prologo

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Erano tutti seduti attorno al tavolo triangolare nero come ebano e ciascuno di loro aveva in mano un sacchettino verdognolo. Si guardò intorno e notò l'abbondanza di frutta e fiori ovunque; per terra c'era un grande tappeto persiano color sangue dalle abbondanti frange oro e verde smeraldo; su di esso era raffigurato un enorme fagiano dorato dai colori cangianti e sui bordi erano intessuti rombi, esagoni, quadrati e cerchi colorati con le tinte più varie. Le pareti della stanza quadrata erano su tre lati costituite da vetrate multicolori e il soffitto era in vetro infrangibile che permetteva di osservare il cielo e le sue stelle brillare come tanti occhi aperti a guardarli. Lui si mosse con passo felpato e si diresse alla sua sedia color avorio sulla quale erano stati intagliati degli elefanti asiatici. Alle sue spalle erano posti sul pavimento petali dorati e tanti gigli splendevano alla luce della luna in vasi color giallo limone. Di fianco a lui sedeva un altro uomo, l'esatto opposto. Lo osservò con attenzione: i lunghi capelli color delle stelle gli ricadevano sulle spalle, lisci e morbidi e gli occhi azzurri scrutavano il volto dell'unico altro uomo che occupava la stanza. Anche da seduto risultava molto alto e spesso, le mani color carbone erano in netto contrasto con capelli, occhi e anche con la veste bianco latte orlata di oro. Alle spalle dell'uomo nero e bianco vi erano petali blu cobalto e orchidee dalle sfumature notturne.
Chiesero ai domestici fuori dalla stanza di sgomberare il tavolo ricolmo dei frutti più diversi ammassati in cesti di vimini: banane, mele, manghi, avocado, lime, pompelmi, angurie, meloni, ananas, uva, papaya, frutti della passione, more, more cinesi, lamponi, fragole, ribes e quant'altro vennero spostati sulle basse credenzine ai lati dell'alto portone intagliato, sull'unica parete della stanza dipinta con intonaco celeste.
Fu l'uomo dei fiori cobalto e la pelle d'ebano a iniziare a parlare "Dunque é vero quello che mi dicono?" si interruppe per grattarsi il mento "Davvero esistono?". L'uomo che gli stava di fronte, un uomo dal viso scavato e i capelli rosso fuoco raccolti in una lunga coda di cavallo, gli occhi blu notte e il pizzetto ben curato sul mento, si sporse sul tavolo afferrando una bottiglia di Chardonnay e tre calici rimasti lì quasi per caso " Credi che ti avrei chiamato qui se non lo fosse stato?" bevve una lunga sorsata "Certo che no... Allora il problema é trovarli, dir loro di venir qui e rivelarsi.." intervenne, allora, l'uomo dei gigli dorati che intrecciò la mani color caramello "Ma sii ragionevole Russell, magari loro non lo sanno neppure di essere custodi ...".
Ancora una volta i tre si chiusero in un inquietante silenzio rotto solo da qualche cinciallegra o da qualche pettirosso che cinguettava allegramente all'esterno "Hai ragione Soline, ma questo non cambia il fatto che dobbiamo trovarli, tutti e quattro, e portarli qui...". L'uomo dei gigli, Soline, spalancò la bocca in un sorriso scintillante "Allora siamo tutti d'accordo? Andiamo..." "No, io non sono d'accordo... Ma se questo é il vostro volere allora lo rispetterò..." terminò l'uomo dei fiori cobalto.
I tre si alzarono e si diressero alla porta bianca e nera. Alla fine, nella stanza, rimase soltanto l'uomo bianco e nero, con i suoi pensieri. Si avvicinò ad una vetrata i cui colori formavano un fiore a sei petali, ognuno di un colore diverso dal precedente. L'uomo poggiò le dita corte e tozze con le unghie blu oltremare ad un petalo, poi a un altro e a un altro ancora, finché non raggiunse l'ultimo e allora sfiorò con un tocco leggero e quasi impercettibile il centro del fiore. Sembrava avesse paura di rompere quel dono inestimabile nato dalle gemme delle profondità del globo, ad ogni tocco i peli sulla nuca si drizzavano sempre più e un brivido gli correva lungo la schiena, dalla base del cranio ai talloni secchi e screpolati nei sandali oro e blu-viola, fino alle palme delle mani chiare e alle scapole sporgenti dalla schiena muscolosa. Quando vide che il suo tocco non sortiva alcun effetto sul centro del fiore che era ancora di un bel rosso scarlatto, mentre tutti i petali erano ora di un color azzurro-cielo-ventoso, si irritò e trattenne a stento l'impulso di infrangere la vetrata.
"Nessuno dirà mai a me cosa devo fare, né al mio signore quando arrivare!" Poi l'uomo si levò di scatto andando, con un salto a toccare una mora intagliata nel soffitto ligneo nella parte esterna, per poi salire sul tavolo quando il soffitto vitreo si spalancò rivelando la notte buia e il cielo nel suo infinito e macabro nero punteggiato di bianco. Allungò un braccio: non si era mai abituato a quella sensazione di leggerezza e ogni volta aveva ancora un po' di paura, ma non disse niente né urlò quando scomparì all'improvviso nella coperta scura della notte.

Spazio autrice:
Ciao a tutti! Questa è la mia prima storia spero vi piaccia! Scusatemi eventuali errori e buona lettura.
Baci.

la ragazza dagli occhi di cristalloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora