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1986. Fu l'anno peggiore della mia vita.

Avrebbe dovuto essere il più importante, l'anno del diploma, l'anno delle scelte difficili, l'anno degli addii e l'anno delle richieste ai college.

Invece, mi ritrovai nella vecchia macchina di mia madre in viaggio verso Hawkins, la nostra nuova casa.

Io e mia madre avevamo sempre avuto un rapporto civile, il minimo indispensabile. Non uscivamo mai insieme a fare shopping oppure a mangiare una pizza.
Semplicemente io vivevo la mia vita e lei la sua.

Mio padre, invece, a casa non c'era mai e quando c'era passava le giornate a guardare il baseball in tv. Sulla vecchia poltrona a fiori con una birra fredda in una mano e una sigaretta nell'altra.

Mia madre era sempre stata una romanticona, il suo unico scopo nella vita era quello di avere una bella casa con un marito amorevole e tanti figli.
Eppure nulla di tutto ciò si era avverato.

Mio padre era un egoista del cazzo, perennemente ubriaco, viscido e violento e dopo aver avuto me, mia madre non si azzardò a mettere al mondo un'altra vita innocente.

Avevo paura di lui, delle sue mani grandi e ruvide che mi colpivano senza ritegno quando l'alcol non lo rendeva più lucido.

Poi ho dovuto tirar fuori le palle, ero stanca di dover subire, di nascondere i lividi a scuola, di sentire mia madre piangere e non fare nulla per risolvere la situazione.

Capii che tra le due lei era l'anello debole, che ero io quella che doveva mettersi in mezzo per proteggerla. Perché lei non riusciva a reagire.

Così, su due piedi, facemmo le valigie e ce ne andammo per sempre da quella casa.

«Mamma, devi reagire cazzo! Vuoi vivere in questo schifo per tutta la vita?» urlai prendendole il viso bagnato tra le mani.

Lei mi guardò singhiozzando, scuotendo il capo.

«Allora andiamo via di qui! Andiamocene, cominciamo da capo!» dissi sollevata, prendendo una valigia impolverata da sopra l'armadio.

«Ci troveremo un lavoro, io finirò la scuola. Sei giovane mamma, hai quarant'anni e ancora tanta voglia di vivere. Non sprecarla qui, fuggiamo io e te!» continuai arraffando tutto ciò che mi trovavo davanti nell'armadio.
«Ci sono io con te, hai capito?» l'abbracciai.

Lei annuisce, asciugandosi le lacrime e cominciando a prendere tutto in fretta e furia. «Hai ragione, ora o mai più.»

Tirai un sospiro di sollievo e con una mano libera spostai una ciocca di capelli dietro le orecchie.

Mio padre era di sotto, ubriaco fradicio addormentato sulla poltrona, era il momento perfetto, ma avevamo poco tempo.

Andai in corridoio cercando di non fare rumore e col respiro corto arrivai in cucina. Aprii la credenza accanto al frigo e raggiunsi con un po' di fatica i soldi nascosti dietro a tutti i barattoli di cibo in scatola. Li afferrai e li contai velocemente.

Erano abbastanza per partire.

'86 Baby! || Eddie Munson Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora