2. High Street

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Mi ritrovavo con le valigie tra le mani, su una sedia a rotelle e totalmente a bocca aperta con il viso rivolto verso i finestroni dell'aeroporto con su la scritta che ti dava il benvenuto ad Oxford. Ritornai alla realtà appena il secondo tassista di turno mi chiese se volevo aiuto con le valigie e per un passaggio fino a dove dovevo arrivare, gli risposi subito di sì rivolgendo il viso sulle mie mani frettolosamente, ero molto agitata ed emozionata.

-"Signorina, faccia fare a me, non si preoccupi, lei solo mi segui." Mi rassicurò il tassista, ancora non mi ero degnata di guardarlo in viso, era un ragazzo dai capelli biondi e corti, gli occhi azzurri e lucenti, si chiamava George; lo ringraziai balbettando un po' e lui sorrise per la mia goffaggine, andai per guardarlo con aria interrogativa quando però vidi che il  suo sorriso era tutt'altro che per prendermi in giro, così arrossii leggermente e facendomi spuntare un sorriso timido.

Senza dire niente prese i manici delle valigie dalle mie mani cautamente e iniziò a camminare verso l'uscita dandomi le spalle, vedendo che non mi muovevo me chiese subito se fosse successo qualcosa, al che io scossi la testa e mi decisi a seguirlo fino a fuori e fin quando non arrivammo vicino al taxi, ripose prima le mie valigie dietro al portabagagli e successivamente aprì la portiera verso di me, fece scendere a terra la pedana e mi chiese il permesso per farmi spingere fino all'interno del veicolo. Una volta fatto chiuse la portiera e si mise alla guida.

-"Dove desidera che la porti?" Mi chiese a metà strada guardandomi dallo specchietto centrale.

-"Oh, ecco... - presi un foglietto dalla tasca dei mie jeans - a questo indirizzo per favore." annuì con la testa e si concentrò per maggior parte sul volante e la strada mentre io rimanevo incantata a guardare fuori al finestrino i palazzi enormi, le strade e i veicoli alquanto bizzarri e con colori insoliti e vivaci al tempo stesso, o almeno questo era quello che io pensavo.

Per una buona durata del viaggio mi parve che George mi guardasse spesso, così all'ennesimo sguardo decisi di chiedergli cosa avesse da guardare, mi infastidiva leggermente:

-"Perché continua a fissarmi? guardi che l'ho notato più di una volta." Lo stupii era dire molto poco, lo vidi imbarazzatissimo che quasi iniziò a sudare freddo.

-"E-ecco i-io... i suoi capelli sono molto belli." Disse infine ridendo un po'. -"Lei è molto carina, bella oserei dire se non le dispiace."

Ci sta provando con me? pensai subito. notai che nel mentre ci pensavo lo stavo guardando un po' troppo dallo specchietto, così distolsi lo sguardo, non avevo neanche il coraggio di ringraziarlo per il troppo imbarazzo che stavo provando in quel momento. Fortunatamente lui capì.

Arrivammo a destinazione dopo cinque minuti, George mi aiutò a scendere dal taxi e a prendere le mie valigie, dunque le posò a terra e le risollevo per posarle sotto la porta del mio appartamento nuovo:

-"Mi perdoni se prima l'ho fatta sentire a disagio e in imbarazzo, non era proprio mia intenzione, avessi la possibilità mi vorrei far perdonare in qualche modo..." Disse grattandosi la nuca.

-"E-ehm...io penso non ci sia molto bisogno di un perdono, immagino possa succedere..." Cercavo in tutti modi di sfuggire ad un possibile appuntamento, soprattutto con uno sconosciuto.

-"Oh capisco... le tolgo il disturbo allora." Mi rispose prima di salutare con la mano, entrare nel taxi e partire per andare via. Io invece entrai e chiusi la porta, mi guardai attorno.

Si poteva notare già che il soggiorno fosse molto grande e luminoso, questo mi fece sorridere immaginando a quante persone avrei potuto, la casa era molto accogliente ed era apposita per me nonostante stessi in affitto per il momento, avrei poi comprato una casa tutta per finita l'università e avendomi procurata un lavoro che mi avrebbe permesso di stare bene economicamente parlando. La stanza aveva le pareti di color beige, il pavimento era di color bianco latte e le fughe nere, la parte della cucina era piccola e di marmo con il lavello in acciaio ed una lavastoviglie, il tavolo invece era lungo ed attaccato al muro e formando un angolo da novanta gradi, era color marroncino chiaro e bianco, le sedie di legno dello stesso colore.

L'intera casa profumava dello stesso odore dei libri appena scartati e nuovi di zecca nonostante non ce ne fossero molti, c'erano però piccole librerie sparse e in quasi ogni camera, inoltre possedeva due camere da letto abbastanza grandi e luminose ma tre bagni piccolini, in uno di essi c'era una lavatrice. C'era anche un piano di sopra non raggiungibile per me, purtroppo non erano disponibili altre case che possedessero un solo piano senza dover per forza avere le scale,  per questo mi sono dovuta attenere, alla fine non per niente male, basta che abbia un tetto sotto la testa, non è così?

Mi ricordai poi di chiamare i miei genitori per fargli sapere che ero arrivata, prima però controllai il fuso orario e se potevo chiamarli, se al momento erano le sei del pomeriggio, ad Houston sarebbero state le undici del mattino quindi potevo chiamarli, sapevo li avrei trovati svegli; quindi li videochiamai e dopo pochi squilli mi risposero.

-"Ciao tesoro mio - disse mia madre con un sorriso dolce - sei arrivata sana e salva lì? Come ti trovi?"

-"Ciao mamma, tutto bene non ti preoccupare." le risposi ricambiando il sorriso.

-"Che ora è lì Jane?" Mi chiese mio padre, gli risposi che c'erano sette ore di differenza in più, a quell'affermazione entrambi rimasero a bocca aperta, erano increduli tanto che io scoppiai a ridere: -"Siete rimasti a bocca aperta, potrei volentieri realizzare un dipinto con i vostri volti." risi ancora, finalmente anche loro risero e si guardarono entrambi. Vidi un amore impossibile per me nei loro sguardi, si sono sempre amati troppo per i miei gusti, o questo è quello che pensavo  quando ero una bambina, adesso invece ho capito di essere enormemente fortunata a guardarli ancora così innamorati uno dell'altro. Loro erano proprio la mia definizione di amore vero e duraturo.

Li salutai dopo un po', avevo intenzione di esplorare la città e magari anche entrare in qualche negozio d'abbigliamento carino per comprare qualche vestitino estivo e da indossare per quando avrei iniziato a frequentare l'università. Dunque afferrai la mia borsetta dal tavolo della cucina, me la misi a tracolla insieme alle chiavi di casa e uscii.

La serata era splendida, faceva caldo certamente ma c'era quel fresco di sera che non ti faceva sudare né fartici sventolare la mano nella speranza di un po' di aria in viso, semplicemente perfetto per me. Per le strade c'erano madri con i figli che giocavano a rincorrersi, a dondolarsi su le altalene o a scivolarsi su per gli scivoli, i giardini pubblici erano rigorosamente controllati e bagnati automaticamente da appositi tubicini che sbucavano dall'estremità del prato, i bambini sorridevano appena il getto d'acqua li bagnava leggermente, mentre le bambine saltavano su loro stesse urlando di gioia.

Tutto questo mi faceva una tenerezza infinita, amavo i bambini e come ogni cosa era organizzata, le strade erano tutte asfaltate senza alcun dosso o spaccatura, le macchine non parcheggiavano sopra le discese dei marciapiedi ed era tutto pulito, non che non fosse così anche ad Houston, semplicemente non me l'aspettavo.

Passai per molti negozietti nel mentre, ma nessuno attirò la mia attenzione finché non intravidi un bellissimo vestitino bianco con delle margherite disegnate che era posto in vetrina, inutile dire che entrai immediatamente.

-"Buonasera, signorina le serve aiuto?" Intervenne subito una commessa alquanto giovane che mi venne subito incontro. -"Buonasera, ecco veramente sono entrata qui per sapere il costo di quel vestitino, - lo indicai con il dito - mi piace molto." la ragazza mi sorrise -"Ha ragione, a molte ragazze piace quel vestito, soprattutto per la sua semplicità e delicatezza che dona all'indossatrice." Lo prese da sopra il manichino e me lo mostrò meglio, toccai il tessuto con i polpastrelli, era quasi seta ed era molto piacevole al tatto. -"Lo adoro." dissi solo per poi chiedere la taglia: -"E' una taglia 6/8." annuii con il capo, mi avrebbe calzato a pennello, mia espressione preferita senza dubbio. Ci avviammo alla cassa insieme e la cassiera una volta averlo fatto passare sotto il codice a barre mi comunicò il prezzo: -"Sono venti sterline." grazie a Dio avevo cambiato tutti i miei soldi da dollari in sterline, successivamente mi ripose il vestito in una busta di cartone color bianco perla e me lo passò, ringraziai e uscii.

Ero felicissima del mio acquisto e me ne ritornai a casa che erano ormai le nove di sera con un sorriso stampato in viso. Una volta dentro e dopo aver posato tutto, mi avviai in camera e me lo provai addosso, era bellissimo e mi calzava a pennello, me lo sfilai dopo essermi guardata allo specchio, posto in un angolo di fianco al mio letto per indossare un pigiama rosato con delle scritte nere di cui poco mi importava il significato, mi infilai sotto alle coperte e dopo due minuti di profondo ascolto di una playlist per addormentarsi, crollai consapevole del fatto che avrei passato la mia prima notte in un'altra nazione e in un'altra casa nella High Street.

Fra l'arte e la musicaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora