maniglia della porta, la spinsi ed entrai, si chiuse automaticamente.

Afferrai un cuscinetto da sopra la cassettiera e con attenzione me lo posizionai sotto il sedere per stare più alta e riuscire a portare le braccia fino al rubinetto del lavandino e lavarmele, così anche il viso, mi pettinai lasciando i capelli sciolti e mi misi solamente un po' di mascara. Uscii per dirigermi di nuovo nella mia camera e preparare i vestiti che avrei dovuto indossare quel giorno, un giorno che sembrava interminabile già alle otto del mattino. Optai per un paio di jeans leggeri e una maglietta bianca a mezze maniche. La mia routine procedeva sempre così: mi alzavo per posizionarmi sul letto e ficcarmi prima i pantaloni, ci mettevo troppo tempo, quindi era la prima cosa che facevo, poi la maglietta e infine mi risiedevo sulla sedia; uscii di nuovo dalla camera per andare verso il salotto e fare colazione.

Appena entrai mi avvicinai al tavolo e mi versai della spremuta d'arancia nel mio bicchiere arancione, come la spremuta d'altronde, poi le uova strapazzate nel piatto con del pane tostato e iniziai a mangiare. Ponevo sempre un po' di uova sul pane e davo un morso per poi affiancare il tutto con un sorso di spremuta, così finivo tutto velocemente e senza lasciare niente.

Mia madre mi si avvicinò e io le porsi il piatto e il bicchiere da posare nella lavastoviglie, a quel punto mi chiese: -"A che ora parti oggi? Sai, non vorrei che partissi prima che papà non sia ritornato da lavoro, ci rimarrebbe molto male..." non sapevo cosa risponderle effettivamente, non volevo rattristarla poiché sarei dovuta essere sull'areo per le venti e trenta, quindi uscire per le sette e un quarto se volevo anticiparmi un po' e non andare troppo di fretta; però mi resi conto che dirle una bugia non avrebbe migliorato le cose, quindi le dissi la verità: -"Mi dispiace mamma, penso di non riuscire ad incontrare papà poiché devo uscire di casa verso le sette per ritrovarmi all'aeroporto alle otto circa." le dissi il più delicatamente possibile, le vidi i lineamenti del viso afflosciarsi: -"Capisco." mi rispose solamente. Ripose in silenzio il piatto e il bicchiere nella lavastoviglie, ci rimasi male ma non potevo farci nulla per impedirlo.

Fra l'arte e la musicaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora