Walking round London town

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Elizabeth ha 18 anni, è una ragazza alta e magra, non è troppo formosa, lunghi capelli biondi lisci e occhi scuri, scuri come la pece, pelle chiara e labbra rosee. Elizabeth, detta Liz è nata a Croydon  (un paesino vicino Londra) e c’ha vissuto finché non si è iscritta al college a Londra per studiare management ,in particolare dell’industria musicale. Adesso è da sei mesi che vive nella grande metropoli, condivide la stanza con Emily, una ragazza londinese molto mondana e da ciò che ha potuto scoprire Liz in questo semestre è anche simpatica.

Avevo la giornata libera così decisi di andare a Camden Town, uno dei quartieri più popolari di Londra. Un po’ di shopping terapeutico è sicuramente quello che ci vuole per alleviare lo stress che porta il college, pensai una volta in metropolitana pronta a far fuori quelle sterline che mi rimanevano dall’ultimo lavoro ed effettivamente dopo qualche ora mi ritrovai con un certo numero di pacchetti distribuiti in entrambe le mani, ero un po’ stanca così pensai di andare a prendere un caffè da Starbucks. Non mi ci volle molto ad ottenere il mio caffè, certo feci un po’ di fatica a non colpire la gente con i miei sacchetti ma alla fine l’operazione caffè riuscì alla perfezione senza nessun ferito, non c’era posto dentro la caffetteria così decisi di continuare la passeggiata. Non ero molto attenta alla strada e alla gente intorno a me: camminavo con il caffè in una mano e il cellulare nell’altra, stavo messaggiando con Daniel, il ragazzo con cui mi frequento in questo periodo. La gente si spostava per non venirmi di sopra, eccetto un ragazzo che a quanto pare era troppo preso, come me, dal cellulare. Ci scontrammo e accidentalmente gli versai il mio caffè di sopra, «OUCH!!» gridò lui per via del caffè caldo sulla maglietta, era un ragazzo di statura media, tutto coperto: occhiali da sole, cappello di lana dal quale fuoriusciva qualche riccio, cappotto tirato sino al collo, come se volesse passare inosservato. «Perché non stai un po’..» mi fermai a guardare la macchia di caffè sulla maglietta grigia del ragazzo, «..oddio scusami.. io.. io sono mortificata.» aggiunsi continuando a guardare quella chiazza, «Brucia cavolo, brucia!» sentendo la sua voce mi soffermai sul viso di cui non potevo vedere molto, il suo tono di voce era un po’ irritato e questo mi faceva sentire ancora più mortificata, «Scusami. Ti pago la lavanderia.» era la prima cosa che mi venne in mente, «Posso lavarmela anche da solo..» commentò lui facendomi sentire ancora più inutile di quanto non fossi già in quella situazione, «Oh..» mi passai una mano tra i capelli biondi «..mi spiace.» dissi nuovamente, «L’hai già detto.» commentò lui guardandosi la maglietta, «Eh lo so ma di certo non ho una maglietta di ricambio da darti sai com’è..» il suo modo di fare mi stava innervosendo, «Beh chiuderò il cappotto e sopporterò quella spiacevole sensazione di bagnato finché non arriverò a casa.» aggiunse facendomi spallucce, «Scusami ancora.» ribadii il concetto nel caso non fosse chiaro al ragazzo. Quei pochi secondi di silenzio successivi furono interrotti da un vociare apparentemente lontano, piano piano le voci si facevano più distinte, l’unica cosa che riuscivo a sentire erano delle ragazzine che urlavano «HARRY! HARRY!» con tono quasi disperato, il tipo davanti a me cambiò espressione, diventò quasi preoccupato «Merda!» esclamò tirandosi su il colletto del cappotto, «Devo andare, ciao.» aggiunse superandomi velocemente. Ammetto che in quel momento ero abbastanza confusa, non ci avevo capito molto della situazione. Un gruppetto di ragazzine urlanti e piangenti si avvicinò a me: «OH MIO DIO, CONOSCI HARRY STYLES?», non avevo idea di cosa stessero parlando, non ero una fan dei One Direction quindi non ricollegai subito il nome,  «Non so di che cosa state parlando, ragazzine..» dissi con tono arrogante, m’intrufolai tra quelle bambinette e mi diressi verso la metro.

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