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LEXUS' POV

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LEXUS' POV

Aprii gli occhi frastornata. Quella non era la mia camera. Provai ad alzarmi ma il peso di qualcosa mi impediva ogni movimento.

Abbassai lo sguardo notando un braccio che mi stringeva la vita. Sull'avambraccio in questione c'era tatuata una mano che reggeva i fili di un pupazzo. Eddie.

Alzai la testa di scatto, notando la chitarra appesa al muro. Sentivo il suo corpo aderire alla mia schiena e il suo respiro caldo soffiarmi sulla nuca mentre la mia mente ancora intontita cominciava a focalizzare la scena.

Arrossii restando paralizzata. E adesso?

Ma quanto avevo dormito? E come ci ero finita sul suo letto?

Guardai fuori dalla finestra. La luce del giorno faceva capolino nella stanza attraverso uno spiraglio tra le tende.

Oh cazzo.

Saltai in aria spingendo via Eddie. «Oh cazzo!» imprecai ad alta voce.

«Ugh... Che succede?» chiese Eddie con la voce impastata dal sonno e i capelli in disordine.

Giravo in fretta e furia per la stanza raccattando i miei vestiti. «Mia madre mi ucciderà.»

Eddie si mise a sedere, ancora mezzo addormentato e con metà faccia striata.

Scoppiai a ridere. «Hai la forma del cuscino stampata sulla faccia.» risi dimenticandomi per un attimo la gravità della situazione in cui mi trovavo.

«Beh, tu hai un nido di uccello al posto dei capelli.» rispose infastidito.

«Come siamo permalosi stamattina.» risi. «Ma che ore sono?»

«Le cinque del mattino.»

Tirai un sospiro di sollievo poggiando una mano sul petto. Ero ancora in tempo per sgattaiolare in casa senza farmi vedere.

«Caffè?» chiese Eddie alzandosi dal letto coi vestiti del giorno prima stropicciati.

«Volentieri, grazie.» mi passai una mano tra i capelli.

Mi vestii mentre lui era in cucina e lo raggiunsi giusto in tempo. Una tazza di caffè fumante mi aspettava sul tavolo.

Presi posto sulla sedia sorseggiando la bevanda sotto lo sguardo di Eddie seduto di fronte a me.

Ci studiammo a vicenda in silenzio, eravamo come due calamite che si attraevano l'una verso l'altra.

Quando si sta da soli con qualcuno capita di sentirsi a disagio, le persone fanno di tutto per dire qualcosa. Il silenzio tra noi, invece, non era per niente imbarazzante. Anzi mi sentivo a mio agio e terribilmente tranquilla.

«Ti accompagno.» disse posando le tazze nel lavello.

«Non ce n'è bisogno, tranquillo.» risposi alzandomi anche io sorridendogli.

'86 Baby! || Eddie Munson Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora